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Eleonora Ivone insieme al cast del suo film "Ostaggi"

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HA APPENA firmato il suo debutto alla regia con una black comedy ambientata in Calabria, “Ostaggi”, che denuncia le conseguenze dell’attuale crisi economica e la sofferenza di chi ne è vittima. Eleonora Ivone, smessi per un attimo i panni di attrice, si dedica alla regia per raccontare una storia che potrebbe rivelarsi drammaticamente attuale: quella di un piccolo imprenditore sull’orlo del fallimento che, dopo aver rapinato una banca, si chiude in una panetteria tenendo in ostaggio gli avventori.

La trasposizione cinematografica della pièce teatrale scritta e diretta dal marito Angelo Longoni (qui nelle vesti di sceneggiatore e coproduttore), si avvale di un nutrito cast formato da Gianmarco Tognazzi, Vanessa Incontrada, Francesco Pannofino, Elena Cotta, Jonis Bascir, Alessandro Haber e con la stessa regista nel ruolo della negoziatrice.

Come è nata l’idea di trasformare questa storia in un film?

«L’illuminazione è arrivata dopo aver assistito ad una replica, insieme a mio marito, Angelo Longoni autore dello spettacolo. Mi sono resa conto del messaggio così forte e così attuale di questa storia. L’ho proposta ad Angelo e lui, dopo avermi inizialmente scoraggiata, un giorno mi ha detto: “Sei pronta per fare il grande passo: hai più competenze di quante non ne avessi io quando ho fatto il mio primo film”. Questo, oltre ad avermi profondamente commossa, mi ha fatto capire che, nella vita, la paura va sempre superata affrontando i limiti che noi stessi ci poniamo. L’esperienza di regia mi ha dato questa consapevolezza».

Qual è, se c’è, il tocco femminile al film.

«Aver dedicato particolare attenzione alle donne. A cominciare da Ambra, Vanessa Incontrada, l’ex infermiera diventata escort per necessità. Una donna con un piglio molto forte, una persona, credo come tante, che ha vissuto esperienze estremamente difficili e che, ad un certo punto, decide di prendere un’ altra strada per poter sopravvivere. Ogni personaggio all’interno della panetteria ha un suo mondo e ognuno a modo proprio, manda un messaggio sociale molto forte».

La lavorazione si è conclusa da poco, ora che gestazione avrà il film?

«Raggiungere l’obiettivo non è stato facile: ci ho messo due anni a fare questo film. La mia società Wake Up ha vinto un contributo della Film Commission Calabria ma ho dovuto trovare la Fenix Entertainment per chiudere il progetto. Mi reputo comunque molto fortunata per aver potuto girare in un momento di pandemia. Credo che alla fine sia stata la costanza a premiare questo film, che è di tutti: degli attori e di chi sta dietro le quinte».

Due anni fa diresse un cortometraggio “Apri le labbra” su un’altra tematica sociale forte e drammatica: la pedofilia. Il corto fu presentato e premiato in numerosi festival.

«Un vero debutto, perché anche se si tratta di un film breve è comunque un film, con storie, emozioni e accadimenti concentrati e sintetizzati in pochi minuti. Senza quell’esperienza non sarei mai riuscita a fare il grande salto. Devo ringraziare gli attori e la troupe di quel piccolo gioiello che mi hanno protetta e seguita, permettendomi in qualche modo oggi di poter fare tutto questo».

Adesso il futuro è solo da regista?

«Se mi dovessero chiamare come attrice non rinuncerei qualora il progetto mi piacesse e mi sentissi in grado di farlo. Ma in Italia è sempre più faticoso questo mestiere. Ci sono dinamiche che impediscono di emergere a più livelli. Nel frattempo vediamo come andrà questo film, al momento in fase di montaggio. Se il pubblico dovesse credere a quello che ho fatto dandomi credito e un’ulteriore chance, confesso che ho già un’idea sul secondo…».


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