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Giuseppe Conte

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Abbiamo il massimo rispetto della coerenza meridionalista del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e non abbiamo difficoltà a riconoscergli che è stato il primo a suggellare, con una sua bella lettera a Il Quotidiano del Sud (LEGGI), l’operazione verità sulla ripartizione della spesa pubblica tra Nord e Sud lanciata da questo giornale. Senza partire da numeri condivisi, certificati peraltro dalle principali istituzioni economiche, statistiche e contabili del Paese, nessun disegno di sviluppo appare credibile. Apprezziamo, inoltre, la scelta di annunciare il Piano per il Sud a Gioia Tauro e gli impegni “infrastrutturali” contenuti in questa sua nuova lettera con cui abbiamo deciso di aprire il giornale.

Detto questo, al netto delle turbolenze al limite dell’incidente che spalanca le porte della crisi di governo, vogliamo essere molto chiari: il Piano per Sud, a nostro avviso, coincide con il piano per l’Italia e ne valuteremo disegno e efficacia con un unico criterio. Quanti soldi (veri) con poteri di spesa (veri) saranno destinati a realizzare infrastrutture di sviluppo per il quadrilatero Napoli-Bari-Taranto-Gioia Tauro e il suo prolungamento strategico fino a Palermo. Più è alto il numero di miliardi annunciato sulla carta, più alta è la probabilità che non si faccia nulla. A noi interessa un allegato infrastrutture dove ci siano scritti, nomi, opere, soldi, tempi e scadenze.

Alla luce del sole, con l’impegno solenne del presidente del Consiglio – gli altri singoli ministri contano meno – perché l’allegato deve essere espressione di una scelta condivisa dell’intero governo e delle comunità di tutte le aree geografiche del Paese. La teoria della interdipendenza tra Nord Italia e Nord Europa ci regala la caduta della produzione e del Prodotto interno lordo (Pil) e una collocazione strategica da subfornitore del gigante tedesco malato che umilia tutti e condanna l’Italia alla marginalità. Se il Nord vuole ripartire deve pretendere che gli investimenti pubblici di sviluppo siano integralmente collocati nel Mezzogiorno per recuperare un minimo di dimensione nazionale infrastrutturale/industriale che consenta ancora al Paese di dire la sua nella arena della competizione globale.

La crescita potenziale del Paese è concentrata interamente nei territori meridionali colpevolmente abbandonati da almeno venti anni. Se si fa sul serio, si fa così. Altrimenti, risparmiamoci anche il viaggio andata a ritorno da Roma a Gioia Tauro.


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