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Stellantis, un manager del Sud: Il napoletano Antonio Filosa prende il posto di Tavares alla guida della multinazionale. Il messaggio di benvenuto di Bardi: «Melfi strategica, incontriamoci presto».



Filosa alla guida di Stellantis, il mercato guarda e sbadigliaAlla fine, Stellantis ha scelto la via più prevedibile. E, come spesso accade nei mercati finanziari quando una notizia conferma le aspettative senza superarle, la reazione è stata di scettico disinteresse. Il titolo, dopo una fugace fiammata iniziale, si è spento rapidamente, virando in territorio negativo con un calo del 2,23%. Un segnale inequivocabile: l’annuncio della nomina di Antonio Filosa come nuovo Ceo del gruppo non ha scaldato i cuori. In un momento in cui l’industria automobilistica vive un passaggio epocale e Stellantis si gioca partite decisive su scala globale, la scelta di un profilo interno e poco mediatico suona più come conservazione che visione.

Filosa, classe 1973, carriera costruita in Sud America e un recente passaggio in Nord America, era da settimane il nome più quotato. La sua promozione è apparsa da subito una corsa a due, tutta interna, con il francese Maxime Picat come unico reale sfidante. Nessun outsider, nessun nome di rottura. Le suggestioni di peso – da Luca de Meo di Renault ad altri big internazionali – sono rimaste sullo sfondo, sussurrate ma mai concretamente valutate. E questo, in un gruppo collocato ai vertici globali, non è un dettaglio secondario. Una scelta, insomma, prudente. Ma è proprio questo che preoccupa. Un’azienda che si accontenta di gestire l’esistente invece di innovare, rilanciare, sorprendere.

IL MANAGER ANTONIO FILOSA: LA CARRIERA E I SUCCESSI IN STELLANTIS

La freddezza dei mercati è stata accompagnata da analisi tecniche, ma eloquenti. Equita, con il suo linguaggio misurato, descrive Filosa come un manager «di lungo corso», in grado di «accelerare la ridefinizione della strategia». Una traduzione elegante per dire: conosce la macchina, meglio non agitare le acque. Ma è Intermonte a centrare il punto con maggiore chiarezza: “Non lo riteniamo un nome di forte impatto.” E qui sta il cuore del problema. In una fase in cui Stellantis deve fronteggiare crisi simultanee su diversi fronti – il rallentamento delle vendite negli Stati Uniti, l’avanzata cinese in Europa, l’incertezza della transizione elettrica, il rapporto difficile con i governi locali – la nomina di Filosa rischia di essere percepita come una scelta di basso impatto.L’uscita di scena di Carlos Tavares, sei mesi fa, aveva aperto una voragine.

Una leadership forte, per quanto divisiva, aveva lasciato il posto a un vuoto che andava colmato con urgenza e visione. Il nuovo corso, invece, sembra orientato alla continuità. È comprensibile il ragionamento della proprietà: in un momento delicato, meglio puntare su una figura interna, che conosce dinamiche e ingranaggi, e che non romperà gli equilibri. Ma questo approccio, rassicurante per gli organigrammi, rischia di essere penalizzante per un gruppo che oggi avrebbe bisogno esattamente dell’opposto: di uno scossone, di uno shock positivo, di una direzione forte e riconoscibile.Il sospetto, fondato, è che questa nomina sia più un’operazione di manutenzione ordinaria che di rilancio strategico. Un modo per guadagnare tempo, senza sapere esattamente come usarlo.

LE SFIDE FUTURE

Nel frattempo, però, le sfide non rallentano. Negli Stati Uniti, Stellantis deve riconquistare terreno, ripensare prodotti e rafforzare il posizionamento in un mercato sempre più competitivo e normato. In Europa, l’offensiva dei marchi cinesi – più veloci, più economici, più flessibili – rischia di travolgere la vecchia industria continentale. In Italia, il rapporto con le istituzioni resta teso: le strette di mano non cancellano mesi di frizioni, accuse, reticenze. E tutto questo mentre la transizione elettrica impone costi altissimi, tempi incerti, e un equilibrio instabile tra tecnologia, normative e domanda reale.In questo contesto, la politica italiana non nasconde la soddisfazione. “Un’ottima scelta”, ha commentato Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy.

LA NOMINA DEL MANAGER ANTONIO FILOSA ALLA STELLANTIS LETTA COME UN SEGNALE POSITIVO

La nomina di un italiano alla guida di Stellantis viene letta come un segnale positivo per la centralità del nostro Paese nel gruppo. E come dargli torto, almeno sul piano simbolico? Dopo mesi di tensioni, è comprensibile che a Roma si accolga con favore un Ceo tricolore. Ma l’industria automobilistica non si governa con il patriottismo, e i mercati non si commuovono per la provenienza geografica di un manager. Chiedono visione, coraggio, innovazione. E su questo piano, la nomina di Filosa – per quanto competente e rispettata – non sposta gli equilibri.

Dal canto loro, i sindacati – dopo le rituali congratulazioni – alzano subito l’asticella. Rocco Palombella (Uilm) chiede un incontro immediato e sollecita “conferme e aggiornamenti sul Piano Italia, sugli investimenti e sulle strategie nel nostro Paese”, oltre a un intervento deciso sul rinnovo economico del contratto. Più critica la Fiom: il segretario nazionale Samuele Lodi invita Filosa a “ripartire dalle lavoratrici e dai lavoratori”, denunciando le “scelte industriali e occupazionali fallimentari del precedente AD Tavares”. Anche Daniela Fumarola (Cisl) auspica che la scelta di un italiano sia il segno di “una volontà di rilancio della produzione in Italia”. Sono richieste chiare, che trasformano la fase di acclimatamento in un immediato banco di prova.

Dal vertice della piramide, John Elkann prova a impostare una narrazione più propositiva: “Siamo concentrati sulla risoluzione dei problemi, non sull’attribuzione delle colpe”, ha dichiarato. Un appello alla responsabilità e alla concretezza, in un contesto globale reso ancora più instabile da tariffe, nuove normative e una concorrenza senza freni. Parole condivisibili. Ma ora tocca ai fatti.

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