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Mes e propaganda, basta con gli alibi per coprire colpe che ci appartengono

SOGNO un governo europeista italiano che duri dieci anni, la smetta di parlare di microtasse e riaccenda il motore della macchina di investimenti pubblici. Porti nel Mezzogiorno d’Italia i treni veloci, ristabilisca una spesa sociale dignitosa, colmi il divario infrastrutturale materiale e immateriale. Soprattutto, convinca il Nord produttivo del Paese che o si libera di quel trapano che si chiama spesa storica con il quale scava nel bilancio pubblico da dieci anni per estrarre risorse dovute al Sud e alimentare il peggiore assistenzialismo al Nord o condannerà l’Italia intera alla terza recessione e al dominio franco-tedesco ciò che fino a oggi è sopravvissuto nel Paese di industria e servizi alle due Grandi Crisi, finanziaria e sovrana. Un Paese che fa sempre meno figli e con una popolazione che oscilla dai 55 ai 60 milioni di persone se non recupera un disegno unitario di sviluppo imprenditoriale ponendo alla guida dei suoi business strategici manager di cultura industriale di provenienza di public company uscendo dalla logica degli imprenditorini del private equity e non torna a fare infrastrutture di sviluppo nei suoi territori meridionali è destinato alla logica della gestione del giorno per giorno e, quindi, condannato inevitabilmente a uscire dal novero dei Paesi industrializzati.

Siamo orgogliosi che l’operazione verità lanciata da questo giornale ha avuto ormai la sua consacrazione in Parlamento e ha ragione Carla Ruocco, presidente della Commissione Finanze della Camera, a dire chiaro e tondo: “I dati parlano da soli. È stato smascherato il ‘trucco’ che ha creato un buco tecnico e finanziario che ha messo in ginocchio il Mezzogiorno… questo assetto così come è stato concepito, sta prosciugando l’Italia, c’è un’emorragia continua”. Cito la Ruocco, nel giorno in cui la propaganda e il rumore sul Meccanismo europeo di stabilità ripropone il leitmotiv di sempre e, cioè, che la crisi italiana è colpa dell’Europa, perché è di tutta evidenza che il problema della crescita italiana e della fuga dei suoi cervelli è un problema tutto italiano frutto dell’errore imperdonabile di ritenere che la interdipendenza tra Nord Italia e Nord Europa avrebbe salvato la manifattura lombardo-veneto-emiliana e che questo patrimonio andava salvato a ogni costo foraggiando in mille modi il Nord con il bilancio pubblico e lasciando il Sud al suo destino.

Sogno un governo europeista che duri dieci anni per fare quello che l’Europa ci chiede: riconoscere al Mezzogiorno la priorità economica del Paese uscendo dalla gabbia della Spesa Storica e recuperando una prospettiva sana di sviluppo che permette di abbassare il debito e tornare a creare lavoro di qualità. Non ci crederete ma invece di parlare a vanvera, per ignoranza o protervia, di Mes in modo così improvviso e maldestro da convincere la comunità degli investitori che siamo lì lì per chiedere un aiuto che farebbe di noi la nuova Grecia o la nuova Argentina, l’Italia tutta ha bisogno di condividere l’operazione verità per liberare il Nord dal vizio assistenziale e il Sud dall’alibi infrastrutturale. Se si cambia registro i risultati si vedranno prima del previsto e saremo così credibili da potere finalmente chiedere con successo l’introduzione di un titolo comune di debito sovrano che sostituisca una parte dei titoli nazionali in circolazione. Potremmo chiedere e ottenere un Fondo europeo di ammortamento del debito finanziato da risorse dedicate dei Paesi partecipanti che rappresenti la polizza che tutela e annulla il rischio per chi come noi ha un alto debito pubblico ma un patrimonio e un’economia che, nonostante tutto, lo rendono ampiamente sostenibile.

Per questo sogno un governo europeista che duri dieci anni perché è l’unico che può permetterci di uscire in casa dall’obbrobrio della spesa storica e avere fuori la forza per risparmiarci l’Unione bancaria alla tedesca con giochetti strani sulla ponderazione del rischio dei titoli sovrani e sulle banche italiane che ne hanno molti in pancia. Gli italiani hanno bisogno dell’Europa non della propaganda. Il Mezzogiorno ancora di più. Prima, però, serve un governo credibile europeista che resti in carica dieci anni e abbia nella testa che il Paese è uno non la somma di venti staterelli. Il problema siamo noi. La soluzione anche.


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