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La sfida centrale è accelerare a passo di carica su rendicontazione, nuova governance, individuazione per tempo delle criticità del Pnrr. Siamo più indietro sulla università e sulla transizione ecologica. Siamo più avanti sulla scuola. Le gare del Ministero delle Infrastrutture e delle mobilità vanno rifatte. Bene la norma sul progetto idrico ma serve che Cdp non giochi a nascondino con la burocrazia. Questa sfida si vince oggi ma è il principale trofeo elettorale che le forze responsabili della coalizione di governo potranno esibire domani alle politiche. Altro che distinguo leghisti su scuola in presenza e economia ripaerta con vaccini e green pass.

IL CUORE della sfida politica di questo Paese sono i 45 obiettivi e target del Piano nazionale di ripresa e di resilienza da raggiungere nei primi sei mesi dell’anno e gli altri 55 da conseguire nel secondo semestre. Non solo perché sono in gioco 24,1 miliardi più 21,8 che cumulati fanno   45, 9 miliardi in un anno. Ancora di più lo sono perché si avrà la prova se questo Paese è riuscito in un tempo ragionevolmente ristretto a diventare un Paese capace di aggiudicare le gare.

Siamo più indietro sulla università e sulla transizione ecologica. Siamo più avanti sulla scuola. Le gare del ministero delle Infrastrutture e delle mobilità rischiano di andare deserte e devono velocemente integrare gli stanziamenti perché fare l’opera oggi costa più di ieri a causa dell’inflazione e dei rincari di tutta la gamma delle materie prime. È stata fatta la norma sulle aggregazioni per gestire il progetto idrico che per il Mezzogiorno è semplicemente strategico. Dietro queste cifre e dietro questi capitoli ci sono il futuro del Paese e il segno fisico del progetto di riunificazione infrastrutturale delle due Italie: la banda larga ultra-veloce, gli investimenti ferroviari a alta velocità, l’idrogeno, le piattaforme web per la cultura e i progetti ambientali.  

Se avremo vinto o meno la sfida lo capiremo nel 2023 quando dopo venti anni di fermo assoluto il Paese dovrà dimostrare di essere capace di aprire il cantiere Italia. Perché non valgono quelli già in corso d’opera della seconda metà del 2022? Perché si rianimano e sveltiscono procedure in corso, fatto importante certo, ma non è la svolta. Perché parliamo di prova del fuoco nel 2023?

Perché Regioni e Comuni si presenteranno nudi all’appuntamento con la storia nel senso che non potranno continuare a dire “decidiamo noi” anche quando i soldi non sono loro e non hanno alcuna voce in capitolo, ma dovranno viceversa dimostrare di avere superato tutti gli esami e di avere aperto i cantieri secondo il cronoprogramma concordato. Oggi non sarebbero in grado di farlo. Questa è la sfida centrale della politica di oggi da vincere affinché il Piano nazionale di ripresa e di resilienza della nuova Europa solidale si traduca in qualcosa che consenta di centrare il suo primo obiettivo strategico che è la riduzione delle disparità territoriali italiane. Questa sfida si vince oggi accelerando a passo di carica su rendicontazione, nuova governance, individuazione per tempo delle criticità adottando in modo condiviso il metodo Draghi.

Questa sfida si vince oggi ma è il principale trofeo elettorale che forze politiche responsabili della coalizione di governo potranno  esibire domani.  Oggi si mette fieno in cascina e alle elezioni politiche che sono il domani ci sarà il raccolto politico. Basterebbe questo elementare ragionamento perché la Lega  la smetta di giocare ai distinguo su una scuola che riduce le quarantene e lo studio a distanza nelle scuole italiane scommettendo su esami seri che impegnano e preservano il futuro dei nostri giovani. Siamo mediamente all’80% di presenze in aula contro tutti i gufi del rumore nel quale sguazzano tutti quelli che di quel rumore vivono e lucrano. Che pena questi presidi che inseguono le logiche dei collettivi studenteschi dalla riapertura delle scuole in presenza a una valutazione completa! Che pena questi atteggiamenti corporativi che allargano il solco delle diseguaglianze.

Anche di questo i partiti della coalizione di governo dovrebbero menare vanto facendo muro contro una deriva mediatica populista/sovranista non più tollerabile. Bisogna credere nei target e negli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e di resilienza quando ci chiede di introdurre un merito reale nelle carriere dei docenti come in quelle dei dipendenti della pubblica amministrazione. Decidere oggi anche qui di cambiare significa investire sul futuro del Paese e sul recupero di dignità della politica italiana.

Non si possono avere tentennamenti. Né sulla strada delle riforme né su quella della riapertura in sicurezza che è alla base del tasso di crescita da miracolo economico del 2021. In questa direzione vanno le nuove scelte su aperture e green pass e anche qui sarebbe bene che i distinguo leghisti e grillini sparissero. Sono espressioni di puro masochismo che mettono vento nelle vele dell’unica opposizione che è quella della Meloni e di una Destra che racimola sì il consenso della demagogia ma esce  progressivamente sempre di più dalla storia che conta del Paese. Sull’attuazione del processo riformatore e del Piano di investimenti del Pnrr, sulla lotta alla pandemia nel segno della scienza e delle vaccinazioni che consente di riaprire in sicurezza l’economia e sulla scuola in presenza che costruisce il futuro delle giovani generazioni c’è il triangolo del consenso elettorale di domani dei partiti di oggi.

Speriamo che lo capiscano perché non ci saranno prove d’appello per la Nuova Ricostruzione italiana. Questa è l’ultima. Questa è la ragione per cui l’Europa e i mercati hanno tirato un sospiro di sollievo quando hanno visto preservata la stabilità istituzionale italiana. Sono consapevoli anche loro che non ci saranno altre prove d’appello.


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