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Il premier Mario Draghi

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Che cosa ci può essere di più bello di fare parte di un grande progetto che rimette al centro i nostri giovani per un politico che ha passione? Che cosa ci può essere di più bello di fare parte della squadra che cambierà l’Italia per i prossimi trent’anni? Chi pensa che facendo squadra ci guadagna solo Draghi sta sbagliando tutto perché viceversa ci guadagnano tutti

ABBIAMO il Cavaliere Bianco, ma dobbiamo aprire le porte del castello perché possa combattere in campo aperto. C’è bisogno di vedere che nel castello e fuori ci sono quelli che fecero l’avventura. Dobbiamo vedere e riconoscere il gruppo che fa la storia. Siccome abbiamo l’emergenza di spendere bene, che è la cosa più difficile da fare, ma non ancora è deflagrata la bomba sociale e resta sottocoperta quella finanziaria, allora ognuno va per conto suo e il gruppo rischia di essere quello che non passa alla storia. Manca la consapevolezza matura che se vinci il mondiale, lo vince la squadra.

Chi pensa che facendo squadra ci guadagna solo Draghi sta sbagliando tutto perché viceversa ci guadagnano tutti. Tutti gli altri possono avere il dividendo politico della Nuova Ricostruzione. Soprattutto in un momento in cui i segnali della recrudescenza del coronavirus non consentono i soliti giochetti e il solito protagonismo irritante dei soliti Capetti delle Regioni.

Ci vuole un idem sentire che porti al massimo di convergenza per il risanamento del Paese. Draghi ha le idee chiare, gli altri le hanno confuse. Troppi continuano a guardarsi l’ombelico. Serve lo spirito del Dopoguerra, ma fa fatica a venire fuori. In realtà siamo in una fase molto più drammatica del Dopoguerra, ma non ci se ne rende ancora conto. Nel Dopoguerra uscivi di casa e c’erano le macerie. Andavi a comprare il pane e vedevi che costava molto. Vedevi insomma che intorno a te tutto faceva fatica a riprendersi e tutti erano impegnati in una ripresa lenta, difficile.

Tutti pedalavano in salita, ma veniva facile pedalare insieme. La catastrofe di allora era il frutto avvelenato delle menzogne delle grandi dittature e la gente voleva solo il realismo quotidiano. Non a caso in Germania come in Italia vinsero uomini antiretorici. Anche in Inghilterra. Dove Churchill aveva salvato gli inglesi, ma siccome voleva andare avanti con i sogni di gloria, allora gli inglesi lo abbandonarono per eleggere un capo molto modesto dei laburisti. Circolava la famosa barzelletta che diceva: a Downing Street 10 si fermò un taxi e scese nessuno. Era Clement Attlee. L’uomo che prese il posto di Churchill.

Oggi c’è una bomba sociale che vale cinque milioni di posti di lavoro, ma è ancora coperta, viene vissuta come una sfortuna, come una malattia, ti puoi beccare anche una malattia agli occhi, ti puoi beccare anche un tumore, sì certo, ma io penso che non capiterà a me. Tutti i filosofi politici dicono che è finito l’uomo sociale e che c’è la singolarità d’eccezione. Come dire: prima eri un pezzo di una società, un pezzo di qualcosa, ora sei un pezzo di te e basta.

I partiti italiani sono prigionieri di se stessi. Siamo ai professionisti della politica che non si confrontano sul da farsi, ma sulla supremazia tra di loro. Che vedono solo l’occupazione del potere che è il punto dove è morta la Democrazia Cristiana e, a seguire, socialisti e comunisti.

Bisogna costruire una società civile che spinga il gioco di squadra, porti il gruppo a uscire fuori, che aiuti la politica a capire che bisogna vedere le cose in modo diverso, che servono cose diverse.

Che la politica non può più essere ricambio tra persone diverse che si siedono sulla stessa poltrona. Servono proposte vere e la forza di attuarle. Come quella di Draghi in Europa sui vaccini e come le tre riforme chiave in casa che sono pubblica amministrazione, giustizia civile, riassetto fiscale complessivo. Come un Recovery Plan che dimostri all’Europa che sappiamo fare buoni progetti e sappiamo eseguirli.

Che abbiamo ben presente che il problema italiano è la convergenza e che faremo la riunificazione infrastrutturale immateriale e materiale delle due Italie. Partendo dalla parificazione dei diritti di cittadinanza nella scuola e nella ricerca come nella sanità e nei trasporti.

Che cosa ci può essere di più bello di fare parte di un grande progetto che rimette al centro i nostri giovani per un politico che ha passione? Che cosa ci può essere di più bello di fare parte della squadra che cambierà l’Italia per i prossimi trent’anni? Che cosa può appagare di più di sentirsi parte di un gruppo affiatato che fa le cose e restituisce la fiducia agli italiani?


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