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NAPOLI – “Stiamo cercando di trovare una soluzione strutturale per Whirlpool, e sono convinto che con una buona volontà ce la faremo”. Così il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, l’altro giorno a margine del Forum annuale del Comitato Leonardo, che si tiene all’Accademia dei Lincei. L’Italia è penultima in Ue per gli investimenti esteri. Il dato preoccupante arriva dalla Cgia di Mestre, che con il suo Ufficio Studi evidenzia come tra i motivi principali spicchino le troppe tasse, una burocrazia asfissiante, poca certezza del diritto, una giustizia civile lenta e poco efficiente, tempi di pagamento della nostra Pubblica Amministrazione tra i più elevati d’Europa e un deficit infrastrutturale spaventoso.
Nel 2018 il nostro Paese si colloca al penultimo posto nell’Unione Europea per gli Investimenti Diretti Esteri con il 20,5 per cento del Pil, pari a 361,1 miliardi di euro. Tra i Paesi dell’Unione Europea monitorati dall’Ocse, solo la Grecia registra un risultato peggiore del nostro. Basti pensare che l’Irlanda, che guida la graduatoria, ha investito risorse pari al 261,5% del proprio Pil.

“Premesso che, ad esempio, ArcelorMittal, Embraco, Whirlpool e molte altre multinazionali non sono certo delle onlus, ma delle realtà fortemente determinate a perseguire i propri interessi spesso in barba agli accordi preventivamente sottoscritti con le parti sociali, è altrettanto evidente che le responsabilità di un loro possibile addio vanno ricercate anche in un clima generale di avversione nei confronti delle aziende presenti nel nostro Paese – ha spiegato il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, Paolo Zabeo – In Italia, infatti, si avverte in molti strati della società e della Pubblica Amministrazione una cultura del sospetto verso gli imprenditori che condiziona negativamente la crescita e lo sviluppo”.

Dal punto di vista numerico, secondo gli ultimi dati Istat disponibili (anno 2017), le multinazionali, ovvero le imprese a controllo estero residenti in Italia, sfiorano le 15mila unità, danno lavoro a poco più di 1.350.000 addetti e producono 572,3 miliardi di euro di fatturato all’anno. L’elenco delle big company straniere più importanti che nel 2019 sono state al centro della cronaca sindacale sono: ArcelorMittal (Taranto), Bekaert (Incisa Valdarno – Fi), Bosch (Bari), ex-Embraco (Riva di Chieri – To), Unilever (Verona) e Whirlpool (Napoli). Tra i grandi marchi del “made in Italy” che stanno vivendo momenti difficili segnaliamo Alitalia (Roma), Ferriera (Trieste), Gruppo Ferrarini (Reggio Emilia), La Perla (Bologna), Pernigotti (Novi Ligure – Al) e Stefanel (Ponte di Piave – Tv).
Dei 372,1 miliardi di euro di Investimenti Diretti Esteri presenti nel nostro paese nel 2017, il 27,8 per cento circa (pari a 103,4 miliardi di euro) ha interessato il settore manifatturiero (in particolar modo alimentari/bevande, autoveicoli, metalli e prodotti di metallo, etc.). Seguono la attività professionali, scientifiche e tecniche, in parte ascrivibili a consulenze aziendali di vario tipo, che incidono per il 21,4 per cento (79,5 miliardi di euro) e il commercio e l’autoriparazione con il 10,8 per cento (40 miliardi di euro).

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