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Mario Draghi

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Una politica fatta di narrazione si scontra con i fatti. Cade la contro-narrazione che si illude di continuare a negare i fatti perché questa volta i fatti toccano tutti. Dai vaccini, che è la battaglia delle battaglie dell’economia prima che della salute, agli immigrati dove si vedono i risultati del buon lavoro fatto da Draghi in Libia. Dal Recovery plan alla nuova pubblica amministrazione. I politici e i partiti di governo e di opposizione che hanno più fiuto, lo hanno già capito. Alla fine, però, lo capiranno tutti perché è tornata la fiducia contagiosa dei governi De Gasperi. Come allora gli italiani riconoscono la menzogna e il vuoto della demagogia precedente

La forza del fare cambia la narrazione della politica. Una politica fatta di narrazione si scontra con i fatti. Cade la contro-narrazione che si illude di continuare a negare i fatti perché questa volta i fatti toccano tutti.

Dai vaccini, che è la battaglia delle battaglie dell’economia prima che della salute, agli immigrati dove si vedono i risultati del buon lavoro fatto da Draghi in Libia. Dal Recovery Plan alla nuova pubblica amministrazione.

“Figliuolo non fa altro che fare ciò che faceva Arcuri”. “Draghi non fa altro che fare quello che faceva Conte”.

Raccontatelo a qualcun altro indipendentemente dai meriti del primo Conte che nessuno potrà mai togliergli. Non c’è più l’americano, tale Mimmo Parisi di stanza all’Anpal, perché bisogna fare una politica attiva del lavoro vera, non di fantasia. Si capisce che la politica dell’interstizio fatta di elemosina sociale e di sfruttamento per la prima volta non è più la prospettiva dell’oggi e del domani.

Perché sul Recovery Plan stiamo facendo le cose seriamente, con le riforme e con i suoi cronoprogrammi siamo i primi in Europa. Perché cambiare la macchina inceppata degli investimenti pubblici non è più un tabù. Decidere, mediare, decidere. Non è uno slogan, è un metodo di governo che produce risultati e gli italiani stanno cominciando a conoscere chi è Mario Draghi.

La gente comincia a percepire quella fiducia contagiosa che segnò i governi De Gasperi della prima Ricostruzione. Si usciva ogni giorno un pezzettino alla volta dalle macerie della guerra e quel pezzettino alla volta era il propellente quotidiano di un pezzettino sempre più grande il giorno dopo.

Tutto ciò si chiama fiducia e restituisce la verità. Arriva come reazione naturale della gente che attraverso le cose che cambiano scopre il vuoto della demagogia precedente. Il carisma della menzogna di quegli anni è lo stesso del paradigma malato del dibattito pubblico dell’irrealtà italiano dove illusioni e populismi hanno intossicato tutto a lungo.

Come allora si sciolse il carisma e rimase davanti agli occhi di tutti solo la menzogna, così oggi cominciano a diradarsi le nebbie di una politica che è fuga nell’utopia e matrigna di tutte le diseguaglianze.

I politici che hanno più fiuto come Salvini lo hanno capito, lo ha capito anche la Meloni che fa l’opposizione responsabile e prende due piccioni con una fava. Si prende il malcontento sopravvissuto e si prende una credibilità personale che sopravvive perché non dice “Draghi sbaglia tutto”. Siamo alla furbizia di una politica ideologica che non scivola sulle bandierine stupide. Siamo alla furbizia degli anni migliori del Pci dopo Togliatti.

Letta ha il problema di incarnare il grande progetto di Paese del suo maestro Andreatta. Non aspetti di toccare con mano dove lo può portare la rincorsa di una politica di sinistra così come è intesa nei talk e in certi giornali. Si ricordi che il suo maestro Andreatta era il consigliere economico di Moro.

Siamo, però, fiduciosi che questo salto che è assolutamente nelle sue corde, Letta lo farà anche perché il Pd non ha futuro se non favorisce un centro responsabile che lo affianchi lasciando perdere il risentimento per i cosiddetti traditori. Il Pd di Letta non può essere quello degli ex ministri “malpancisti” perché il treno corre e non si può perdere tempo in stazione.

Per i Cinquestelle il compito vero di Conte è portare a termine la transizione del movimento favorendo l’affermazione di quella parte di classe dirigente che lui stesso ha messo in piedi. Pescando anche nelle componenti del movimento che si sono messe lì perché questa era la sola via che avevano per inserirsi nella vita politica e proporsi come classe dirigente in quanto le altre case della politica erano chiuse. Penso ai Sileri, ai Patuanelli, in modo diverso alla Ruocco.

Penso a chi ha stoffa e lo ha dimostrato nei fatti. Penso a chi ha visione. Questi sono i “miracoli” che può fare il governo di unità nazionale anche nella vecchia politica italiana. Sono “miracoli” che vengono subito dopo i risultati nella salute e nell’economia, ma che possono produrre risultati di lungo termine. Certo, serve un dibattito pubblico che sia l’esatto opposto di quello degli ultimi vent’anni. Proprio come per i cantieri.

Ps. Se ne è andato Guglielmo Epifani, compagno gentiluomo. Un socialista eretico nel sindacato e nella politica. Ne voglio ricordare la gentilezza e la passione. Doti rare nella lunga stagione della decadenza della politica.


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