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Il premier Giuseppe Conte

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Bisogna dirlo una volta per tutte. Questa slot machine, inserita sotto traccia nelle pieghe del bilancio pubblico italiano, sputa ogni anno decine e decine di miliardi sottratti al Sud e regalati al Nord. Misura algebricamente quanto la “banda del buco” del Grande Partito del Nord ha indebitamente sottratto ai diritti di cittadinanza delle donne e degli uomini del Mezzogiorno.

Si chiama Spesa Storica ed è il meccanismo infernale con cui, giorno dopo giorno, le Regioni ricche del Nord si abbuffano di quattrini pubblici non loro e che permettono al più querulo dei loro Governatori, Stefano Bonaccini, che guida l’Emilia-Romagna, di continuare a dire il falso, come la ministra Erika Stefani, ovviamente a pancia piena. Basta, Bonaccini, di prendere in giro gli italiani. Abbia la dignità di tacere.

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Capiamo che, essendo un esponente di punta del Pd, non può non essere dalla parte dei ricchi e muoia dalla voglia di continuare a togliere ai poveri, saccheggiando il bilancio pubblico, per continuare a assumere nella sanità pubblica emiliana e a riempire di prebende assistenziali i suoi potenziali (ricchi) elettori. Comprendiamo che, essendo anche lui del Pd, il suo “compagno di merende”, Paolo Gentiloni, ex premier e oggi presidente del Pd, si sia affrettato a leccare la pantofola sua e dei Governatori di Lombardia e Veneto detentori con lei della golden share (reale) del potere in Italia e abbia messo la sua firma in calce alle pre-intese più incostituzionali che la storia ricordi con Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto.

Non passa giorno che il Bonaccini con la “pancia piena” non intimi da qualche giornale al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, di muoversi, che non è serio, che se salta l’autonomia è colpa sua. Meno male che Conte esiste, meno male che questo Paese ha un Presidente del Consiglio che può dare lezioni di diritto ai vari Bonaccini, Fontana e Zaia (in questo caso gli consigliamo di lasciar perdere, non capirebbero), ma soprattutto sa di che cosa sta parlando, è consapevole che con la Costituzione non si gioca e neppure con tributi e meccanismi perequativi.

IL SERVIZIO: LA SPESA STORICA FA AUMENTARE I REGALI IL NORD, SI PASSA A 62,3 MILIARDI

Qualunque sia l’esito finale di queste trattative state certi che sottoporrà preventivamente le pre-intese al vaglio della Commissione affari costituzionali e della Commissione Finanze che hanno le specifiche, ineludibili, competenze. Il Parlamento dovrà dire la sua e finalmente l’operazione verità, di fatto già avvenuta, si compirà con la sacralità che merita nella sede più consona.

È un uomo del Sud, il professor Conte, ma prima ancora è un uomo di Stato, anche il mite Gentiloni, che firma sempre tutto consapevole o no, avrebbe qualcosa da imparare. Soprattutto, si capisce ora, ha qualcosa da rimproverarsi per quello che ha firmato lui.

Questo giornale, in assoluta solitudine, ha denunciato l’opera di “scippatori politici professionali” che sono, di certo, i Governatori di Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna ma, più in generale, nessuno escluso, sono tutti i partecipanti della “banda del buco” del Grande Partito del Nord. Hanno escogitato un meccanismo molto simile al gioco delle tre carte per cui il ricco riceve molto più di quello che gli spetta e il Sud molto meno di quello che gli tocca, il primo di più il secondo di meno in egual misura. Qualcosa che vale il 6% della spesa del settore pubblico allargato e, in soldoni, è pari a 61 miliardi.

Si sono inventati due parolette (nel frattempo) dieci anni fa e, con questo escamotage da mercatino di provincia, hanno calpestato la Costituzione e hanno fatto, alla grande, i loro interessi. Hanno detto: dobbiamo definire i livelli essenziali di prestazione e i fabbisogni standard perché non possono esistere cittadini di serie A e cittadini di serie B in materia di sanità, scuola e trasporti, ma nel frattempo procediamo con la spesa storica. Sono passati dieci anni e il frattempo continua a comandare per cui, grazie alla spesa storica, il ricco diventa sempre più ricco e il povero sempre più povero, se nasci in Brianza hai diritto a una spesa pro capite pubblica (non delle famiglie) di tremila euro l’anno, se nasci a Reggio Calabria ti devi accontentare di 18 euro, ma se per caso vieni al mondo a Altamura o a Casoria non avrai proprio nulla, zero spaccato.

I Comuni hanno almeno formalmente varato il Fondo di perequazione, le Regioni del Nord – che si sono fatte Stato con i soldi dello Stato italiano – nemmeno quello. Siamo arrivati al punto che, a furia di togliere disonestamente di qua e mettere disonestamente di là, il costo per personale dipendente nella sanità è pari a 658 euro per abitante in Emilia Romagna e 485 in Puglia, tra minori fondi e mobilità indotta ballano 6 miliardi pubblici che la Regione guidata da Bonaccini sottrae ingiustificatamente alla Regione guidata da Emiliano. A parità (quasi) di popolazione. Non si tratta di bruscolini, lo hanno capito tutti che il problema della sanità meridionale, dopo che il Nord ha cominciato a usare le casse pubbliche come suo portafoglio, è prima di tutto quello di un più equo meccanismo di attribuzione delle risorse del Fondo sanitario nazionale. Perché il problema, quello vero, nasce tutto dalla Spesa storica, quella che da oggi definiamo il contatore dello scippo.

Siamo in grado di anticipare che dai conti pubblici territoriali del 2017, in diffusione da oggi, emerge che la spesa totale del settore pubblico allargato (l’unico dato vero perché in esso confluisce tutto: amministrazioni centrali, enti locali, enti economici a controllo pubblico) dà a una popolazione del Centro-Nord pari al 65,74% il 72,17% della spesa pubblica lorda e a una popolazione del Sud del 34,26% il 27,83%. Come vedete, non balla più il 6% (scippo 2016) ma il 6,43%; i miliardi non sono più 61, ma 62,3. Il contatore dello scippo di Stato al Sud fa il suo, con il pilota automatico, di anno in anno, goccia dopo goccia, allarga il divario, “ruba” al Sud e regala al Nord, con la copertura giuridica della moneta dei ricchi, che si chiama Spesa Storica. Si rivela da almeno dieci anni in qua come la più odiosa delle tasse occulte sui poveri e, cioè, sulle popolazioni meridionali. Altro che autonomia differenziata, qui si tratta di ricostruire la nazione trasfigurata. Non si può fare al bar e neppure per decreto.

Rassegnatevi, cari Governatori del Nord, questa volta avete esagerato e vi toccherà di passare per le forche caudine del Parlamento dove almeno i parlamentari del Sud si stanno svegliando. L’operazione verità lanciata da questo giornale è partita. Non la potete più fermare. Un consiglio spassionato: abbassate i toni e cominciate a calcolare quanto dovete restituire. La pacchia è finita e, se non la volete mollare a tutti i costi, ci sarà la mobilitazione generale perché ora tutti sanno e capiscono. Noi ovviamente saremo in prima fila.


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