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Rolando Ravello

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Da Immaturi a psicoanalisti. Cambiano i personaggi diretti da Rolando Ravello che torna alla regia di una serie tv, dal titolo Tutta colpa di Freud, dal 26 febbraio su Amazon Prime. Non cambia però l’ispirazione: anche questa volta proviene da un film di Paolo Genovese, proiettato sul grande schermo nel 2014 e da cui riprende in gran parte trama, ambientazione e personaggi.

Come è nata questa collaborazione? «Colpa sua», scherza Ravello. «Paolo vide il primo film che ho diretto come regista, Tutti contro tutti e mi chiamò per chiedermi di girare Ti ricordi di me con Ambra Angiolini ed Edoardo Leo da un soggetto di Massimiliano Bruno con sua sceneggiatura. Da lì è iniziato tutto».

E ora tra i due c’è una sorta di sodalizio ormai consolidato, oltre che una grande amicizia: «Ormai sono anni che le sceneggiature le scriviamo a quattro mani – spiega Ravello – ma la cosa più bella che abbiamo fatto insieme per me resta Perfetti sconosciuti. Adoro i film di Paolo perché hanno sempre molta grazia. Riescono a raccontare le cose con leggerezza e profondità. Io cerco solo di restituirgli, con il mio tocco, qualcosa che lui già sente come suo. Questa serie in particolare, mi è piaciuta molto perché mi ricordava Tre nipoti e un maggiordomo. Anche qui si parla infatti di tre sorelle che ne combinano di tutti i colori con un papà, Claudio Bisio, che si ritrova suo malgrado in mezzo a questa tempesta perenne».

A proposito degli attori, c’è un cast molto ricco anche nella serie.

«Bisio e Tortora sono una bella coppia, non avevano mai lavorato insieme prima d’ora e hanno dimostrato di essere un duo formidabile. Ma ci sono state anche tante sorprese perché, ad esempio, i personaggi femminili sono interpretati da attrici giovani e di grande talento: Caterina Shulha, Marta Gastini e Demetra Bellina. Sono certo che se ne sentirà parlare nei prossimi anni perché sono veramente brave».

Il protagonista del film e della serie è uno psicoanalista, da qui il titolo. Lei che rapporto ha con Freud e con l’analisi?

«Freud lo trovo antico. Spero di non bestemmiare dicendolo ma l’idea di andare in analisi due volte a settimana per 15 anni secondo me è impensabile. Nel frattempo probabilmente sono già morto. E se per caso ci capisco qualcosa prima di schiattare a quel punto sarà sicuramente tardi. Certo è che la teoria freudiana rimane la base di tutto. La psicoanalisi moderna è più o meno partita da lì. Ma ora ci sono metodi più veloci. Soprattutto per affrontare determinate paure, fobie e gli attacchi di panico che sono sempre più diffusi tra la gente».

Lei ha debuttato come attore, giovanissimo, nei film di Ettore Scola, Romanzo di un giovane povero, La cena, Concorrenza sleale: che ricordo ha di Scola e quanto la sta aiutando quella esperienza oggi che è diventato regista?

«Sono legato a tutto ciò che ho fatto con Ettore Scola. Per me lui era diventato un padre. Mi ha formato artisticamente da una parte, umanamente e moralmente dall’altra. Era proprio il papà ideale che tutti avremmo voluto e ovviamente un grande maestro».

Il passaggio alla regia come è avvenuto?

«Per caso. Insistette Domenico Procacci per farmi dirigere Tutti contro tutti, io neanche volevo accettare. Da lì invece ho capito che mi diverto di più a fare il regista, ci metto più pancia anche se si tratta di cose che non nascono direttamente da me. Quando giri però riesci a metterci comunque qualcosa di tuo, la tua emotività, quello che pensi dei rapporti umani, mentre come attore sei sempre al servizio del disegno di qualcun altro. Qui il disegno te lo fai tu. Sostanzialmente è questa la differenza».

Nel suo futuro quindi si vede più regista che attore?

«In realtà nel mio futuro mi vedo come ciabattino a Porta Portese. Presto la gente si accorgerà che non sono capace a fare né una cosa né l’altra. Tra l’altro se andiamo avanti così finiremo tutti per fare i ciabattini…».


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