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Il Presidente del Consiglio Mario Draghi

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Questa idea di fare subito e se non fai subito allora siamo delusi e non c’è più fiducia in Draghi e, di conseguenza, non c’è più fiducia nel Paese, è un’idea davvero pericolosa. Lasciamolo lavorare avendo coscienza che bisogna uscire dalla logica delle emergenze cominciando a ragionare in termini strutturali. A partire dai vaccini e dalle grane della nostra economia. Perché si sta lavorando per una ricostruzione nazionale. Così come è importante che il subito fatto bene in una logica di lungo termine riguardi il Mezzogiorno. Le bacchette magiche non esistono

Un Paese demoralizzato, l’Italia, ha il riconoscimento degli altri per ritrovare la fiducia. Ha il riconoscimento del Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e della Cancelliera tedesca, Angela Merkel, solo per fare i due esempi più importanti, perché c’è fiducia nel grande italiano che ha salvato l’euro, Mario Draghi, e ritengono che abbia la visione e le capacità per disincagliare il Titanic Italia e per svolgere un ruolo da primo attore politico in Europa. Nel frattempo servono piccole cose che dimostrano il cambiamento. Che dimostrano la volontà di fare in fretta e bene. Che vuol dire, però, l’esatto contrario di chi, non avendo capito niente del cambiamento di quadro generale in atto, pretende che si faccia in due giorni ciò che non si è fatto prima per mesi. Restando, per di più, nella stessa logica di prima della comunicazione della politica che prevale sul fare della politica.

Parliamoci chiaro. Bisogna uscire dalla logica delle emergenze cominciando a ragionare al di là della singola emergenza e, cioè, in termini strutturali. A partire dai vaccini e dalle grane strutturali della nostra economia. Quello che deve garantire oggi il Governo Draghi è proprio di uscire dalla trappola dell’emergenza e di farlo presto e bene con una visione lunga. Questo, non altro, può fare la differenza.

Così come è importante che il subito fatto bene in una logica di lungo termine riguardi il Mezzogiorno perché solo ciò può aumentare la consapevolezza del Nord di quanto la ripresa del Mezzogiorno sia importante per la sua di crescita (si legga Ercole Incalza). Sono cose complicatissime, ma queste sì necessarie perché rinsaldano l’unità del Paese. Perché solo così, cambiando totalmente registro, può prendere corpo quella fiducia reciproca in una idea comune che fa ripartire in modo sano l’economia al Nord come al Sud e si può seriamente provare a disinnescare le mille bombe sociali da pandemia di cui l’Italia è piena. Perché solo così, in questo spirito nuovo, si comincia a ricostruire il sistema Paese dalle macerie della politichetta italiana e dalla “smorfia” di un’informazione politica, soprattutto televisiva, che ha l’allergia ai contenuti e il virus endemico della “sondaggite” al secondo e della “retroscenite” permanente. Due prodotti che fanno prendere la febbre fino a toccare le vette della pleurite alla Politica con la P maiuscola e contribuiscono al degrado di un Paese fino a farlo precipitare in una “stabile instabilità” di tipo più o meno sudamericana a seconda delle circostanze.

Per capire di quale cambiamento stiamo parlando, basti pensare ai Capi delle Regioni che prima minacciavano ricorsi al TAR e atti di disobbedienza, ora invece accettano i divieti e sollecitano riflessioni. Può essere un buon inizio. Le bacchette magiche non esistono. Questa idea di fare subito e se non fai subito allora siamo delusi e allora non c’è più fiducia in Draghi e, di conseguenza, non c’è più fiducia nel Paese, è un’idea davvero pericolosa. Lasciamo lavorare il Governo Draghi per uscire dalla trappola italiana dell’emergenza che vuol dire ragionare subito, fin d’ora, avendo coscienza che si sta lavorando per una ricostruzione nazionale. Che si sta parlando dello Stato che non può rincorrere l’ultima battuta o l’ultimo tweet per un problema di sensibilità rispetto alle istituzioni, certo, ma ancora prima perché ha l’ambizione di dire “se e che Italia” ci deve essere fuori dall’emergenza e, soprattutto, ha l’ambizione di farla. Che ha senso parlare se si ha una cosa da dire non per raccontare dal salotto di casa come si è vestito questo o quel ministro o per continuare a fabbricare scenari di fantasia ignorando di essere seduti su un cratere di cinque milioni di posti di lavoro a rischio.


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