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Matteo Renzi con Giuseppe Conte sullo sfondo

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I soldi non li vede nessuno perché nessuno sa spenderli. Potremmo non vederli mai perché non abbiamo capacità esecutive. I portoghesi non hanno la Nasa a Lisbona per fare il loro piano e invece l’hanno fatto e lo fanno circolare. Perché noi non riusciamo a fare neanche ciò che ha fatto il Portogallo? A questo punto o Conte squarcia il velo delle ambiguità e fa propria alla luce del sole l’unica missione politica possibile per il rilancio dell’Italia o i 209 miliardi che nessuno vedrà diventeranno il campo di battaglia delle solite fazioni del Nord e del Sud. Se non riesce Conte in Italia ce ne è uno solo che può riuscirci. Il difficile sarà convincerlo

Qui sta cadendo il tetto di casa e noi continuiamo a lucidare il pavimento. Il problema italiano di oggi è che tutti sentiamo di possedere 209 miliardi e siamo convinti che ce ne è per tutti, parliamo di dodici punti di pil, ma i soldi non li vede nessuno perché nessuno sa spenderli. Sono stati messi a disposizione, ma potremmo non vederli mai perché non abbiamo capacità esecutive. Perché non sappiamo fare le cose. Non vogliamo mancare di rispetto a chicchessia, ma il rimpasto di due ministri o il Conte ter appartengono alla lucidatura del pavimento. Non vogliamo mancare di rispetto a chicchessia, ma il risveglio dello sceriffo De Luca dal lungo soporifero letargo e la corsa scattata per non lasciare a lui la bandiera dei fondi per il Sud del Recovery Plan italiano, appartengono alla lucidatura del pavimento.

Sulle nostre teste piovono i macigni della Pandemia globale che ha portato nelle case il carico di disperazione di sessantamila morti e quelli del nuovo ’29 mondiale che, sotto il placebo della cassa integrazione e di aiuti di ogni tipo tutti a debito, custodisce un carico di morti in economia infinitamente superiore a quello dei morti da Covid 19. Morti in economia che a loro volta si cumulano ai danni pari a una terza guerra mondiale persa lasciati sul campo dalle due grandi crisi finanziaria e dei debiti sovrani.

Il tetto della casa italiana oggi vacilla, ma a noi non è dato sapere chi pensi che cosa perché ciò non accada e, anzi, si applichi concretamente perché la casa cambi arredamento, diventi più larga e spaziosa. Soprattutto diventi più funzionale e coesa. Arrichisca il benessere e la qualità della vita di tutti i suoi inquilini. La verità è che in Italia è esplosa a scoppio ritardato una bomba politica che doveva scoppiare a luglio, non a dicembre. Abbiamo 209 miliardi da gestire, addirittura 80 a fondo perduto, che ci facciamo? È o no la volta buona per dare al Nord un gigantesco piano di Impresa 4.0 e al Sud la riunificazione infrastrutturale immateriale e materiale? È o no la volta buona per mettere a posto la scuola e la sanità del Mezzogiorno? È o no la volta buona per un piano di transizione ambientale che coinvolga l’intero Paese? Che cosa facciamo con il turismo?

L’opportunista Renzi con un argomento giusto mette in difficoltà il temporeggiatore Conte perché dietro il piano secretato, la task force e i super commissari, viene fuori che è saltato il lavoro del confronto politico con la maggioranza di governo e con le opposizioni. Viene fuori che non si è capito che non si può neppure pensare di gestire con quattro amici al bar qualcosa che o cambia la vita degli italiani per i prossimi dieci/venti anni o li condanna da qui a un anno a essere sommersi dai rovesci del cielo monetario perché la casa in cui vivono è sommersa dai debiti e non ha più un tetto.

Fatto sta che questo lavoro per mesi non è avvenuto o, peggio, se avvenuto è stato tenuto nascosto. Altrimenti, prima di pensare di fare una cosa speciale, si sarebbe pensato di coinvolgere le strutture dello Stato e di scegliere lì dentro i migliori.

