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L'interno della sede della Cgil distrutta dai manifestanti no Green pass

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LA PUBBLICAZIONE in Gazzetta ufficiale del decreto che aumenta le capienze di luoghi culturali e sportivi e riapre le discoteche si intreccia con la crescente tensione sociale sull’obbligo di Green Pass nei luoghi di lavoro. Il rovente sabato vissuto ieri dalla capitale preannuncia una settimana intensa in attesa della data cruciale del 15 ottobre.

Ma andiamo con ordine. Prima di venerdì 15 ottobre, quando dovrebbe diventare obbligatoria l’esibizione del Green Pass per accedere ai luoghi di lavoro, c’è lunedì 11 ottobre, ossia domani. Sarà una data storica, perché segna la fine di gran parte delle restrizioni anti-Covid in cinema e teatri, i quali torneranno a capienza piena ma con l’obbligo di Green Pass e di mascherina per gli avventori. C’è grande attesa da parte degli amanti degli spettacoli: a Milano la Scala saluterà il redivivo tutto esaurito con la replica del “Barbiere di Siviglia” diretto da Riccardo Chailly. Dovranno ancora attendere per registrare il sold out stadi, palasport e discoteche. Negli impianti sportivi all’aperto la capienza massima passa dal 50% al 75%, mentre al chiuso dal 35% al 60%. I locali frequentati dal “popolo della notte” potranno invece tornare a riempirsi al 50% della capienza al chiuso e al 75% all’aperto (anche se le temperature autunnali scoraggiano questa seconda ipotesi), i gestori dovranno garantire impianti di areazione e i clienti dovranno avere il Green Pass e indossare la mascherina tranne che nei momenti di ballo.

La speranza condivisa dal settore dell’intrattenimento e dello sport è che i dati sul virus possano presto consentire una riapertura al 100%. Ma l’esecutivo, mentre con un occhio resta vigile sull’andamento epidemico, con l’altro deve guardare al malcontento tutt’altro che infimo di lavoratori, imprese e anche Regioni sulle nuove norme che da venerdì prossimo riguarderanno il rapporto tra Green Pass e mondo del lavoro. I presidenti regionali paventano il rischio caos nelle aziende alla luce dell’ingente numero di lavoratori sprovvisti di Green Pass. Pertanto chiedono al Governo di riorganizzare il sistema di rilascio della “certificazione verde” allungando i tempi di validità da 48 a 72 ore con il tampone antigenico (detto anche “rapido”) e consentendo alle aziende di organizzarsi anche autonomamente per l’esecuzione dei test.

La linea portata avanti da Massimiliano Fedriga, presidente della Conferenza delle Regioni, e dall’altro presidente regionale esponente di peso del Carroccio, il veneto Luca Zaia, è sposata pienamente anche dal segretario della Lega e rappresenta un collante simbolico dopo le voci sulle divisioni interne. Per Matteo Salvini allungare i tempi di validità del Pass per chi si sottopone al tampone «è possibile, anzi doveroso e previsto dall’Europa» in quanto «evitare caos, blocchi e licenziamenti il 15 ottobre è fondamentale».

Una plastica rappresentazione del malcontento si è avuta ieri a Roma, dove una moltitudine di persone contrarie al Green Pass ha manifestato a piazza del Popolo. Gruppi di manifestanti si sono poi staccati dal raduno principale. Un corteo si è snodato lungo corso d’Italia dirigendosi fin sotto la sede nazionale della Cgil: alcuni manifestanti sono persino riusciti a fare irruzione nell’edificio del sindacato sfondando le porte d’ingresso. Disordini con i reparti celere si sono verificati poi all’incrocio tra via del Tritone e via del Corso, a poche decine di metri dai palazzi della politica, e nei pressi di Villa Borghese. Traffico congestionato nel turbolento sabato pomeriggio della capitale.


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