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Mario Draghi

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Decidere, mediare, decidere. Il metodo Draghi funziona e, giorno dopo giorno, pietra su pietra costruisce il palazzo di un Paese normale. Lo fa dalle fondamenta. Lo fa avendo la consapevolezza che le riforme vengono prima dei soldi. Che il cambiamento viene prima di tutto. Perché il cambiamento deve durare e si nutre di fatti che si possono toccare e della fiducia contagiosa che da quei fatti scaturisce. Dipenderà anche un po’ da quel talk della dissoluzione italiana che vive su Marte e strepita sulla terra. Perché questo invece si nutre di quei mal di pancia dei partiti e a suo modo li aizza. Perché non tutti avranno la prontezza di mettere i tappi nelle orecchie

I partiti fanno rumore. Il talk permanente ne moltiplica i decibel e porta tutti sulle nuvole del chiasso italiano. Draghi resta con i piedi per terra, fa quello che deve fare. Cammina per la sua strada. A tratti corre.

Lo abbiamo detto un po’ prima degli altri, ma ci piace ripeterlo ora. Abbiamo scritto che anche i partiti del rumore hanno un merito: riconoscono a Draghi l’ultima parola. Gli consentono quello che non consentivano a altri. Gli consentono di decidere invece di rinviare e, cioè, di decidere di non decidere.

È successo per la riforma della giustizia, che è quella più tormentata, come per le riforme della semplificazione, della pubblica amministrazione e della nuova governance per il Recovery Plan. Può bastare questo particolarissimo stato di cose per salvare l’Italia. Bisogna che duri almeno un po’.

Decidere, mediare, decidere. Il metodo Draghi funziona e, giorno dopo giorno, pietra su pietra costruisce il palazzo di un Paese normale. Lo fa dalle fondamenta. Lo fa avendo la consapevolezza che le riforme vengono prima dei soldi. Che il cambiamento viene prima di tutto.

Diciamo le cose come stanno. Il cambio di passo si è visto con la campagna di vaccinazione. Il metodo Draghi gli italiani hanno cominciato a capirlo quando ha chiesto all’esercito chi era il più bravo nella logistica perché serviva il più bravo per combattere e vincere la battaglia delle battaglie.

Poi ne è aumentata anche la percezione da parte delle persone quando con un telegramma di poche parole ha spento giorni di polemiche sulla eterologa per la seconda dose di AstraZeneca. Dimostrando agli italiani che la politica può dare anche risposte semplici per la soluzione dei problemi. Soprattutto è capace di farsi capire.

Si è visto con il Recovery Plan dove un’accozzaglia di interventi è diventata un Progetto Italia di lungo termine che punta a ridurre i divari territoriali e a fare ripartire stabilmente la crescita. Dove mettere a posto la macchina pubblica degli investimenti viene prima dei soldi. Dove i poteri di richiamo inchiodano alle loro responsabilità ministeri e Regioni. Dove reclutare funzioni smarrite nelle pubbliche amministrazioni locali diventa una priorità e anche se gli impianti normativi ricevuti in eredità creano qualche problema, si va avanti comunque perché compromessi sul capitale umano non sono più possibili. Dove gli uomini dello Stato sono chiamati a guardarsi in faccia e a dirsi le cose in faccia, prima, non dopo, perché ci sia finalmente il massimo di trasparenza ma anche di efficacia. Per fare le cose, non per litigare sulle cose da fare.

Perché un Paese immobile nel pantano dei veti burocratici e giudiziari rinuncia al futuro e consuma ogni giorno la più grande delle iniquità. Anche per tutte queste ragioni messe insieme, arrivato al bivio dell’incompiuta italiana di sempre, che è la riforma di tutte le in-giustizie italiane – penali, civili, amministrative, contabili – il governo Draghi di unità nazionale ha invocato la lealtà dei suoi azionisti politici e, soprattutto, ha mediato come sempre ma senza mettere in discussione i principi del cambiamento.

Sulle nomine non sbaglia un colpo (ottima la scelta del duo Fuortes-Soldi per la Rai) perché si decide sempre a ragion veduta. Giudicando le persone per quello che hanno fatto che è la base scientifica migliore per capire quello che potranno fare e avere la coscienza a posto. Questo è il metodo Draghi che i partiti del rumore hanno accettato. Con qualche mal di pancia, chi più chi meno, ma lo hanno accettato. Riconoscono che alla fine tocca a lui decidere. Questo è quello che serve ora per raccogliere frutti molto importanti dopo. Dipenderà dalla tenuta del Parlamento e dalla capacità di rinnovarsi delle istituzioni a tutti i livello. Dipenderà ovviamente molto da noi. Soprattutto negli anni a venire.

Perché il cambiamento deve durare e si nutre di fatti che si possono toccare e della fiducia contagiosa che da quei fatti scaturisce. Dipenderà anche un po’ da quel talk della dissoluzione italiana che vive su Marte e strepita sulla terra. Perché questo invece si nutre di quei mal di pancia dei partiti e a suo modo li aizza. Perché non tutti avranno la prontezza di mettere i tappi nelle orecchie.


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