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Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in visita alla scuola di Tor Bella Monaca

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Dimostri che anche nel nostro Paese la libertà dal potere di influenza delle lobby si può tradurre in atti di governo e amministrativi cogenti. Si liberi di ministri inadeguati. Guidi il gioco, non lo subisca, perché oggi non si può servire il Paese in difesa. Metta sul piatto il peso della libertà personale perché combattere oggi la battaglia del Mezzogiorno significa combattere la battaglia dell’Italia

BISOGNA mettersi l’animo in pace. I soldi del Recovery Fund sono tanti, ma arrivano dopo e sono legati a una capacità di progettazione e di esecuzione che non abbiamo perché la visione e il coraggio della politica hanno bisogno di un consenso forte se si vuole che la strategia diventi decisione operativa. Saremo l’unico Paese europeo che chiederà e utilizzerà i fondi del Mes non come dice la vulgata perché sono prestiti convenienti e privi di condizionalità, cose assolutamente vere, ma perché siamo con l’acqua alla gola e a differenza degli altri Paesi non possiamo farne a meno.

Tra un’ubriacatura e l’altra bisogna rendersi conto che siamo il grande malato d’Europa e abbiamo anche la sventura di una regia della politica economica che invece di trasferire consapevolezza – è la base di scelte forti di rottura con il passato e di una fiducia piantata su basi solide – indulge a un ottimismo di maniera fuori dalla storia e dalla realtà che aumenta solo l’irritazione di chi è in cassa integrazione e non sa se avrà ancora il suo lavoro o un qualcosa che gli assomiglia. Si procede come se nulla fosse indulgendo alle pressioni di un lobbismo storico italiano, anch’esso fuori dalla realtà che è quella della Grande Depressione mondiale, arrivando al punto di rischiare di perdere la miliardaria dote europea a fondo perduto per fare la rete della fibra in tutto il Paese volendo/dovendo assecondare giochetti di potere intorno alla franco-italo-americana Tim di Bolloré. Che è ciò che resta della grande Stet pubblica che era riuscita a ricostruire l’impero romano nelle telecomunicazioni.

Rendetevi conto in che mani siamo! Se tutto ciò non bastasse dobbiamo poi anche sorbirci le veline di un giornalismo della cosiddetta informazione di qualità che fa da propaganda alla più imbarazzante ministra delle infrastrutture e dei trasporti, Paola De Micheli, che a nostro avviso per inadeguatezza supera la Azzolina, perché continua ostinatamente a sfornare elenchi di opere e addirittura a chiedere commissari per cantieri che non si possono aprire non solo perché in cassa dietro la cortina fumogena ci sono solo poco più di tre miliardi ma perché non sono nelle condizioni di essere cantierabili. A tutto ciò, beffa nella beffa, l’ineffabile ministra riesce a spacciare alla pubblica opinione, grazie alla informazione che la diffonde, questa mercanzia avariata con la perfidia finale di dire che oltre il 50% di queste opere è al Sud. Quando è noto che il pochissimo cantierabile è pressoché tutto al Nord. Lo abbiamo detto ieri, lo ripetiamo oggi, domenica di voto.

Non comprendiamo così tanto rumore per una tornata elettorale referendaria e un voto amministrativo che coinvolge sette Regioni e un po’ di Comuni capoluoghi di provincia e non. Crediamo che le priorità siano altre, quelle di cui abbiamo parlato sopra. Nel caso del referendum non si vota nessuna riforma ma un taglio di parlamentari con inesistente beneficio sui conti pubblici.

Non si parla di razionalizzare il lavoro delle camere, di abolire un senato fotocopia, o di migliorare i meccanismi di selezione della classe politica. Si accresce piuttosto il ruolo dei parlamentini regionali che con meno rappresentanze nazionali diventano ancora più centrali. Cosa che ci fa letteralmente tremare perché la caduta competitiva del Paese, la condanna del Sud al sottosviluppo, coincidono con lo strapotere delle Regioni del Nord e con l’inefficienza delle Regioni del Sud. L’unico dato politico generale rilevante riguarda il voto in Toscana. La rottura si ha se la Destra espugna la regione rossa da sempre. Anche se la prevalenza amministrativa della Destra si farà comunque sentire.

A maggior ragione non ci resta che dire chiaro e tondo al Presidente Conte che la stagione dell’arbitro mediatore è finita per sempre. Chi legge superficialmente le cose potrà dire che a spazzarla via sarà l’eventuale risultato marcatamente favorevole alla Destra della doppia tornata elettorale. Chi non ha perso il contatto con la realtà e constata che la scuola ha riaperto i battenti in tutta Italia ma non al Sud, sa che non è così. Chi conosce la profondità del declino del Nord dovuto al saccheggio di spesa pubblica operato ai danni di un Mezzogiorno condannato per questa scelta miope dei potentati regionali del Nord e per sue precise responsabilità al sottosviluppo, non può non pensarla diversamente.

La verità è che l’Italia non si può permettere di tornare nel tunnel parolaio sovranista con un’Europa che ha cambiato registro e vuole darci una mano a ogni costo. L’Italia deve avere la consapevolezza che è la somma dei due unici territori europei, Nord e Sud del Paese, che non hanno raggiunto i livelli pre-crisi già prima del Covid. Il regionalismo dei ricchi, una giustizia ingiusta e infinita, una macchina pubblica centrale e regionale che appartiene più a Bisanzio che al mondo nuovo, ci hanno ridotto così.

L’Europa non c’entra, la colpa è solo nostra. Delle nostre ipocrisie e delle nostre incapacità. Presidente Conte, all’Italia serve un governo che decide e un Capo del governo che attui la coerenza meridionalista del trentino De Gasperi del Dopoguerra rompendo con le logiche di interesse delle lobby e con un metodo di mediazione che non è più compatibile con l’urgenza dei problemi da risolvere. Ha dimostrato in Europa di essere un grande mediatore e il risultato c’è stato. Dimostri in Italia che la libertà dal potere di influenza delle lobby che gli appartiene si può tradurre in atti di governo e amministrativi cogenti. Si liberi di ministri inadeguati e ambigui, ci creda, giocano una partita diversa dalla sua. Metta sul piatto il peso della libertà personale perché combattere oggi la battaglia del Mezzogiorno significa combattere la battaglia dell’Italia. Sono due facce della stessa medaglia. L’Europa lo sa bene e non sa più come farcelo capire.

Il problema lo abbiamo in casa da venti anni in qua. Spenda tutte le sue energie per risolverlo e, se si accorge che non è possibile, lasci lei prima che glielo chiedano o comunichino altri. Guidi il gioco, non lo subisca, perché oggi non si può servire il Paese in difesa. Non è consentito né a lei né a chi eventualmente dovesse prendere il suo posto.


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