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CI VUOLE una bandiera per governare l’Italia in un momento come questo. L’uscita dal doppio incubo di populismo e sovranismo, consumati da incompetenza e dilettantismo dei loro leader alla prova dei fatti, restituisce reputazione al titolo Italia e sembra rassicurare i mercati.

Sotto questo risultato, frutto di errori altrui, si vede, però, a occhio nudo che il Conte II galleggia. Non cade, ma non cammina. La produzione arranca pesantemente, il Paese diseguale aumenta le distanze tra Nord e Sud e tra Nord e Nord. L’Europa perde pezzi e non ingrana, anche l’America di Trump un po’ rallenta e mantiene nel mirino la Germania e, di conseguenza, l’Italia. Gli effetti negativi della Brexit per quanto gestita non sono quantificabili, ma appaiono molto probabili per la nostra agroindustria. L’epidemia cinese mette in crisi il motore più importante dell’economia globale – qui il danno è certo, non sappiamo ancora se sarà più o meno pesante dei due punti di Pil della Sars – ma mette a nudo anche le debolezze del mondo e le nuove, ricorrenti fragilità italiane. Il Mezzogiorno d’Italia ha un reddito pro capite ridotto alla metà di quello del Nord (primato negativo) dopo una lunga stagione di taglio ingiustificato della spesa pubblica produttiva. Ribolle come una pentola a pressione. L’Ilva di Taranto aspetta ancora di conoscere il suo futuro industriale/ambientale, l’indotto è fermo, oggettivamente la situazione si aggrava.

La prima, unica grande banca sopravvissuta del Sud consegna le gravi nefandezze del suo passato all’azione salutare ancorché traumatica della magistratura (qui le responsabilità vanno accertate senza riguardi per nessuno ovviamente caso per caso, sapendo distinguere) e bisogna impedire che vecchi e nuovi polveroni ritardino l’avvio di una stagione nuova con capitali, strutture e uomini che mettano insieme attenzione al credito al dettaglio e al credito industriale, interlocutori capaci di finanziare gli interventi infrastrutturali necessari.

Di fronte a tutto questo si dimostri almeno di avere la consapevolezza che non governi e non sopravvivi sminuzzando i problemi. La si smetta di declamare generici appelli ecologici e annunciare fantomatici piani green. Si trovino le risorse e si dia una prospettiva concreta per il Paese sui rifiuti.

Se non si vuole parlare in termini astratti il problema più grave è la gestione al Sud. Vuoi fare un Paese ecologico? E, allora, non puoi farlo mandando tutti i camion dal Sud al Nord. Chiedo: lo puoi risolvere senza fare l’inceneritore con emissioni nocive bassissime nelle città del Sud? Perché non si può fare qui ciò che si è fatto a Brescia e Bolzano? Se i grillini si mettono di traverso allora non hanno capito niente, soprattutto continuano a non capire perché hanno avuto lo sfratto nell’urna dai loro elettori meridionali. Si vuole fare partire una nuova stagione di investimenti pubblici e privati? Si abbia la decenza di dire che è arrivato il turno dell’Italia dimenticata e abbandonata. A viso aperto. Per fare ripartire il Sud e il Nord insieme.

La bandiera di questo governo si chiama Mezzogiorno e, senza di essa, può solo galleggiare, ma non a lungo, come crede. Il mondo non ci aiuta e il coperchio della pentola a pressione sotto Roma non tiene più.


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