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La Sala del Consiglio dei Ministri

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Siamo un Paese ostaggio della Sinistra padronale e di un’opposizione sovranista che vivono sulla Luna. Si parlano solo tra di loro, e non ne vogliono sapere di scendere sulla terra. Si è arrivati a un soffio dal far saltare anche il salvataggio della Banca Popolare di Bari. La cassa europea ha fatto girare la testa a tutti ma noi non abbiamo una macchina pubblica in grado di spendere bene gli aiuti europei

I manovratori della maggioranza e dell’opposizione sono al lavoro per sabotare gli Stati Generali dell’Economia. Non ci riusciranno, ma riescono nel frattempo a fare in modo che il ritmo lento che ha segnato l’azione del governo in economia diventi lentissimo. Per chi non ha ancora capito che è seduto sul vulcano della polveriera sociale che sta per esplodere e riesce a essere felice per avere attivato il 6% dei 400 miliardi di garanzie pomposamente annunciate come soldi veri, siamo nella pura ordinaria follia. La consapevolezza che non si è protetta a dovere l’economia perché la macchina pubblica per colpe sue e di sistema non ce la fa e che bisogna intervenire con estrema urgenza Conte ce l’ha, ci domandiamo se molti esponenti del Pd di governo abbiano questa consapevolezza.

Aspettavano Godot Colao, ma con tutto il rispetto Colao ha fatto Colao. Un esercizio accademico da cui ognuno può prendere e dire quello che vuole, c’è il racconto universale che non vede le due Italie e dispensa diligentemente sogni, ma della macchina di cui il Paese ha bisogno urgentissimo, del suo motore, della sua carrozzeria, soprattutto dei suoi autisti, nemmeno l’ombra. Per carità, dovessimo una volta sporcarci le mani con quei cantieri da aprire da ieri e da chiudere domani, dicendo come si fa e chi lo fa! Scenari macro, eloquio normativo, scenario a, b, c…fino alla zeta e poi si ricomincia da a. Proposte, suggerimenti tecnici, che si affiancano alle manovre della vecchia politica, aggiustamenti di potere, scenarietti mutevoli di nuovo governo, di nuovi salvatori della Patria.


Nessuno se ne è accorto, ma si è arrivati a un soffio dal far saltare anche il salvataggio della Banca Popolare di Bari che vuol dire tirarsi dietro nel baratro un bel po’ di Popolari minori del Mezzogiorno e mettere a verbale che venti milioni di persone non hanno più una grande banca che sia espressione dei loro territori. Diciamo le cose come stanno. Se ne è occupata solo la Banca d’Italia, per il resto è rimasta affidata a se stessa. Non c’è stato un politico che si è fatto carico del problema, che si è interrogato su che cosa si potesse fare e si continua a non capire bene chi caccerà i soldi. Si sono sottoscritti piani industriali traballanti che penalizzano aree territoriali strategiche all’ultimo secondo utile e si danno per scontate le autorizzazioni della direzione generale della concorrenza europea che ancora non ci sono, ma riteniamo che arriveranno (almeno ce lo auguriamo) nonostante la politica non abbia fatto nulla perché ciò accadesse. Mister mascherina Arcuri “eletto” azionista della banca, con Invitalia, non ha risposto per settimane neppure al telefono. Avviso ai naviganti. Sull’Unione bancaria e su figli e figliastri l’Europa è sempre la stessa.

Si deve lavorare il triplo per fare ragionare chi prende le decisioni. Sullo Stato imprenditore si banalizzano questioni delicate per cui i tre miliardi dati dal nostro governo all’Alitalia, che sono meno della metà di quelli dati dal governo francese all’Air France, sono uno scandalo, ma non si trova il tempo di fare un piano industriale degno di questo nome e di scegliere un capo azienda finalmente all’altezza. Per non parlare dei cavalieri bianchi dello scalatore francese d’Oltralpe che prova a prendere le chiavi della cassaforte italiana, che sono le Generali, mentre il Tesoro e le sue consorelle bancarie non sono riusciti a cacciare un euro per mettere in sicurezza l’economia reale devastata dalla Pandemia e preparano senza neppure saperlo la più grande crisi sociale mai conosciuta dall’Italia negli ultimi vent’anni segnati per noi da Grandi Crisi entrate nei libri di storia.


