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Conte a Macron

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“Quando la casa brucia, non si contano i litri d’acqua che servono per spegnerla!”. Il ministro dei conti pubblici francesi, Gérald Darmanin, non ha ancora perso come il ministro del Tesoro italiano, Roberto Gualtieri, il 40% del suo prodotto interno lordo e il 50% delle sue esportazioni perché la “polmonite” lombardo-veneto-emiliana è arrivata anche lì ma non ancora in queste dimensioni. Si teme che sarà così, non si esclude che possa essere peggio, ma per capire davvero come stanno le cose si deve attendere un po’. Siamo tutti appesi al big bang del picco dei contagi italiani – e francamente la Lombardia non smette di stupirci perché non ha visto niente per troppo tempo e a sentire Fontana continua a registrare troppa gente in giro – ma il big bang che il mondo aspetta è quello americano. La speranza è che non avvenga mai perché ce ne sarebbe ancora di più per tutti. Per scongiurarlo si sta attrezzando il più grande “helicoptermoney” della storia mettendo i soldi direttamente nelle tasche delle persone e nelle casse delle imprese. Questo fa oggi l’America di Trump. Non c’è bisogno di aggiungere altro per capire l’isteria dei mercati e la gravità della crisi mondiale.

Quello che deve essere chiaro ai lombardi prima di tutto è che noi in Italia già siamo al nuovo ’29 mondiale. Quando si chiude in casa il popolo di una nazione da 60 milioni di persone vuol dire che si è dovuto tirare giù la saracinesca della produzione perché siamo in guerra e dobbiamo combattere per salvare vite umane. Per questo se il custode dei conti pubblici francese non pone limiti ai litri d’acqua che servono per spegnere l’incendio, a maggior ragione l’Italia dovrà svuotare le cisterne che ha e quelle che non ha per coprire d’acqua le fiamme e impedire che divampino. C’è qualcosa di terribilmente paradossale in questi viaggi della speranza da Bergamo verso gli ospedali “sopravvissuti” siciliani, pugliesi e lucani. Si scappa dalla sanità regionale nettamente più foraggiata d’Italia per trovare riparo in quella più tagliata d’Europa. Ci sono ragioni italiane della crisi economica da Coronavirus che non possono essere sottaciute e con le quali si dovranno fare i conti appena usciti dall’emergenza.

L’assalto all’Italia annunciato sulla prima pagina del New York Times non deve spaventare, ma spingere lo Stato ad attrezzarsi con una squadra tutta nuova di uomini di guerra. La storiella del debito pubblico e dei 60/70 miliardi di titoli sovrani da collocare entro fine aprile può di sicuro determinare un costo aggiuntivo, ma il film dell’orrore della Troika e, cioè, facciamo pagare il conto della nuova Grande Crisi all’Italia, la commissariamo in modo da consentire a tedeschi e francesi di spartirsene le spoglie, appartiene a un mondo miserevole che non c’è più. Il Patto di Stabilità senza Crescita che ne era la bandiera non sventola più.

Perché in tempi di economia di guerra che non è la crisi finanziaria del 2008/2009 questi giochetti non hanno terreni su cui svilupparsi. Tutti sanno che in bilico c’è l’Italia ma con essa in bilico ci sono la Germania, la Francia e, cioè, l’Europa intera. Madame Lagarde dopo essersi coperta di ridicolo non potrà mai più recuperare la reputazione, ma se vuole rimanere al suo posto tolga almeno il saluto al Governatore della Bundesbank Weidmann e alla cricca di suoi amichetti olandesi, lussemburghesi e baltici che dovranno essere presto minoranza anche nei loro Paesi per manifesta inadeguatezza. Soprattutto, faccia quello che sta già facendo: compri a rotta di collo titoli di stato italiani perché ha solo questa possibilità per salvare la Francia, la Germania e l’Europa intera. Lo faccia di più ancora, senza limiti, compri tutti i titoli sovrani che deve comprare. I mercati devono sapere che è così.

Lo deve fare per il tempo necessario che il suo dante causa Macron si allei con la Merkel e con Conte per ottenere il via libera a un gigantesco piano europeo finanziato con titoli sovrani europei. Da qui non si scappa. Di fronte a un mondo senza neppure un motore economico che cammina tutti i Paesi europei se ne dovranno fare una ragione. A noi interessa che la Lagarde mostri nei confronti di Macron lo stesso zelante servilismo che riservò sempre a Sarkozy come ministro dell’economia e come capo del Fondo Monetario Internazionale. Prima di tutto, capisca lei che oggi la liquidità deve inondare l’Europa e tutti, fuori e in casa, la smettano per sempre con i ricattucci sul debito pubblico italiano. Non abbiamo bisogno di panico e paure fuori dalla storia. In un post guerra si esce solo spendendo a mani basse e poi i confronti tra i debiti pubblici si faranno in termini relativi avendo cura che non si debbano confrontare uno alla volta con le macerie di tutti i rispettivi prodotti interni lordo.

Per questo, lo diciamo dal primo giorno e qui lo ripetiamo con ancora maggiore forza, il governo della Repubblica italiana si occupi dei “covenant” finanziari delle imprese italiane piccole, medie, grandi. Se si decide per leggedi guerra sanitaria globale che si deve chiudere l’economia italiana non ci sia una sola banca che si permetta di recitare tra un mese la pagliacciata che non c’è più l’ebitda e, quindi, bisogna rientrare o fare aumenti di capitale. Si inondi parallelamente di liquidità le imprese che già lottavano per sopravvivere. Questo, non altro, fa un Paese serio in tempi di guerra. Se qualche burocrate di Francoforte alzasse il capino e chiedesse conto, non si risponda neppure. Non credo che accadrà. In un giorno si è nazionalizzata l’Alitalia ma il suo potenziale compratore tedesco (Lufthansa) ha già chiesto aiuti di stato. È cambiato il mondo per tutti. Chiaro?

Si nazionalizzino subito le banche italiane che ancora soffrono perché la stabilità è decisiva e nessuno può mettere becco sulle nostre decisioni. Una cosa, però, il governo italiano la deve fare subito. Se il petrolio crolla, se le compagnie di trasporto saltano per aria, se siamo in tempi di economia di guerra, la cosa più urgente è farsi una squadra di uomini di guerra. Quelli scelti finora per i tempi di pace non vanno più bene. Bisogna rifare l’Iri con la testa nel mondo di oggi. Alla Cassa Depositi e Prestiti deve cambiare (quasi tutto) e così alla guida della macchina dello Stato. Servono uomini che non si vergognano di parlare di società pubbliche di mercato e di Mezzogiorno. Serve una squadra che si muova all’unisono in tutte le leve di comando industriale, finanziario, infrastrutturale del Paese. Non si può andare in guerra con gli uomini di pace.


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