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NAPOLI – Tutti lo cercano, tutti, denigratori in testa, vorrebbero udire la voce gracchiante del tecnico, tanti hanno stilato decine di domande da sottoporgli, pochi vorrebbero scusarsi per averlo lapidato ingiustamente non riconoscendogli quel minimo di attenuanti, che erano sotto gli occhi di tutti, ma che volutamente, sempre questi pochi, hanno provato a rinnegare mettendo la testa sotto la sabbia come gli struzzi.

Avrebbe potuto il Ringhio, dissotterrare l’ascia di guerra, accusando apertamente i denigratori, avendo dimostrato sino alla partita di ieri di aver recuperato posizioni in classifica, di aver commesso in questa serie positiva, interrottasi allo Stadium, due soli errori: l’avvicendamento di Manolas a Reggio Emilia, contro il Sassuolo, avendo, il greco, commesso un fallo da principiante in area di rigore, determinando il penalty del pareggio per gli emiliani, ed il non aver lanciato in campo sin dal primo minuto, il nigeriano Osimhen, nel match contro la Juventus di metà settimana. Il livello di sopportazione nel periodo nero della squadra, legato alle defezioni di buona parte dell’attacco partenopeo, aveva raggiunto livelli di guardai che avevano “scaldato” più il Presidente che l’allenatore, ma che hanno di fatto minato il rapporto fiduciario che esisteva tra i due, generando un’accettazione serena e silenziosa delle voci che si rincorrevano e che, purtroppo, si ripetono ancora tra le righe dei quotidiani, sportivi e non, dei tecnici alla guida del Napoli del futuro.

I gesti compiuti dall’allenatore calabrese si susseguono sia in circostanze negative che positive e trovano un numero sempre maggiore di estimatorie, tra gli altri, esaltiamo il “cinque” scambiato con Ronaldo dopo il gol realizzato agli azzurri, e la chiacchierata di fine gara con l’allenatore più anziano della serie A, quel Claudio Ranieri, che, pur perdendo, ha elogiato il collega, abbracciandolo più volte e sottolineando con parole convinte l’operato di Gattuso, riconoscendone il lavoro alacre, generoso, efficace, al punto da evidenziare che non è da tutti lavorare bin serenità all’ombra del Vesuvio, e per di più trovandosi una schiera di giornalisti “armati” ed un Presidente esigente e poco riconoscente, con i fucili spianati per condannarlo alla fuga, intesa come dimissioni. F

inchè la parola gli è stata concessa ha risposto in egual maniera: ” Sono dedito al lavoro, non capisco perché rassegnare il mandato se sono a posto con la coscienza, con i calciatori che mi seguono, con nessuno, e sottolineo nessuno, che mi rema contro”, ed infatti non hanno remato bensì “tremato” ai comandi che ha continuamente impartito dalla panchina, alla grinta che a differenza di chi lo riteneva incapace di trasmetterla, ha infuso in ognuno di loro, a partire da Ruiz, che nel mentre lo guardava intimorito ad ogni giocata, ora spadroneggia in quel centrocampo che sembrava debole a due, e che invece, con Demme, rappresenta un baluardo difficile da superare.

Unico appunto oltre ai due errori commessi nell’arco delle partite con Sassuolo e Juventus, l’essersi intestardito con Bakayoko, suo pallino nel calcio mercato, e che, alla lunga, ha mostrato segni di debolezza ed errori decisivi. Poco alla volta, e questo è un segnale positivo per De Laurentiis e per le casse societarie, la rivalutazione di alcuni elementi in termini di valore economico, sia per Koulibaly, in risalita verso quote di mercato appetibili (non di certo i cento milioni che pretendeva il Presidente) che per Ruiz, richiesto a gran voce da società iberiche. Al momento in bacheca il Rino ha depositato una Coppa Italia, e una mezza SuperCoppa, dovendo rammaricarsi per il rigore fallito da Insigne ( in quel di Reggio Emilia, in quel Mapei Stadium diventato un’ossessione per gli azzurri) avendo lasciato il trofeo ai bianconeri, e per i due punti ceduti al Sassuolo, in virtù del pari, che mai come in questo momento di lotta per il quarto posto ( aggiungerei anche il secondo ed il terzo ndr ) sarebbero serviti per concedere ulteriori speranza per il raggiungimento della Champion’s.

Gattuso è uomo di parola, preferirà, ne siamo convinti, dare in pasto ai suoi cannibali, parole, non di fuoco, ma di verità, solo a bocce ferme, quando scriverà sul biglietto di addio, le note della musica che accompagna l’avvio delle partite che contraddistinguono la “Coppa dalle grandi orecchie….”

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