Sono tutti impegnati a fare altro. La cassa europea ha fatto girare la testa a tutti, ma quella cassa ancora non c’è, e se ci sarà come è probabile, noi non abbiamo una macchina pubblica in grado di spendere bene gli aiuti europei. Perché i ministeriali del Tesoro con le dovute eccezioni vivono nel secolo scorso, ma quelli degli altri ministeri scalano i secoli all’indietro. Le burocrazie regionali mettono i primi e i secondi in un sacco dove l’economia italiana muore per asfissia. Questo è il problema reale del Paese e le uniche proposte concrete le ha fatte Conte, gli è venuto in mente di chiedere aiuto all’economia reale e vuole per una volta fare i compiti in casa da solo prima che l’Europa ce lo chieda o ci commissari. Se devo fare un Piano che unifica le infrastrutture tra Sud e Nord del Paese e debbo definire singoli progetti che coincidano non con le favole del libro dei sogni, ma con cantieri veri, piani esecutivi veri, tempi di realizzazione veri, forse perdere una settimana a confrontarsi pragmaticamente con chi fabbrica il Pil italiano su una proposta operativa vera non è tempo sprecato, ma il massimo della velocità possibile di chi intende agire con serietà. Fare tutto ciò sotto gli occhi dei massimi vertici europei in una cornice operativa che possa toccare con mano un metodo governativo italiano nuovo dove il presidente del Consiglio – e non singoli ministri piegati agli schemi della vecchia burocrazia che non caccia un euro nemmeno sotto tortura – ha in mano la guida dell’Economia è una scelta che esce dalla trappola del giorno per giorno. Perché garantisce agli osservatori internazionali la visione di insieme di un Progetto Paese finalmente di lungo termine, perché significa assumere il comportamento maturo di chi ha scelto le sue priorità e vuole tradurle in atti di governo. Perché questa scelta viene da chi ha fatto in Europa un lavoro paziente che ha dato i suoi risultati.


Apriti cielo! Arrivano gli strali incrociati di quella popolosa zona grigia di sinistra padronale dove le morali si affollano e si moltiplicano con centri di opinione e di interesse che fanno tutt’uno tra economia e politica. Si risente una classe industriale di élite che di sicuro negli ultimi venti anni ha vissuto in un altro Paese perché ha perso l’industria ma non l’altezzosità di chiedere aiuti e favori come quando almeno aveva l’industria e di dare ovviamente a tutti la patente di incapaci, di incompetenti e, se necessario, di disonesti. Si dileguano ovviamente le opposizioni con le loro anime populiste e sovraniste a dettare la linea. Hanno sputato ogni tipo di saliva su quella Europa che più di ogni altro sta provando a aiutare l’Italia a risollevarsi dai fardelli di un debito-monstre che noi non altri abbiamo contratto proprio per inseguire le spinte assistenzialiste dei populisti di ieri e di oggi. Discettano con la consueta pacatezza su come usare una cassa europea non loro e non ritengono neppure di doversi confrontare con il governo del loro Paese. L’esatto contrario di quanto accade in Spagna e in Portogallo, per citare due nazioni del Sud Europa come noi, che con un’economia molto più piccola e malaticcia della nostra hanno un credito sul mercato che noi ci sogniamo perché siamo un Paese in mano ai manovratori della politica. Che vivono sulla luna, si parlano solo tra di loro, e non ne vogliono sapere di scendere sulla terra. Forse, dovremo salire noi lassù per andarli a prendere e portarli nelle case dell’inferno italiano perché possano vedere con i loro occhi la sofferenza che ignorano. Non è detto che capiscano. Sono troppo presi da se stessi, purtroppo.


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