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Palazzo Chigi

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L’unica idea possibile è quella di riunificare le due Italie facendo le infrastrutture di sviluppo materiali, la rete digitale al Sud e riequilibrando la spesa sociale. Di fronte a una sperequazione di 60 e passa miliardi l’anno il Governo ha la responsabilità e il diritto di prendere la media della spesa storica nazionale degli ultimi venti anni e di togliere un po’ a chi ha avuto ingiustamente di più e di dare un po’ a chi ha avuto ingiustamente di meno

Bisogna avere un Progetto Paese. Bisogna avere un’idea, non raccogliere mille vecchie idee spesso ammuffite. L’unica idea possibile è quella di riunificare le due Italie con le infrastrutture materiali e immateriali e riequilibrando la spesa sociale. Non vogliamo giocare con le parole ma come acutamente sottolinea Patrizio Bianchi il Piano di Ricostruzione del Paese non è compatibile con i mille progetti dei mille campanili italiani e l’ascolto dei mille interessi che gratta gratta nascondono sempre un interesse clientelare. Perché in questo genere di interventi siamo specialisti da decenni e hanno prodotto il primato negativo europeo dell’Italia di oggi dove l’assistenzialismo ha vinto ovunque al Sud e al Nord tagliando le gambe alla crescita sana e alla creazione di lavoro di qualità. Perché queste frattaglie che sono la sintesi della più miope casta che la storia italiana abbia conosciuto, i potentati regionali del Nord padroni della spesa pubblica italiana, l’Europa giustamente non ce le finanzierebbe mai. Se si vogliono cambiare le cose oggi si può, ma bisogna capire prima di tutto che non sono possibili mediazioni al ribasso perché sprecare l’ultima occasione possibile per la modernizzazione del Paese significa condannarlo al declassamento e, con un debito pubblico al 160%, si entra nella spirale di una sovranità ridotta a immondizia sui mercati e, quindi, a complicazioni economiche e costi sociali di ogni tipo. Per questo abbiamo detto e ripetiamo che non si scherza più.

A chi si vergogna di parlare di scippo di scuola, ospedali, asili nido e bus, treni e fibra veloce anche nelle file dei meridionalisti di qualità per un irriducibile complesso di inferiorità, vogliamo dire che questo comportamento lede la loro dignità e fa (molto) male al Paese. Con queste mezze verità e questi tatticismi non si va da nessuna parte. Di fronte a una sperequazione di 60 e passa miliardi l’anno il Governo ha la responsabilità e il diritto di prendere la media della spesa storica nazionale degli ultimi venti anni e di togliere un po’ a chi ha avuto ingiustamente di più e di dare un po’ in più ha chi avuto ingiustamente di meno. Dovrebbero essere le Regioni del Nord a proporlo, ma non lo faranno mai perché sono al punto più basso del loro egoismo e non capiscono quanto danno questo egoismo arreca prima di tutto a loro. Se si vuole offrire una mediazione si chieda un utilizzo transitorio dei fondi europei per non comprimere brutalmente i diritti ancorché ingiustamente detenuti delle popolazioni ricche in cambio di un Progetto Paese integralmente produttivo e totalmente attuato nel Mezzogiorno d’Italia facendo finalmente l’alta capacità e velocità ferroviarie, il Ponte sullo Stretto, e mettendo in rete porti e retroporti di Napoli, Bari, Taranto Gioia Tauro, Augusta, Pozzallo.

La rete digitale ha un senso se diventa oggi quello che è stata la nazionalizzazione elettrica nel dopoguerra con il primo centrosinistra. Come allora si portò l’elettricità ovunque e nacquero la grande chimica e la grande siderurgia oggi la fibra veloce deve raggiungere anche il più sperduto comune del Mezzogiorno e deve essere la base della grande logistica, della grande portualità e della rete di intelligenze industriali e universitarie che sono il capitale umano dimenticato del nostro Paese. La strada scelta dal governo per realizzare questo obiettivo imprescindibile è incompatibile con il risultato che si propone di raggiungere. Fa parte di quei compromessi al ribasso che il rischio della Depressione colloca fuori dalla storia. Di questo pasticcio ci siamo già occupati ma torneremo presto a farlo in profondità.


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