Si sarebbe piuttosto pensato di trattenere quelli che dal Mef o dallo Sviluppo si sentono abbandonati e lasciano. Perché sono gli stessi che fanno i fenomeni in un altro mondo dove si sentono gratificati e sono meglio retribuiti. Si sarebbe pensato di richiamare da fuori i cervelli migliori e di rimpolpare la squadra esecutiva cambiando se necessario l’allenatore. I portoghesi non hanno la Nasa a Lisbona per fare il loro piano di Recovery Fund e invece lo hanno fatto e lo fanno circolare. Perché noi dobbiamo fare una cosa straordinaria che nessuno conosce e non riusciamo nemmeno a fare quello che ha già fatto il Portogallo?

Capisco che Germania e Olanda stiano avanti, ma l’Italia avrà almeno le strutture dello Stato che valgono come quelle del Portogallo che ha un’economia che è un quinto della nostra? Ma era così difficile, in più di cinque mesi da luglio a oggi, metterci un gruppo di lavoro che coinvolge tutti i ministeri e dire alle Regioni di saltare un turno, andare a confronto in Parlamento con un primo step a metà settembre e poi con un secondo a metà ottobre? Era così difficile pensare che non c’è altra via per stemperare le inevitabili polemiche e ritrovarsi a gennaio con un piano vero e condiviso che può essere davvero attuato? Ora si è intersecato il nodo politico con il nodo economico e con il nodo europeo. Tutti hanno negli occhi gli euro come Paperone aveva i dollari. Che ti viene da chiedere: ma In Italia si è capito che i soldi arriveranno se arriveranno nel 2021, 2022, 2023? E che tolti i primi dieci miliardi a rendiconto non arriva più un soldo e la gran parte arriva temporalmente nella parte finale del programma? Al prossimo che mi viene a dire che non siamo con il cappello in mano, farò presente che non so dove abbiamo questo cappello ma che di sicuro è bucato.

Si era già pensato una volta di esautorare il corpo dello Stato con un intellettuale, di buona formazione e cultura, come Barca. Ne venne fuori un tomo di centinaia di pagine ben curato che era l’esatto opposto di quello che si doveva fare e, cioè, scegliere tre quattro cose non mille tutte bellissime da fare entro tre anni non da discutere per i prossimi trentatré. Ma che cosa abbiamo fatto di grave noi italiani per meritarci una pubblica amministrazione che se non ci fosse la Romania sarebbe l’ultima per conoscenze digitali? Come è possibile che qui in Italia i cittadini che interagiscono digitalmente con l’amministrazione pubblica sono un terzo contro il 90 e passa per cento dei finlandesi? Non sarebbe questa la prima grande riforma per il Mezzogiorno perché riduce gli spazi di arbitrarietà e accorcia i tempi di tutto? Perché non se ne parla e si discute viceversa di cose inutili e screditanti? Perché non si parla mai seriamente che senza un riassetto che restituisca poteri veri a persone capaci al centro sottraendoli ai vassallaggi regionali non si esce dalla palude italiana dove crescono diseguaglianze e assistenzialismo?

Poco più di un anno fa a Foggia, in occasione della inaugurazione di Valoridicarta, l’allora direttore generale della Banca d’Italia oggi membro del Board della Bce, Fabio Panetta, fece un intervento molto documentato sul Mezzogiorno che ebbe molto successo. I nostri lettori lo conoscono bene perché lo pubblicammo integralmente, aveva la forza dei numeri che indicavano il Mezzogiorno come priorità nazionale. Il premier Conte disse pubblicamente di condividerlo in toto, come ha condiviso con più lettere a sua firma i numeri dell’operazione verità lanciata da questo giornale. A questo punto, o Conte squarcia il velo delle ambiguità e fa propria alla luce del sole l’unica missione politica possibile per il rilancio dell’Italia o i 209 miliardi che nessuno vedrà diventeranno il campo di battaglia mediatico politico delle solite fazioni del Nord e del Sud. Se non prenderà lui l’iniziativa politica che non può essere un nuovo manuale Cencelli ma un progetto per l’Italia discusso e condiviso con il massimo possibile del consenso politico verrà un altro al posto suo che ha competenza e visione all’altezza della sfida, che non ha nulla da chiedere e molto da dare. Così in Italia ce ne è uno solo e il difficile sarà convincerlo.

Se non succede né la prima né la seconda ipotesi dopo mesi passati a parlare di soldi che nessuno ha visto e nessuno vedrà, gli italiani scopriranno che il tetto della loro casa non vacilla più. È caduto sulle loro teste.


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