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La triste immagine di una sala cinematografica vuota

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IN QUALSIASI azienda la produzione è catena di montaggio, con operai specializzati chiamati ad assemblare un prodotto dentro uno stabilimento. Negli uffici accanto, una squadra di manager, venditori, analisti, ricercatori, esperti di marketing, compara dati, realizza ricerche di mercato, confronta studi di settore e prende decisioni, con una componente passionale ed emotiva variabile a seconda della filosofia aziendale (linea editoriale).

La struttura che regola una produzione cinematografica è più o meno quella di un’azienda qualsiasi, con la differenza che fabbrica film (perfino film di qualità destinati ad un pubblico “di qualità” evidentemente) piuttosto che ricambi di auto o bottiglie di limoncello.

In questo momento flagellato dalla crisi, dove si parla solo di salvaguardia delle sale cinematografiche, le produzioni si stanno salvando lavorando per i colossi dello streaming che alzano il telefono e chiedono un film “su misura”, desunto da infallibili algoritmi tarati sul proprio pubblico. Così produttori, registi e centinaia tra attori e maestranze accettano di fare da “service” di buon grado.

Cosa c’è di romantico in tutto questo? Nulla. Ma in questo momento va benissimo così.

Tra dieci anni nascerà, in contrasto a questo sistema, un nuovo cinema indipendente che ne sovvertirà le regole. Un po’ come accadde a cavallo degli anni 70 con Scorsese, Peckimpah, Cimino, Penn con i loro film “anti Studios” che raccontavano l’altra faccia del Sogno Americano: uomini da marciapiede in mezzo a strade popolate da tassisti violenti, con ancora addosso le cicatrici indelebili della guerra in Vietnam.

Tornerà quel cinema, oggi ben venga la commessa per la piattaforma. Come se la Cappella Sistina e la maggior parte delle opere d’arte non fossero state commissionate da qualche mecenate o impresario.

Che poi, anche tanti film “di culto”, nascono da esigenze più diverse: il maggior incasso al botteghino del 1981-82, Il Marchese del Grillo, venne realizzato per salvare la Gaumont in crisi. E di casi del genere è piena la storia del cinema.


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