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Cinque stelle al lumicino, Salvini fermato. In un solo colpo l’onda populista e sovranista si infrange sullo scoglio romagnolo-calabrese. Il brindisi dei mercati ai nostri titoli di Stato fa le bollicine: lo spread va subito giù di 18/20 punti fino a 138, poi risale un pochino, ma il riprezzamento del rischio Italia è avvenuto. Goldman Sachs prevede che scenderemo a 120, altri si spingono fino a quota 100, usciamo insomma lentamente dai livelli dei titoli di Stato greci. Il brindisi immediato dei mercati alla doppia caduta politica ci fa capire quanto pesino sulle nostre aziende e sui nostri figli demagogia, velleitarismo e incompetenza elevati a regola di azione politica. Non c’è nessun motivo se non il rischio “gialloverde” perché gli investitori continuino a valutare i nostri titoli sovrani più rischiosi di quelli portoghesi e spagnoli. Questa è la realtà e, per la nostra economia, non sono piccolezze.

Ciò nonostante c’è un altro doppio no al populismo e al sovranismo che ai nostri occhi è decisamente più importante perché a esprimerlo è la comunità meridionale calabrese e indica finalmente una prospettiva di crescita almeno più consapevole. Il Movimento 5 stelle non raggiunge in Calabria nemmeno il quorum necessario per avere anche un solo rappresentante in Consiglio regionale, la beffa dopo l’umiliazione visto che si partiva appena un paio di anni fa da consensi nettamente oltre il 40%. Una bocciatura più clamorosa alla politica dell’elemosina sociale del reddito di cittadinanza pentastellato dai cittadini della regione più bisognosa non poteva esserci. Ha avuto un numero di voti inferiori al numero dei percettori della misura di bandiera del movimento. La Lega di Salvini ha una buona affermazione e quattro rappresentanti in Consiglio regionale, ma è il secondo partito della coalizione dopo Forza Italia e, addirittura, vale malcontato un terzo dei consensi ricevuti dalla neopresidente, Jole Santelli, direttamente con i voti
di partito e con le liste ad essa collegate che sono espressione dell’area centrista e moderata. Dire no nell’urna all’assistenzialismo deteriore di chi riteneva di potere abolire la povertà affacciandosi da un balcone e porre un freno netto a pulsioni sovraniste di impronta nordista sono due segnali che fanno ben sperare.

Soprattutto perché la proposta di Forza Italia, della neogovernatrice Santelli, del vicepresidente Tajani pone finalmente al centro gli investimenti in infrastrutture di sviluppo e il lavoro di qualità per offrire opportunità ai nostri giovani migliori. Questo non è il progetto Calabria, ma il progetto Italia.

Perché come abbiamo cercato di spiegare in tutti i modi solo recuperando una dimensione infrastrutturale e industriale nazionale accettabile l’Italia può uscire dal galleggiamento che condanna Nord e Sud del Paese a essere gli unici territori europei che non hanno raggiunto i livelli pre-crisi del 2008. Può misurarsi con armi importanti nella lotta alla criminalità organizzata che è un cappio stretto al collo dei giovani calabresi e, ahinoi, delle nuove generazioni di molte aree ricche del Paese. Bisogna ripartire da una corretta redistribuzione della spesa pubblica condividendo le operazioni verità lanciate da questo giornale e certificate dalle principali istituzioni economiche, contabili e statistiche della Repubblica italiana. Si deve potere utilizzare l’indebito vantaggio di risorse attribuite al Nord prevalentemente a fini clientelari per fare investimenti produttivi nelle regioni più svantaggiate. Bisogna ottenere le risorse ingiustamente negate e poi dimostrare con i fatti che i soldi mandati al Sud non sono buttati via. La prima condizione è necessaria, ma non sufficiente. C’è molto da lavorare.


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