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Giuseppe Conte con Von der Leyen

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Questa Europa con questa democrazia non può andare avanti, l’unanimità è lo spartiacque da rimuovere per scrivere una storia nuova, ma questa Europa va avanti, è obbligata a andare avanti. Anzi a ben vedere questa Europa è già cambiata perché si è deciso di non chiudere con un nulla di fatto e di aggiornarsi per un altro nulla di fatto come avviene quasi sempre nei vertici europei delle opinioni pubbliche nazionali che non è l’Europa che serve per affrontare la Grande Depressione mondiale.

Mentre andiamo in macchina l’ultima bozza all’esame dei Capi di Stato e di governo ha il gradimento di Palazzo Chigi e metterebbe in cascina per l’Italia addirittura qualcosa in più del piano della Von der Leyen tra sussidi e prestiti ma con meno sussidi e più prestiti. Aspettiamo per giudicare, anche se l’azione mediatrice e combattente del premier Conte appare confermata e ci permette di sperare in qualche frutto non chiacchierologico. Sopra la nostra testa si gioca una partita pesante che nessuno può sottovalutare. Perché resta, ancorché indebolita, l’unanimità del Consiglio europeo che si legge potere di veto olandese(e non solo). Ci spieghiamo meglio: anche un singolo Paese può chiedere l’intervento del Consiglio europeo specie sui sussidi se ha dubbi sull’attuazione delle riforme concordate da parte del Paese sussidiato, ma l’ultima parola spetterebbe all’Ecofin a maggioranza rafforzata e qui l’unanimità sparisce.

Capite di che cosa stiamo parlando? Siamo alla democrazia ridotta a un filo sottilissimo perché tra maggioranza rafforzata che salva la democrazia e minoranza di blocco che la abolisce si gioca la partita della storia. Questa maratona negoziale non ancora chiusa, ha ribadito, se ve ne era necessità, che l’Unione europea non è una democrazia rappresentativa in quanto non tutti gli Stati contano uguali. Ma non solo per ragioni istituzionali, quanto e verrebbe da dire soprattutto, per ragioni politiche: conta l’autorevolezza dei singoli Paesi e dei rispettivi governi, e tale autorevolezza è legata alle possibilità che ogni singolo Paese ha di fare o di non fare le riforme. Ma bisognerà anche prendere atto che il piccolo passo avanti è stato compiuto al prezzo indecoroso di regalare ai cosiddetti Paesi frugali il loro sgradevole bottino cedendo al ricatto dei bottegai con lo scopo di spingere la democrazia europea un passetto più avanti.

Alla fine Mark Rutte non porta a casa il bottino pieno non perché è fuori dalla storia e dice cose senza senso, ma perché anche lui ha alle spalle un governo debole con un ministro dell’Economia più oltranzista e fuori dalla storia di lui, che lo affronterà alle prossime elezioni legislative. Questo passa la mensa della bottega della Lega anseatica. Piccoli uomini al crocevia della storia. Vedremo carte alla mano se la montagna avrà partorito un topolino o qualcosa di più.

Di certo un avanzamento nel processo di integrazione europea è avvenuto perché un vertice di questa intensità è qualcosa che resta.

Quello che proprio non ci auguriamo è il solito balletto calcistico italiano tra la squadra di Conte trionfatore e di Conte sconfitto. Non ci possiamo permettere simili interessate banalizzazioni. Farebbe bene Conte a chiedere un rimpasto della sua squadra perché con questi uomini non ce la può fare. L’Italia deve compier oggi quei passi che la Spagna ha già intrapreso, cambiare la giustizia e la macchina dello Stato, mettere in riga le Regioni, aprire i cantieri e farlo partendo dal Mezzogiorno. La “democrazia” europea si gioca sul campo della credibilità e con una ministra come la De Micheli in squadra facciamo solo ridere.


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