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La sostanza è che la rete della banda larga deve avere il suo controllo in Italia attraverso Cdp e che deve potere fare con il massimo di efficienza tutti gli investimenti per riunificare le due Italie e permettere all’Italia tutta insieme di fare un grande salto in avanti. L’opportunità c’è se è vero che la priorità assoluta è fare una Newco tipo Terna per avere la rete unica. Qui Kkr, a differenza dei francesi, potrebbe facilitare il taglio della fettina più grossa riconvertendo attraverso vari passaggi societari il 10% di Tim in mano a Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) mettendo insieme Open Fiber, ex Enel, di cui Cdp è già azionista di maggioranza, e Fibercop di cui Tim conferisce l’ultimo miglio e che ha già dentro Kkr e Fastweb. Bisogna, però, che in tutti questi passaggi la visione industriale prevalga su quella finanziaria

Visto che siamo ridotti come siamo ridotti per la nostra Tim, ex Telecom, erede molto decaduta della vecchia STET che da Roma imperava nelle telecomunicazioni del mondo, preferisco gli americani di Kkr alla Vivendi del pirata francese Bolloré. Che è un signore che sullo stomaco non ha i peli ma la moquette, definizione di Hollande, che litiga con i suoi manager, che litiga con Mediaset, che rappresenta ciò che esiste al mondo di più distante dall’interesse italiano.

Questi americani, però, pur essendo tra i migliori nel loro campo restano un Fondo di private equity che per mestiere entra nelle aziende, le ristruttura e poi le rivende. Potremmo definirlo “sliding doors” e, cioè, porte girevoli. Nessun incumbent europeo gestore nazionale ha un Fondo di questo tipo come azionista di maggioranza che per sua natura entra in un modo e vuole uscirne in un altro e che tendenzialmente dovrà fare il salame a fette, per rivenderle una a una e arricchirsi. C’è da giurarci, però, che Kkr farà scuola in Europa e nel mondo e, cioè, che altri Fondi seguiranno il suo esempio.

Questa anomalia che diventerà presto la normalità può offrire all’Italia un’opportunità e porta con sé un rischio. L’opportunità nasce dal fatto che se è vero che la priorità assoluta è fare una Newco tipo Terna per avere la rete unica qui Kkr, a differenza dei francesi, potrebbe facilitare il taglio della fettina più grossa riconvertendo attraverso vari passaggi societari il 10% di Tim in mano a Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) e mettendo insieme Open Fiber, ex Enel, di cui Cdp è già azionista di maggioranza, e Fibercop di cui Tim conferisce l’ultimo miglio e che ha già dentro Kkr e Fastweb. Per questo giornale porre le condizioni affinché la rete della banda larga ultraveloce si faccia e corra come non è mai accaduto partendo dal Mezzogiorno e sfruttando la cassa del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) è la scelta strategica più rilevante che richiede il massimo di vigilanza. Questa opportunità è ovviamente legata a una scelta di tipo danese dove gestori e rete sono nettamente separati.

Il rischio è un altro ed è legato all’idea di chi sostiene che la rete telefonica non può essere scissa dall’incumbent e, cioè, dal primo gestore perché mentre la rete di Terna è una rete in cui passano solo elettroni in quella telefonica come nella rete ferroviaria c’è un’intelligenza diffusa di cui tenere conto. Anche quando la rete l’hanno separata sul piano societario è rimasta sempre collegata alle Ferrovie dello Stato. A maggior ragione per le telecomunicazioni c’è una intelligenza diffusa che non può essere tolta dal corpo che la contiene, si può fare una società diversa ma sempre sotto Tim, ex Telecom.

A questo punto, ecco il rischio, se sempre qui dobbiamo arrivare c’è la possibilità concreta che Kkr faccia pagare a Cdp tutte le fettine che è riuscita nel frattempo a fare e a valorizzare sul mercato e che quindi quello che oggi la stessa Cdp potrebbe comprare a poco domani dovrà pagare a peso d’oro. Questo è il rischio da scongiurare secondo chi sostiene questa tesi. Che, però, ignora che cdp è già dentro con il 10% di Tim tutta insieme e che, quindi, una separazione societaria non proporzionale (cdp converte solo nella parte infrastrutturale) renderebbe più agevole una fusione con Open Fiber e condurrebbe cdp a essere l’azionista di controllo della rete. Pertanto la sua quota non perderebbe valore strategico.

Gubitosi è l’amministratore delegato di Tim e vuole il mandato a trattare con gli americani,ma il cda non glielo vuole dare. I francesi azionsti al 24% di Tim vogliono dare il mandato a un comitato di tre consiglieri e Gubitosi obietta giustamente che senza l’ad quel comitato non vale niente, ma i francesi ribattono “tu non hai la nostra fiducia” e, di fatto, gli rimproverano di avere sottaciuto degli americani. La sostanza, però, è un’altra. La sostanza è che la rete della banda larga deve avere il suo controllo in Italia attraverso Cdp e che deve potere fare con il massimo di efficienza tutti gli investimenti per riunificare le due Italie e far fare all’Italia tutta insieme un grande salto in avanti. Su questo governo e Tesoro hanno una grande responsabilità perché ciò, non altro, è l’interesse strategico italiano sul quale loro devono vigilare. Bisogna che la visione industriale prevalga su quella finanziaria.


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