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Sono giorni molto critici per il nostro Paese, con la crisi di governo in piena pandemia che avremmo, francamente, voluto risparmiarci, anche perché non si potrà andare a votare prima di primavera inoltrata. Una situazione già molto delicata che getta ancora di più nello sconforto i vari settori industriali che avrebbero avuto bisogno di risposte e soluzioni, di unità, di collaborazione e continui tavoli di dialogo per una ripartenza – quando avverrà – a doppia velocità.

Ma la situazione sanitaria è ancora dura e difficile, con quei 500 morti al giorno che sembra essere tornati al “via”, da dove tutto era cominciato un anno fa. E con la corsa ai vaccini in alto mare che provocherà sempre più malumori. Chi si auspicava un 2021 fuori dal tunnel rischia di rimanere deluso. La luce c’è, ma è ancora lontana, ci vorranno mesi e tanta pazienza. Il virologo Andrea Crisanti, intervenuto giovedì sera a “Piazzapulita” su La7 ha detto la verità, ciò che nessuno voleva sentire, ma che forse serve a tenere i piedi per terra e avere accortezza, responsabilità e coscienza di ciò che ci aspetta: “Psicologicamente questo sarà l’anno peggiore. Abbiamo la speranza dei vaccini ma è una speranza frustrata perché sarà difficile vaccinare tutti nei tempi stabiliti e non sappiamo tante cose”.

Uno scenario che ovviamente si riflette e colpisce il mondo del cinema e dell’audiovisivo. Se le produzioni, con sforzi incredibili e spese triplicate, riescono ad andare avanti in sicurezza sapendo che il loro prodotto avrà comunque vita sulle piattaforme, il dibattito sulla salvaguardia della sala prosegue e vede tutte le parti coinvolte e molto unite.

Nei giorni scorsi un webinar molto interessante e costruttivo è stato organizzato dall’ANAC, l’associazione degli autori, che ha visto la partecipazione di tutti i principali soggetti dell’industria (Sovena, Occhipinti, Cerri, Detassis, Cima, Lonigro, Dinoia) e ha celebrato l’investitura di un personaggio estremamente popolare come Carlo Verdone a capo della “task force”: sarà lui, insieme ai più popolari attori, a guidare la massiccia campagna di comunicazione per riportare la gente in sala.

Su una cosa sono tutti d’accordo: le proiezioni in futuro saranno accompagnate da presentazioni esclusive che gli attori faranno in remoto con tutti i cinema, rendendo la visione unica. C’è poi l’idea di mandare per prime al fronte le sale d’essai, che potrebbero partire in primavera prima degli altri a fare da apripista potendosi permettere numeri piccoli per sopravvivere (come i 25-30 spettatori al giorno di settembre ottobre ad esempio). E ci sarà poi, soprattutto, da regolamentare il ruolo dei colossi dello streaming: oggi stanno salvando il settore, ma domani saranno disposti a farsi da parte lasciando che tanti abbonati disattivino i loro account?

Dalla Finlandia e dalla Norvegia arrivano intanto dati su cui riflettere: a fronte di perdite del 50-60% al botteghino nel 2020 (più contenute rispetto alle nostre ma con un giro d’affari decisamente inferiore) i due Paesi scandinavi hanno visto crescere la quota mercato dei propri film in maniera esponenziale, arrivando rispettivamente al 41% e 35%. In Italia siamo ben al di sotto del 30%. Una cinematografia di bandiera più forte destinata alla sala risponderebbe inevitabilmente a criteri di qualità, sarebbe meno vincolata a ciò che accade altrove, darebbe ancora più lavoro interno e sarebbe maggiormente esportabile dando un’immagine di sé di forte identità.


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