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Chiudiamoci in casa e lasciamoci contagiare dalla fiducia. Durerà il giusto, ma non possiamo essere noi la vittima della Terza Grande Crisi Globale. Sappiamo che bisogna intervenire, sappiamo che lo faremo senza che nessuno ci possa fermare perché abbiamo deciso con la testa che rovesceremo la storia. Poi ricuciremo il Paese con il cantiere Italia


Le grandi crisi sono da sempre un’occasione per rovesciare la storia nel bene e nel male. Abbiamo alle spalle un lungo periodo di affaticamento, da dieci anni in qua l’affaticamento è diventato decadenza vera e propria. Bisogna riorganizzare un sistema produttivo che andava già riorganizzato e, soprattutto, bisogna ritrovare l’unità del Paese. Che è qualcosa di molto complicato perché si trova a fare i conti con una gravissima emergenza sanitaria che mette a rischio la vita delle persone, distorsioni colpevoli della spesa pubblica che si fa fatica a riconoscere, frazionamento litigioso della catena di comando che ha bloccato gli investimenti e indebolito negli anni la forza dello Stato. A seguire, in queste condizioni, arrivano la crisi economica e, di conseguenza, la crisi sociale. A suo modo, la più dolorosa perché incide su donne e uomini in carne e ossa, sulla loro dignità. Perché apre fossati civili che si fa fatica a colmare.

Però, dobbiamo avere la forza di convincerci tutti insieme che rovesceremo la storia. Solo a pensarci si sta meglio. Chiudiamoci in casa e lasciamoci contagiare dalla fiducia. Durerà il giusto, ma non possiamo essere noi la vittima della Terza Grande Crisi Globale. Sappiamo che bisogna intervenire, sappiamo che lo faremo senza che nessuno ci potrà fermare perché abbiamo deciso con la testa che rovesceremo la storia. Spenderemo bene tutto quello che dobbiamo spendere e lo faremo come sanno fare gli italiani quando finiscono nell’angolo. Il problema del debito ora non me lo pongo proprio perché quando la casa brucia bisogna chiamare i pompieri.

Dobbiamo superare a tutti i costi la crisi sanitaria e dobbiamo farlo cambiando il nostro modo di vivere. Siamo di fronte alla più tremenda delle crisi economiche e sociali vissute da questo Paese, prodotta appunto da un’emergenza sanitaria che esige misure da tempi di guerra, e dobbiamo affrontarla con il più grande mutamento della nostra storia per ritrovare noi stessi. Deve scattare la scintilla di una nuova consapevolezza. Non puoi avere un Nord europeo e un Sud che è il nuovo Libano. Primo, perché non è così. Poi, perché tutti – Nord e Sud – diventeremo il nuovo Libano. Dobbiamo recuperare l’unità nazionale e questo potrebbe essere il nuovo miracolo economico italiano. Negli anni ’50/’60 lo costruimmo con la testa e il cuore di chi aveva “vissuto” la guerra e lo facemmo diventando un grande mercato di consumo di lavatrici, frigoriferi, utilitarie e scooter, cambiando lo stile di vita della gente e perseguendo un’idea nazionale di industria e di infrastrutture.

Oggi dobbiamo ripartire con l’auto-produzione, cominciando a fabbricare quello che serve. Ci crediamo? E allora dobbiamo farlo veloci con gli uomini giusti nei settori strategici che non sono l’energia e la fibra perché oggi al primo posto c’è la vita umana. Dobbiamo produrre i nostri farmaci salva vita che sono respiratori e postazioni di terapia intensiva. Non chiediamo agli altri, facciamo noi. Questo è il miracolo economico italiano di oggi. Aprire il cantiere da 30/40 miliardi e ricucire il Paese con le infrastrutture verrà di conseguenza. Perché, a quel punto, avremo rovesciato la storia.


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