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Giuseppe Conte durante il suo intervento a Palazzo Madama

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Ha ragione, Presidente Conte, non è un problema di numeri ma di qualità del progetto. Allora, soprattutto se i numeri sono pochi, diciamo le cose come stanno e facciamo le riforme esecutive che servono. Torniamo a ragionare come Paese non come Regioni sempre in guerra tra di loro e con lo Stato. Soprattutto, diciamolo senza vergognarci, che oggi è interesse del Nord come del Sud perseguire con il fondo perduto europeo la riunificazione infrastrutturale immateriale e materiale delle due Italie

Siamo i primi come creatori di debito pubblico in rapporto al prodotto interno lordo nell’eurozona (23,5 punti). Siamo i terz’ultimi come crollo del prodotto interno lordo (peggio di noi Francia e Spagna). Siamo un Paese dove convivono venti milioni di persone con un tasso di disoccupazione allargato pari al triplo degli altri quaranta milioni e un reddito pro capite dei primi che è pari a poco più della metà dei secondi.

Siamo un Paese con un assetto statuale frazionato dove un patto scellerato tra la Sinistra Padronale tosco-emiliana e la Destra lombardo-veneta a trazione leghista ha ridotto la sua economia a essere l’unica in Europa a non avere raggiunto i livelli pre-crisi del 2008 nel Nord come nel Sud. Questo Patto scellerato si è consumato e si consuma in un luogo nascosto della democrazia italiana che è la Conferenza Stato-Regioni dove i diritti di cittadinanza sociale e infrastrutturale sono stati negati per un periodo lunghissimo in uno slancio predatorio di così miope egoismo da minare dalle fondamenta la competitività e la produttività delle due Italie. Siamo per questo, non per altro, il problema dell’Europa.

Per chi volesse capire meglio perché siamo ridotti così consiglio la lettura di Claudio Marincola alle pagine IV e V e di farlo rimanendo ben attaccati alla sedia. Perché apprendere dalle fiamme gialle che la Regione Lombardia non ha attivato neppure il piano pandemico del 2006 che avrebbe consentito di accendere prima i fari sul territorio e che addirittura oggi in piena pandemia anche il nuovo piano è bloccato perché le Regioni bussano a soldi, lascia sgomenti e misura la gravità della (vera) questione istituzionale che l’Italia deve risolvere. Il patto politico fondativo della terza Repubblica o di quel che sarà deve partire da qui, perché qui è morto il Paese e se non si mette a posto questo vulnus porre gli investimenti pubblici produttivi nel Mezzogiorno al centro del Recovery Plan italiano e attuare quella convergenza della nostra economia che perentoriamente l’Europa finanziatrice ci chiede, non sarà mai possibile.

Siamo stati l’unico giornale italiano a dire con chiarezza in tempi non sospetti che l’Europa si preparava a bocciare il nostro piano e che l’inerzia di comando che appartiene ai potentati regionali del Nord ci avrebbe portato a sbattere. È esattamente quello che sta accadendo. Perché dopo due giorni di lunghi coltelli di una “crisi di governo anomala” potremmo dire all’italiana, una classe politica davvero fuori dal mondo voterà tutta insieme (maggioranza e opposizioni) nuovo deficit e nuovo debito, approfittando della bolla monetaria della Bce e della sospensione delle regole.

Ha ragione, Presidente Conte, non è un problema di numeri ma di qualità del progetto. Allora, soprattutto se i numeri sono pochi, diciamo le cose come stanno e facciamo le riforme esecutive che servono. Torniamo a ragionare come Paese non come Regioni sempre in guerra tra di loro e con lo Stato. Soprattutto, diciamolo senza vergognarci, che oggi è interesse del Nord come del Sud perseguire con il fondo perduto europeo la riunificazione infrastrutturale immateriale e materiale delle due Italie. Non solo perché altrimenti perderemmo quello che ci viene dato – è l’ultima occasione – ma perché un Paese che abolisce per un quarto di secolo un pezzo così importante del suo mercato interno tagliando la spesa sociale e azzerando quella infrastrutturale ha pulsioni suicide. Per evitare che l’evento si realizzi servono la qualità e il coraggio della politica non l’abilità della politica. Se no torna a vincere la solita inerzia di comando e siamo spacciati per sempre.


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