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Matteo Salvini insieme ai presidenti di Regione Calabria e Sicilia, Nino Spirlì e Nello Musumeci

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Il leader della Lega, Salvini, ha deciso di sventolare la bandiera degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno con Ponte sullo Stretto, Gioia Tauro e Taranto in grande evidenza. Siamo ovviamente d’accordo e lo abbiamo intervistato perché ne rimanga una traccia scritta compiuta. Lo incoraggiamo a andare avanti, ma lo avvertiamo: non si permetta di scherzare sul Sud. Il teatrino italiano della politica invece non ha nessuna possibilità di chiudere i battenti perché anche quando gli attori protagonisti dei partiti vogliono scendere dal palco, c’è una compagnia
di giro che lavora nel retropalco del talk che da mattina a sera impegna tutte le sue energie per riportarli sul palco

IL TEATRINO italiano della politica non ha nessuna possibilità di chiudere i battenti perché anche quando gli attori protagonisti dei partiti vogliono scendere da quel palco, c’è una compagnia di giro che lavora nel retropalco del talk permanente italiano che da mattina a sera impegna tutte le sue energie chiacchierologiche per riportare attori proganisti e comparse su quel palco dal quale sembrano volere scendere.

Siamo al solito copione quotidiano del nulla basato su rose rosse da inviare al politico di turno o di giardini da invidiare o su quel gioco delle parti per cui si scambiano i nomi di ministri e di direttori di giornali attribuendo all’uno o all’altro di tutto di più purché l’effimero e il politichese vincano sempre su tutto.

Senza la cronica leggerezza di cambiare nome al governatore della Bundesbank o di chiunque abbia avuto un ruolo e senza la pratica quotidiana di confondere posizioni e fatti con opinioni e pettegolezzi ovviamente nel silenzio complice di tutti, il talk italiano non esisterebbe perché il Titanic Italia resiste a tutto e a tutti.

Volessimo una volta occuparci del perché questo Paese non è capace di fare leggi composte, finite, che non hanno bisogno di decreti attuativi per cui sono immediatamente esecutive come avviene in tutti i Paesi più avanzati? Volessimo occuparci del perché i ristori sono promessi, ma poi non arrivano? Che cosa vuol dire azzerare turismo, trasporti e commercio in un Paese come l’Italia? Volessimo almeno porci l’interrogativo che gestire il nuovo 29 mondiale con una crescita del 6% è una cosa, ma doverlo fare come nel caso nostro con una crescita forse del 3% e qualcosa è tutta un’altra terribile storia? Volessimo parlare di riforma della pubblica amministrazione e della giustizia civile con qualche parolina in più della vuota enunciazione per capire di che cosa davvero si tratta?

Siamo pazzi, per carità, il gioco di società della compagnia di giro che balla e canta intorno all’orlo di un cratere sociale che può mandare in fumo il lavoro di cinque milioni di persone, condannare per sempre alla sotto povertà 20 milioni di cittadini italiani e alla colonizzazione franco-tedesca le imprese del Nord, non consente approfondimenti sgradevoli.

Siamo l’unico Paese europeo a non avere raggiunto i livelli pre-crisi del 2008 non del 2019, ma in compenso siamo gli ultimi insieme con la Grecia nelle previsioni di crescita della Commissione europea per il 2021 e il 2022. Nessuno scommette un euro su di noi, sul fatto che a quella data avremo raggiunto almeno i livelli del 2019, ancorché siano ancora sotto quelli del 2008.

La fiducia dei mercati su Draghi, di cui anche oggi hanno tratto giovamento i titoli sovrani italiani, resisterà nel medio termine se la sua azione di governo sarà capace di invertire bruscamente la rotta del ventennale declino italiano.

Per fare questo bisogna tenere in vita le imprese sane del Nord aiutandole nel capitale e nel finanziamento della ricerca e della crescita dimensionale, ma senza rifare il solito sacco assistenziale per cui imprese decotte da tempo vengono tenute in vita con l’aiuto mascherato di Stato tipo Cdp equity o con i mille rivoli assistenziali fatti affluire ai loro cari da questo o quello dei carrozzoni regionali che spendono e spandono con i soldi sottratti alla spesa pubblica per investimenti produttivi nel Mezzogiorno. Una scelta di miope egoismo che non è più tollerabile e che mette a rischio la coesione sociale del Paese.

Soprattutto ora che l’aiuto a fondo perduto del Next Generation Eu consente di perseguire la riunificazione infrastrutturale immateriale e materiale delle due Italie senza gravare sulle tasche dei contribuenti più ricchi. Per questo ascolteremo oggi con molta attenzione il discorso programmatico del Presidente Draghi e presteremo particolare attenzione al tema chiave della coesione sociale.

Nel frattempo prendiamo atto che il leader della Lega, Salvini, dopo avere fatto marcia indietro sull’antieuropeismo, ha deciso di sventolare la bandiera degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno con Ponte sullo Stretto, Gioia Tauro e Taranto in grande evidenza. Siamo ovviamente d’accordo e lo abbiamo intervistato perché ne rimanesse una traccia scritta compiuta. Lo incoraggiamo a andare avanti. Vogliamo, però, dirgli con chiarezza due cose. Primo. Fa male a scherzare con l’euro (“di irreversibile c’è solo la morte”) perché l’europeismo non si fa a giorni alterni, ma non si permetta di scherzare con il Sud. Perché qui le parole che pronuncia devono essere scolpite nella pietra.

Non è più tempo di propaganda, ma di fatti. Nessuno può tollerare oltre ambiguità e giochetti. Il progetto Paese o tiene insieme i pezzi o non esiste.


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