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L'aula della Camera dei Deputati

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Abbiamo un governo che fa le cose e che rispetta il cronoprogramma di impegni assunti con l’Europa. Che dialoga e trova sempre un punto di incontro con le parti sociali. Che si occupa con metodo di capitale umano e di lavoro. Che pone il riequilibrio territoriale come prima delle disparità da colmare. Ma c’è anche un dibattito malato della pubblica opinione che ha generato il paradigma malato della politica italiana degli ultimi venti anni che non si ferma davanti a nulla. Che addenta con voracità qualunque pietanza la politica del nulla riesce ad apparecchiare per imbandire la solita tavola del retrobottega della politica italiana

C’è un Paese reale che prende coscienza dei problemi. Che afferra lo sforzo di ricominciare. Che percepisce lo spirito della Nuova Ricostruzione perché il nuovo ’29 mondiale ha acuito le diseguaglianze e ha prodotto danni superiori a quelli cumulati delle due Grandi Crisi internazionali.

Il morso del disagio sociale addenta strati sempre più larghi della popolazione e mette a nudo quelle disparità di contesto sociale e di vita che vengono ancora prima delle disparità economiche generali e di reddito personale. Soprattutto nelle fasce più deboli si percepisce che l’agenda del fare è oggi l’unica possibile perché le macerie ventennali da cui bisogna risollevarsi sono diventate con la pandemia un muro che schiaccia tutto.

In questo scenario complicato abbiamo un governo che fa le cose e che rispetta in modo ossessivo il cronoprogramma di impegni assunti con l’Europa. Che dialoga e trova sempre un punto di incontro con le parti sociali. Che si occupa con metodo di capitale umano e di lavoro a partire dai nuovi lavori. Che non concepisce un solo giorno di ritardo nella scaletta concordata di riforme strutturali mettendo al centro di tutto il funzionamento della macchina esecutiva per la ripresa degli investimenti pubblici. Che persegue un disegno complessivo riformatore che pone il riequilibrio territoriale come prima delle disparità da colmare.

A fronte di tutto ciò, c’è un dibattito malato della pubblica opinione che ha generato il paradigma malato della politica italiana degli ultimi venti anni che non si ferma davanti a nulla. Che addenta con voracità qualunque pietanza la politica del nulla riesce ad apparecchiare per imbandire la solita tavola del retrobottega della politica italiana. Dove tutto diventa puro esercizio di potere correntizio o di schieramento e nulla sopravvive dei contenuti sociali e civili che appartengono ai bisogni delle persone negli anni del nuovo ’29 mondiale.

Tornano a tuffarsi con la passione di prima nella piscina dei Cinque Stelle diventata la piscina dei cinque strilli tra una bracciata e l’altra nell’acqua del nulla dove elevati, più presunti che reali, e figuranti non intendono uscire dal mondo contorto dell’irrealtà in cui si sono abbeverati prima e seconda fila della loro squadra politica.

Diciamocelo chiaro. Non ci possiamo più permettere che questa agenda del nulla occupi il dibattito della pubblica opinione perché con il nuovo ’29 mondiale è cambiato tutto. Aprire i cantieri non a parole. Aprire le scuole in estate nel Mezzogiorno che soffre di più. Investire come non si è mai fatto prima nel capitale umano e nella ricerca.

Agire in modo organizzato perché la ripresa economica non sia un rimbalzo effervescente, ma l’inizio di una crescita strutturale dove si mettono alla prova la nostra capacità di progettazione e di esecuzione. Questi, non altri, sono i temi veri del dibattito della pubblica opinione dei nostri giorni terribili.

Perché gestire bene l’emergenza sociale usando al massimo tutti gli ammortizzatori possibili e rinviando le cartelle fiscali non fa ripartire il Paese se il nuovo metodo Draghi non diventa motore di azione collettiva perseguendo nei fatti non il ritorno all’Italia di prima della crescita zero ma a quella del miracolo economico della prima ricostruzione.

La carta estrema Draghi ha ridato all’Italia una reputazione internazionale smarrita da tempo, ma questa reputazione si dovrà nutrire di risultati e cambiamenti riscontrabili in casa. Non ci possiamo permettere di tornare al dibattito malato di prima perché la febbriciattola del nulla che ha fatto dell’Italia il grande malato d’Europa oggi produrrebbe una pleurite non curabile. Aiutiamo piuttosto l’emancipazione dal mondo dell’irrealtà di un movimentismo che ha venduto sogni e fabbricato disastri. Cerchiamo di non farci riconoscere.


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