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Roberto Gualtieri

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Ultima chiamata per l’Italia. La situazione di questi giorni è determinata da una rappresentazione dell’economia lontana dalla verità e da comportamenti che appartengono pericolosamente alla categoria della irrealtà. I dati plausibili parlano di una riduzione del prodotto interno lordo a due cifre. Negli ultimi due mesi i trasporti sono a meno 95%. A giugno sarà meno 75, poi meno 60. Non prendiamoci in giro: chi dice che a luglio avremo il Pil dell’anno scorso mente sapendo di mentire. I conti si devono fare con due mesi segnati con lo zero, due mesi meno 70, e altri sei mesi meno 50. Turismo uguale ai trasporti. Auto e corollari – petrolio, benzina, consumi esterni – uguale, forse peggio. Anche per l’alimentare arriva presto il giorno della dieta. Spero che le due cifre finali siano con l’uno davanti, ma non c’è certezza.

La domanda è: si rende conto chi siede dietro la scrivania di Quintino Sella della gravità della situazione? La risposta è no perché altrimenti con la cassa di 170 miliardi a saldo zero e, cioè, al netto di titoli in scadenza, garantita dalla Banca Centrale Europea, avrebbe chiuso in uno scantinato i tremebondi funzionari del Tesoro e avrebbe messo un cartello ben esposto sulla porta di ingresso dove si legge “qui si pensa a salvare l’Italia e gli italiani non il vostro stipendio”. La risposta è no perché altrimenti il professore Gualtieri avrebbe infilato 100/150 miliardi di euro nelle tasche degli italiani sotto forma di stipendi e di investimenti e lo avrebbe fatto con contributi a fondo perduto. La risposta è no perché se Gualtieri e chi lo circonda avessero consapevolezza della situazione, avrebbero stretto la mano di congedo a tutti i consulenti – psicologi, sociologi, virologi, economisti, manager globali, così via – e avrebbero chiesto a chi ne capisce di parlare il linguaggio della verità e di sporcarsi le mani per fare ripartire il massimo possibile dell’economia, a partire dalle regioni meridionali, nel massimo di sicurezza possibile.

Bisogna dirlo che siamo a meno venti, che l’economia non salta per qualche mese e poi tutto torna come prima. Bisogna dirlo che o ci muoviamo bene e presto facendo l’elicottero monetario dove ottanta su cento gli euro vanno a destinazione o non rialziamo più la testa. Bisogna sentire Gualtieri e i suoi accoliti che comincino a parlare di turismo, di artigiani, di commercio, di agricoltura, di imprese, di professionisti, di gente in carne e ossa dalla quale dipende lo stato di salute dell’economia italiana, il reddito delle persone fisiche. Senza questa economia e senza questi redditi lo Stato chiude. Perché non hanno ancora inventato un Paese nel mondo in cui lo Stato sopravvive alla morte della sua economia. Perciò, ministro Gualtieri non ha scelta, deve farsi sentire, deve smetterla di giocare al monopoli delle figurine della Pubblica Amministrazione, passando da una società all’altra, senza cacciare mai un euro e accendendo un cerino dietro l’altro sotto la dinamite pura della rivolta sociale che è oggi purtroppo materiale diffuso. Se non si dota all’istante di pompe d’acqua di livello industriale il primo a scottarsi è lei, cosa grave, ma ciò che è ancora più grave a incendiarsi con lei sono le speranze di rinascita di questo Paese.

Il tempo, ministro Gualtieri, è scaduto. Dimostri sul campo di avere consapevolezza del suo ruolo e dica ai burocrati di fare i burocrati. Punto e basta. Sono stati già strapagati con le nomine che hanno avuto nella peggiore infornata di lottizzati nella storia recente dei rinnovi di Cda delle grandi aziende pubbliche. Basta con i mandarini del Tesoro, con i Palermo, con i Tridico perché con questa compagnia di giro lei va a sbattere e noi con lei. Il ministro dell’Economia oggi ha un senso solo se riesce a aiutare le imprese per ripartire che non significa aiutare le banche a trasformare i loro crediti da chirografari in crediti con la tutela dello Stato. Che non significa dopo due mesi fare ancora aspettare per avere la cassa integrazione a chi ci è finito per colpe non sue e senza potere arrotondare. Si faccia sentire con chi ha portato la sede legale in Olanda e si ponga la domanda se è giusto o no dare aiuti a chi è scappato dal suo Paese. Distinguiamo almeno tra i buoni e i cattivi. Chi si è distribuito l’utile economico vuol dire che non ha bisogno di aiuti, se ti sei preso il dividendo mentre tutti ci rinunciano vuol dire che non te la passi male.

Ma quanto crede, ministro Gualtieri, di potere ancora reggere senza dare un euro a nessuno mentre c’è chi minaccia cartelle esattoriali a un Paese sano murato vivo e elargisce agevolazioni ai dipendenti pubblici che stanno a casa e, spesso, non fanno niente? Ovviamente non tutti. Che cosa raccontiamo agli italiani se Arcuri ancora non riesce a trovare le mascherine per quelle che servono davvero non per quelle che ha raccattato più o meno maldestramente? L’Italia può ripartire con i privati che tornano a produrre e a vendere nel mondo per potere pagare gli stipendi pubblici non viceversa. O vi rimettete seriamente a dare a chi li merita salvando il lavoro e la dignità o la partita è finita. Invece state per fare un nuovo decreto in cui volete rimettervi a fare il panettone di Stato o dare ai Benetton i soldi del cura Italia. Noi vogliamo la nuova Iri non la nuova cattiva Iri. Tutti oggi staranno lì a almanaccare sul Mes e sulla nuova Europa. Se ci saranno o no le obbligazioni del piano europeo di rinascita della Commissione. Se la cassa arriverà prima di luglio o dopo. Se sarà a fondo perduto o in prestito e a quali tassi. Sono tutte domande importanti, ma inutili se al primo decreto illiquidità del Tesoro italiano ne seguirà un altro che moltiplica le burocrazie e continua a dare i soldi agli amici degli amici. Non si può più fare (sbagliando) come si faceva prima. Mi perdonerà, ma sono più ottimista per l’Europa che per l’Italia. I soldi della Bce ci sono già e sono tanti, sono il nostro vero ombrello, quelli del piano di rinascita europeo arriveranno e esprimeranno una forza finanziaria comune. In casa non posso che ripetere, per amore della verità non della polemica, che sulla liquidità bisogna girare al contrario la macchina. RI-FATE PRESTO.


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