X
<
>

"Donne in guerra" fino al 29 ottobre al Teatro Stabile di Catania

Condividi:
3 minuti per la lettura

IL Teatro Stabile di Catania riparte con “Donne in guerra”, lo spettacolo di Laura Sicignano – direttrice del polo culturale etneo – in programmazione sino al 29 ottobre. Si tratta di un riallestimento dell’opera – scritta da Sicignano e Alessandra Vannucci – dopo i premi ottenuti in Italia e all’estero (menzione al Premio Ubu, Premio Fersen 2015 per la regia, Premio internazionale Les Eurotopiques 2014).

Sei storie, tutte al femminile, che vedranno protagoniste Federica Carruba Toscano, Egle Doria, Isabella Giacobbe, Barbara Giordano, Leda Kreider e Carmen Panarello.

Il contesto è quello dell’estate 1944, quando l’Italia è travolta dalla guerra civile, la gente è confusa, stanca e terrorizzata e molti sfollano in campagna. «Gli uomini sono in guerra, sono in montagna, sono morti. Restano le donne e si barcamenano per sopravvivere», scrive Sicignano nelle note di regia.

«Le storie di queste donne sono emblematiche ed esplose come bombe. Nei loro occhi è rimasto il fermo immagine di un evento che le ha segnate per sempre e che esse continuano a raccontare all’infinito perché non venga dimenticato. I vecchi raccontano sempre la solita storia. Diceva una canzonetta del tempo: non dimenticar le mie parole. La preghiera, la ritualità, la natura, il cibo, il corpo: sono elementi profondamente femminili. Sono esplosi durante la guerra. Le donne cercavano di mantenere dignità, femminilità e normalità quando nulla era dignitoso né normale. Si sono trovate improvvisamente in circostanze estreme: fame, pericolo, violenza. L’intensità delle loro spesso brevi vite, rende queste donne eroine, che siano vittoriose o sconfitte e ingannate. Ma le donne antiche, quelle legate alla terra, al corpo, sanno che ad ogni morte segue una nascita, e chiamano forte la pace».

Queste storie, attinte dai racconti di infanzia delle nonne, ispirano personaggi scolpiti come miti, «eroine arcaiche che rifondavano le nostre identità di donne moderne, indecise, infelici e spesso viziate. Storie che la mia generazione è stata l’ultima ad ascoltare dalle protagoniste».

Con Alessandra Vannucci, prosegue la regista, «abbiamo raccolto storie di guerra da racconti famigliari o da testimoni del tempo per raccontare sei donne fulgide e forti, ciascuna del proprio destino di eroina più che di vittima, giovani e ingenue come le combattenti di allora, ribelli, impazzite di vita e di dolore. Il pubblico viene coinvolto nelle piccole grandi tragedie delle sfollate degli Anni Quaranta in un viaggio fisico e temporale: partigiane, fasciste, contadine, operaie, borghesi. Non mogli o figlie di qualcuno, bensì protagoniste, donne che si emancipano attraverso la guerra, prendono una posizione e la pagano cara. Le attrici recitano a contatto diretto con gli spettatori, testimoni della storia. I destini delle donne in guerra si compiono tra fucilazioni, stupri, vendette e omicidi, come fu, durante gli anni censurati, quelli della Repubblica di Salò. Infine eccole, illuminate solo da tenui fanali, si spogliano di tutto, perché ‘nudi si va alla morte’ e cantano in un lento e dolce coro: non dimenticar le mie parole».

Durante le repliche ci saranno anche diversi appuntamenti collaterali in fase di programmazione, a cura della prof.ssa Lina Scalisi, dedicati ad una riflessione sull’impegno femminile sul fronte del contesto sociale contemporaneo: a questo proposito è in fase di allestimento anche una mostra curata dal collettività di artiste le Maletinte, dopo la collaborazione già avviata in estate per la realizzazione dell’opera murale omaggio a Mariella Lo Giudice sulla facciata esterna dello Stabile.


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE