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Stefano Bonaccini e Giovanni Toti

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I “padroni” dell’Italia sono i Capi delle Regioni. Hanno nelle loro mani la vita delle persone perché sono loro ad avere la cassa di sanità, scuola e trasporti. Hanno spappolato lo Stato italiano, danno ordini al Presidente del Consiglio e ai suoi ministri, sono i principali imputati del disastro dei trasporti pubblici locali e del caos sanitario, e hanno perfino la faccia tosta di prendersela con il governo anche per quello che loro hanno imposto al governo di fare

Una cosa è stare al governo, una cosa è governare. Questo vale per l’inquilino di Palazzo Chigi ma ancora di più per i “padroni” del Paese che sono i Capi delle Regioni. Hanno nelle loro mani la vita delle persone perché sono loro ad avere la cassa di sanità, scuola e trasporti. Hanno spappolato lo Stato italiano, danno ordini al Presidente del Consiglio e ai suoi ministri, sono i principali imputati del disastro dei trasporti pubblici locali e del caos sanitario, e hanno perfino la faccia tosta di prendersela con il governo anche per quello che loro hanno imposto al governo di fare.

Una signora al pronto soccorso del San Martino di Genova ha dovuto attendere 200 ore in barella, ma non vorremmo che questo turbasse il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, e gli impedisse di trovare il modo di dire che è ovviamente colpa del governo. Avrà o meno qualche responsabilità il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, se il personale medico in prima linea contro il Covid nei grandi ospedali di Milano non è stato ancora vaccinato contro l’influenza? Chi comanda in questo Paese, la Conferenza Stato-Regioni saldamente in mano alla Sinistra Padronale tosco-emiliana in combutta con la Destra lombardo-veneta a trazione leghista o il governo della Repubblica italiana? Non è per caso che grazie proprio al famoso titolo quinto comandano i Capetti delle Regioni ed è questo il motivo per cui gli investimenti in sanità sono pari a 85 euro pro capite in Emilia-Romagna e a 16 euro in Calabria? O che lo stesso cittadino emiliano-romagnolo riceve tre volte di più del cittadino campano per reti e infrastrutture? Vogliamo parlare del trasporto locale e del diktat del potentissimo Bonaccini a cui si sono subito accodati come cagnolini mansueti il ministro della Salute Speranza e il suo super consulente Ricciardi? Per non parlare, poi, delle immancabili lodi sperticate della ministra De Micheli che vive sulla luna ma quando scende in terra non manca mai di dare il suo formidabile contributo per questo o quel pasticcio nella gestione dell’emergenza Covid.

Ma doveva essere il governatore De Luca o chi altro a sfruttare gli otto mesi avuti a disposizione per investire in medicina sul territorio, rafforzare i pronto soccorso e le terapie intensive? Che cosa gli ha impedito di sollevare insieme con gli altri Governatori del Sud la questione del taglio abnorme di trasferimenti subiti dalla sanità nelle sedi istituzionali competenti? Diciamoci le cose come stanno: la classe medica di Napoli e della Campania è di assoluto valore e sta facendo i miracoli con i pochi mezzi che una politica ingiusta ha loro concesso. Ma in questa politica ingiusta ci sono i governatori del Nord che fanno ingiustificatamente la parte del leone e quelli del Sud che prima nemmeno si accorgevano di ciò che veniva loro sottratto e poi sono rimasti ignobilmente silenti.

Chi restituirà e come ai giovani della Campania due anni di mancata istruzione? Chi ha dimenticato i numerini sui contagi dopo l’apertura delle scuole sventolati in TV da De Luca quando le scuole, in Campania, non sono mai state realmente aperte e quando i contagi continuano comunque ad aumentare anche dopo la chiusura seguita alla finta apertura? Perché quando mamme e operatori privati protestavano in modo civile sotto il Palazzo della Regione e chiedevano di rinunciare al lockdown, De Luca rispondeva a muso duro e tirava dritto salvo diventare coniglio e fare marcia indietro dopo due bombe carta? Ma quale esempio si sta dando con questi comportamenti? Come la mettiamo con le bombe sociali a cielo aperto di Napoli, Taranto e così via, tutte figlie della lunga stagione dell’assistenzialismo e del federalismo della irresponsabilità?

Siamo nel pieno di una grande crisi epidemica che pone problemi giganteschi al mondo intero, ma noi siamo come Paese nella paralisi perché nessuno vuole fare i conti con il problema istituzionale italiano irrisolto. Perché il governo dimostra di non avere polso restando imbrigliato nella rete dei ras regionali con un commissario all’emergenza inadeguato e una macchina pubblica dell’altro mondo. Perché l’opposizione sovranista che governa due terzi del Paese con i suoi boss regionali non chiede loro conto di niente e soffia invece sul fuoco della polemica politica con il governo senza pudore e senza consapevolezza. Siamo alla Grande Depressione mondiale e al nuovo ’29 italiano. Rischiamo un risveglio accompagnato da debiti e miserie se non riusciamo a neutralizzare lo strapotere dei padroncini regionali. Si può farlo recuperando una coesione nazionale che trovi una sua regia centrale e metta insieme maggioranza e opposizione finalmente al servizio dell’interesse generale. Altrimenti si dovrà pagare lo scotto di un’emergenza mal gestita e chiedere aiuto all’Europa affidando alle sue regole e ai suoi uomini la gestione dei programmi di sviluppo italiano. L’importante è impedire che la rete di potere dei venti staterelli ci metta le mani. Altrimenti la riunificazione infrastrutturale e sociale del Paese non arriverà mai.


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