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AVELLINO – Era il 28 ottobre del 2016. Matteo Renzi era l’uomo nuovo della politica italiana che, in sfolgorante ascesa, da premier aveva deciso di giocarsi tutto con un referendum costituzionale. Quella sera dal salotto di Enrico Mentana, su La7, probabilmente aveva immaginato di poter rottamare mediaticamente l’ex segretario Dc, Ciriaco De Mita e così chiudere i conti una volta per tutte con la Prima Repubblica. Ma le cose non andarono come previsto: “Secondo la mia opinione un parlamento che vota 700 volte è perché chi lo dirige non è capace di farlo”. De Mita andò subito all’attacco.


 Renzi si giocò subito quella che pensava fosse la sua carta vincente, in realtà un luogo comune e un’arma a doppio taglio: “Tu sei entrato nel parlamento nel ’63, il presidente degli Stati Uniti si chiamava John Kennedy, il tuo G7 lo hai fatto con Reagan e con la Thatcher, hai fatto l’europarlamentare e oggi sei sindaco”. De Mita aveva previsto tutto: “Quando la politica è mestiere deve essere breve quando la politica è pensiero può durare tutta la vita”. Allora, Renzi sulla difensiva tentò di uscire dalla corde con un colpo basso: “L’idea che sia pensiero la politica tua che cambi partito quando ti levano un seggio, come nel 2008…”


“Questa è una volgarità che non mi aspettavo – ribatté De Mita, visibilmente alterato – e soprattutto se detta da chi in politica le ha inventate tutte…tu non hai il diritto di parlare di moralità della politica. E’ un mestiere che vuoi gestire in maniera abbastanza autoritaria. Hai fatto un partito dove parli da solo (…) mettendo due culture nel Pd hai provocato il silenzio. E’ un partito dove nessuno può parlare”.


Fine. Renzi al tappeto, ko tecnico. Lo ha ammesso lo scorso 6 agosto è venuto ad Avella per presentare il suo libro “La mossa del cavallo”: “Io in coalizione con De Mita? L’ultima volta l’ho incontrato per parlare del referendum ed è andata meglio a lui”, ha risposto ai giornalisti.


Ora però De Mita e Renzi non sarebbero solo nella stessa coalizione ma in un’ unica lista. Per una ragione di realpolitik, cioè assemblare una squadra competitiva a Napoli, Salerno e Avellino. I contatti tra i vertici di Italia Viva e Popolori negli ultimi due giorni si sono fatti sempre più ravvicinati e l’accordo si potrebbe chiudere già oggi nonostante i rispettivi simboli li hanno presentati e pure i candidati ci sono. Candidati uniti magari dalla loro competenza nel campo della sanità visto che per De Mita c’è Pino Rosato, ex manager del Moscati, già presidente dell’ordine dei medici di Avellino, mentre per Renzi, Enzo Alaia vice presidente della commissione regionale per la sanità. Si diceva, l’alleanza potrebbe essere una strategia per incassare un risultato utile peraltro in una situazione in cui per la presenza di troppe liste il voto risulta frammentato. Lo stesso Governatore Vincenzo De Luca ha impartito l’ordine a tutta la coalizione di far sintesi per ridurre al minimo le sigle ed evitare di sembrare una grande ammucchiata, un cartello elettoralistico, più che una alleanza politica. E forse De Mita e Renzi questa una volta gli avranno dato retta. (Antpica)

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