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Palazzo Chigi, sede del Governo

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Roma “manda” i prefetti. Urlano Capi e Capetti delle Regioni. Quasi che i prefetti non siano i rappresentanti dello Stato nei loro capoluoghi di provincia per la semplice ragione che loro da tempo non riconoscono quello Stato. Che deve invece fare con i prefetti l’esatto opposto di quello che hanno fatto loro nel trasporto locale. Che cosa c’entra Zaia con il piano italiano del Recovery Fund?

Vogliamo lasciare al Governo almeno la gestione di questo nuovo piano Marshall europeo dove i soldi arrivano se siamo capaci di fare quei grandi progetti condivisi che riunifichino l’Italia nella scuola, nella sanità e nelle grandi reti della banda larga, delle ferrovie e della portualità?

Lesa maestà. Roma “manda” i prefetti. Urlano Capi e Capetti delle Regioni (LEGGI). Quasi che i prefetti stiano di ufficio a Roma e non nelle loro città. Quasi che i prefetti non siano i rappresentanti dello Stato nei loro capoluoghi di provincia per la semplice ragione che loro da tempo non riconoscono quello Stato.

Perfino il Capo della foraggiatissima Regione Valle d’Aosta – 89,9 euro pro capite di investimenti fissi nella sanità contro i 15,9 della Calabria e i 22,6 della Campania, tutti pagati dal bilancio pubblico nazionale – si muove da Capo di Stato ombra della Repubblica valdostana e non riconosce il Capo dello Stato della Repubblica italiana che garantisce attraverso i prefetti la sicurezza sul territorio e l’ordine pubblico. Come se il Covid 19 non viaggiasse sui mezzi di trasporto locale e la riapertura delle scuole in sicurezza non fosse un punto nevralgico dell’interesse nazionale. Come se non fosse quello stesso Stato della Repubblica italiana trattato come uno scendiletto o un bancomat a seconda dei giorni a finanziare i trasporti, la scuola, gli ospedali delle loro Regioni.

Parliamoci chiaro. Il peggiore federalismo del mondo, che è quello regionalista italiano della irresponsabilità, si è preso la cassa e non la molla più. Vi rendete conto che questi Capi e Capetti sono gli stessi che hanno preteso che le metropolitane, i treni locali e i tram viaggiassero all’80% e non al 50% come i treni a alta velocità molto più igienizzati dei loro mezzi e che lo Stato italiano pagasse in moneta contante e anticipata il restante 20%? Morale: metropolitane & c. hanno viaggiato al 100% e loro, i Capetti delle Regioni, hanno fatto il pieno di incassi e ci hanno fatto anche la cresta del 20% salvo scoprire che hanno fatto chiudere quasi ovunque le scuole perché in aula il contagio non circola ma su pullman e metropolitane viaggia alla grande.

Neppure l’inadeguatezza assoluta del commissario per l’emergenza, Domenico Arcuri, le divisioni della maggioranza e lo scontro permanente del governo, possono consentire a questi Capi e Capetti di contestare l’istituzione di un tavolo con tutti i soggetti coinvolti e di affidarne la guida al prefetto per coordinare orari e regolamentare i flussi del trasporto locale. Per fare, insomma, l’esatto opposto di quello che hanno fatto i Capi delle Regioni nella seconda ondata grazie a un ministro della Salute accomodante e fazioso. Francamente con mille morti al giorno questo coro cacofonico a più voci – Toti, Fontana, Fedriga, Bonaccini, il più moderato nei toni il più duro di tutti nella sostanza – non lo sopportiamo più neppure quando le voci cacofoniche potrebbero avere ragione.

Perché è ovvio che fissare le stesse regole per il Comune di Roma e per un Comune di tremila abitanti è semplicemente una stupidaggine. Diamo per scontato che queste storture verranno corrette con il buon senso e siamo certi che a evitarle sarebbe bastato un dialogo fisiologico tra Governo e Regioni, risparmiandoci almeno per un giorno le solite parole in libertà dei soliti Capi di Stato ombra che si fanno belli con i soldi degli altri e hanno il vizio odioso di volere scaricare sempre sul governo centrale tutte le decisioni più impopolari.

La verità è che siamo a un punto di non ritorno e che questa crisi istituzionale italiana permanente viene prima del Covid e rischia addirittura di aggravarsi dopo. Nonostante che tutti abbiano capito che le distorsioni di questo sistema sono la causa prima della crisi competitiva italiana e dell’aumento senza precedenti delle sue diseguaglianze interne. Ma vi pare possibile che un Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, che peraltro ha bene operato nella gestione dell’emergenza sanitaria, si faccia il suo piano di Recovery Fund? Che lo faccia insaccando in un bustone da 25 miliardi tutto quello che era possibile insaccare perfino l’idrovia Padova-Venezia che ha ingoiato dal 1955, che è la data del suo primo progetto, fino a oggi decine di milioni per fare pezzi scollegati di canali, ponti e manufatti obsoleti? Ma è possibile che nessuno abbia la forza di dire: che cosa c’entra Zaia con il piano italiano del Recovery Fund? Vogliamo lasciare al Governo almeno la gestione di questo nuovo piano Marshall europeo dove i soldi arrivano se siamo capaci di fare le cose e se quelle cose rispettano l’obiettivo europeo di pochi, grandi progetti condivisi che riunifichino l’Italia nella scuola, nella sanità e nelle grandi reti della banda larga, delle ferrovie e della portualità?

Ci sarà qualcuno in grado di dire a Zaia che non c’è nessuna possibilità di finanziare le sue incompiute con i soldi europei del nuovo piano Next Generation Eu? Se la politica esiste batta un colpo e dica che gli 80 miliardi a fondo perduto andranno tutti nel Mezzogiorno per realizzare a tempi di record quelle infrastrutture immateriali e materiali che possono rimettere in carreggiata il Paese tutto, Nord e Sud, e restituire all’Italia la leadership nel Mediterraneo. Questo ci chiede di fare l’Europa, questo è l’interesse assoluto delle due Italie. Se continuiamo con le venti sanità e le venti Italie, e con la miopia dei venti Capetti, non vedremo un euro e usciremo dal novero dei Paesi delle grandi economie industrializzate.


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