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Mario Draghi impegnato nelle consultazioni con la delegazione di Fratelli d'Italia

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La leadership politica che può affrontare l’oggi e il domani, può fare ripartire l’Italia in casa e restituirle fuori la credibilità perduta, ha un nome e cognome. Si chiama Mario Draghi. Chi vuole ricostruire faccia un passo avanti e godrà in quota parte del dividendo politico della ricostruzione del Paese. Attraverso Draghi l’Italia gioca un ruolo internazionale e questa è la vera seconda gamba del Recovery Plan italiano

L’OGGI dell’Italia è difficile. Il domani lo sarà ancora di più. La leadership politica che può affrontare l’oggi e il domani, può fare ripartire l’Italia in casa e restituirle fuori la credibilità perduta, ha un nome e cognome. Si chiama Mario Draghi. Perché parlo di leadership politica fuori dai “tecnicismi” della politichetta che appartengono al Titanic Italia e sopravvivono ulteriormente sviliti anche nelle prove in corso per costruire un’altra storia?

Perché bisogna smetterla di confondere la politica con la politica partitocratica. Perché gli esercizi spasmodici sulla composizione di un governo che ancora non c’è faranno sorridere quando si avrà contezza delle scelte fatte e se ne verificheranno quantità e qualità. Perché l’archetipo della leadership è colui che porta il popolo dalle cipolle d’Egitto alla terra promessa. Lo promette e lo fa. Perché il leader ricostruisce a partire dalla visione e fa politica vera e se è un tecnico è anche meglio perché siamo al due più x che è quello che serve per farci arrivare non a tre ma a quattro.

Siamo alla nuova ricostruzione esattamente come fu con De Gasperi e serve oggi la sana doppiezza di allora del vecchio Togliatti. Che voleva fare la rivoluzione ma intanto faceva l’accordo con De Gasperi sulle cose che andavano fatte subito e voleva farle perché lui guidava il popolo e gli diceva dove doveva andare, non chiedeva al popolo dove volesse essere portato interpretando le sue esigenze.

Questa è la politica nuova che può disincagliare il Titanic Italia dallo scoglio della deriva educativa, sociale e economica in cui è finito sotto la spinta della crisi pandemica, del populismo e della incompetenza dominanti. Questa è la sfida che abbiamo davanti e che si fa fatica a capire perché le immaturità sono ancora diffuse.

Chi ci legge sa che questo giornale ha sempre sostenuto che l’Italia ha regalato all’Europa due statisti in epoche differenti. Il primo (De Gasperi) fece l’Europa con altri due uomini di confine, Adenauer e Schuman. Il secondo (Draghi) molti anni dopo salvò l’euro e impedì che il progetto europeo dei fondatori cresciuto negli anni improvvisamente naufragasse. Delle due l’una: o questo governo di unità nazionale salverà il Paese che giace privo di sovranità sul cratere del vulcano sociale o chiunque verrà dopo avrà da governare solo macerie in posizione di dipendenza anche formale dall’Europa.

In queste condizioni conviene o no impegnarsi per godere in quota parte del dividendo politico della ricostruzione dell’Italia?

Ancora: sarà Draghi a gestire il G20. Questo avverrà mentre in Europa la Merkel smonta e Macron va in difficoltà per le elezioni.

Attraverso Draghi l’Italia ha una chance enorme per giocare un ruolo internazionale e questa è la vera seconda gamba del Recovery Plan italiano. Perché per la prima volta chi ci governa sarà un interlocutore a cui gli altri chiederanno consiglio, non uno a cui diranno “fai questo se no perdiamo la pazienza”.

Infine, al posto di chiederci che cosa può fare Draghi per il Mezzogiorno e poi plaudire o arrabbiarsi, perché il Mezzogiorno non comincia a chiedersi che cosa il Mezzogiorno può fare per Draghi superando le sue piccole ma diffusissime consorterie?

Perché allora Draghi potrà fare molto di più che non vuol dire solo mettere più soldi, ma metterli al meglio. Su questo punto ci torneremo bene.


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