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Il ministro dell'Economia Daniele Franco e il premier Mario Draghi

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Sarebbe bello che la mobilitazione della pubblica opinione meridionale portasse a dire: noi siamo qui insieme per fare questa operazione e ti mettiamo a disposizione questo capitale comune, non di questo o di quell’altro. Insomma: butta il seme perché troverai un terreno già dissodato, buttalo con fiducia perché non cadrà nella roccia. Attenzione, però, se non sapremo fare bene i progetti green e se gli enti territoriali si metteranno di traverso, avremo perso il moltiplicatore del più grande progetto organico di sviluppo dell’intero Paese a cui lavora il Governo Draghi. Sprecare l’occasione sarebbe imperdonabile

I soldi pubblici europei che arrivano al Sud pochi, maledetti e tardi pagano i progetti in essere. Con i fondi strutturali i Capi delle Regioni fanno cose che già hanno avviato, lo fanno recuperando cassa su cose loro che fanno partire senza sapere come sostenerle finanziariamente. Fanno un azzardo e lo fanno perché sanno che alla fine quei soldi dall’Europa usciranno perché saranno tirati fuori a fronte di cose che già ci sono e perché altrimenti andrebbero persi. Potremmo quasi dire che c’è qualcosa di perversamente scientifico nel cattivo utilizzo dei fondi strutturali europei perché solo attraverso questa strada tortuosa si possono finanziare i progetti degli amici degli amici.

Discorso a parte, e gravissimo, riguarda ciò che troppe volte è accaduto nel recente passato: è lo spostamento in massa di queste risorse mai aggiuntive e spesso nemmeno sostitutive di quelle ordinarie destinate al Mezzogiorno per dare risposte immediate a altre emergenze nazionali. Si sono, di fatto, presi questi soldi europei per farne la cassa con cui fare fronte a situazioni di crisi reale di altre aree del Paese (emergenza cassa integrazione) o generali di sistema (emergenza austerità) sottraendo risorse alle regioni svantaggiate. Si è perso il capitale per finanziare le infrastrutture di sviluppo e si è smarrita una capacità di progettazione e di attuazione dei buoni progetti.

Dobbiamo, insomma, prendere atto che oltre a un problema grave di allocazione delle risorse c’è un problema altrettanto grave di efficienza nella spesa pubblica. La due giorni di ascolto voluta dalla ministra per il Mezzogiorno, Mara Carfagna, deve misurarsi con questo problema strategico. Serve una centrale di progettazione che permetta di cogliere al massimo l’opportunità storica del Next Generation Eu traducendo la coerenza meridionalista in scelte strategiche e progetti operativi che arrivino a conclusione. Serve rafforzare le strutture tecniche delle amministrazioni meridionali perché il fondo di perequazione infrastrutturale non sia più solo un enunciato di principi. Il fatto che non ci sia una sola associazione che non abbia la sua proposta, a volte anche due o tre, per il piano nazionale di ripresa e di resilienza non è un buon segnale così come non lo è la spasmodica corsa a mettere sempre la propria firma sotto questo o quel progetto e a cercare la strada giusta perché quel progetto firmato da noi avanzi sugli altri.

Siamo sempre al particolare del particolare. Così non si va da nessuna parte. Gli italiani si stanno finalmente rendendo conto che chi oggi ci governa sa di che cosa parla, ha idea di quello che dice. La proposta per nostra fortuna la farà questo governo di emergenza di unità nazionale che sente meno la complicazione politica della diversità perché ogni partito ha sempre una sua diversità da vendersi per fare voti a discapito della proposta generale.

Mi aspetto, quindi, che il governo Draghi faccia la sua parte, come ha già detto solennemente in Parlamento il ministro dell’Economia Daniele Franco, sui grandi progetti strategici che sono l’alta velocità ferroviaria, la rete dei porti commerciali del Mezzogiorno e le zone economiche speciali, il capitale umano, la scuola, la ricerca, la banda larga ultraveloce. Attenzione, però, se non sapremo fare bene i progetti per l’idrogeno, l’ambiente, gli edifici nuovi con adeguati standard energetici, e così via, se gli enti territoriali si metteranno di traverso, vorranno fare altro o non sapranno fare ciò che si deve fare, allora dipenderà solo da noi se avremo perso il moltiplicatore del più grande progetto organico di sviluppo dell’intero Paese.

A questo appuntamento, dunque, il Sud ci arrivi smettendola di blaterare e dimostrando che è una parte pensante del Paese. Che ti dice e ti spiega in modo razionale quali potenzialità esprime per l’Italia, non per il solo Sud. Che non si ripresenta con il suo solito cahier de doleance perché in questo caso potrebbe al massimo aspirare alle attenzioni di un governo pietoso. Sarebbe bello viceversa che la mobilitazione della pubblica opinione portasse a dire: noi siamo qui insieme per fare questa operazione e ti mettiamo a disposizione questo capitale comune, non di questo o di quell’altro. Insomma: butta il seme perché troverai un terreno già dissodato, buttalo con fiducia perché non cadrà nella roccia. Questa è la battaglia civile e culturale per cui è nato questo giornale e per cui intende continuare a combattere. Sprecare l’occasione del governo Draghi sarebbe imperdonabile.


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