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Giuseppe Conte e Mario Draghi al momento dello scambio della campanella

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Proprio per la stima che proviamo non da oggi per Conte ci permettiamo di suggerirgli di non scherzare con il fuoco. Non esistono governi Draghi bis o con una nuova maggioranza politica. Solo un governo di tregua nazionale può fare la fatica di cambiare il Paese per l’oggi e per il domani in un tempo ristretto come è necessario. Conte ha un futuro di traghettatore dei grillini verso l’Europa e la sinistra italiana facendo uscire il movimento dal mondo della irrealtà. Questa è la sua grande sfida politica e solo lui può riuscirci

NON SAPPIAMO come farlo capire a chi si ostina a ignorare la realtà. Lo abbiamo detto in tempi non sospetti, ma sentiamo il dovere di ripeterlo. La costruzione di un Paese normale è la sfida del governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi e la differenza tra questo tentativo e quelli di chi lo ha preceduto è proprio nella persona del Capo del governo. Per le cose che ha fatto nella vita che appartengono alla storia più importante dell’Europa e la reputazione che l’uomo ha nel mondo, Draghi rappresenta la carta estrema dell’Italia.  

Chi vuole avere un ruolo in questo Paese deve almeno capire che il successo della Nuova Ricostruzione e del nuovo De Gasperi sono imprescindibili. Deve almeno rendersi conto che il dividendo politico su cui può fabbricare il suo ruolo futuro è legato alla possibilità di contribuire alla capacità realizzativa del governo Draghi di riunificazione delle due Italie non ai distinguo e alle medagliette di giornata perché la stagione della propaganda è finita. 

Non c’è spazio per ruoli politici futuri di primo piano se dovesse fallire il tentativo dell’esecutivo Draghi perché fallendo nell’opera il cittadino europeo più stimato nel mondo, il mondo stesso riterrebbe l’Italia un Paese insalvabile. La pratica passerebbe ai commissari liquidatori, non alle urne, e l’Europa intera si ritroverebbe alle prese con il più grande dei suoi problemi. Questo è lo scenario da evitare a ogni costo.

Il primo ad avere la consapevolezza della delicatezza della situazione perché sa bene dove si va a finire se salta tutto e lo buttano giù, è proprio Draghi. Per questo non molla di un millimetro sulle cose che contano che sono essenzialmente una serie di riforme che il Paese attende da vent’anni e il calendario concordato con l’Europa per attuarle. Il successo del Recovery Plan italiano è la base della nuova Europa federale che persegue la coesione sociale e adotta in modo strutturale una politica di bilancio comune espansiva. Sulla reputazione di Draghi si gioca la reputazione dell’Italia. Che agli occhi degli investitori globali è avviata sulla buona strada non perché sarà inondata di euro ma perché sta mettendo a posto la sua macchina inceppata della pubblica amministrazione e della giustizia e può, quindi, tornare a fare investimenti pubblici che mobilitano a loro volta investimenti privati.

Perché la comunità internazionale si sta convincendo che i partiti italiani continuano a fare il rumore di sempre, quello che fa felice il  talk della dissennatezza italiana e condanna il Paese alla crescita zero, ma non si mettono più di traverso sulle cose che contano. Riconoscono a Draghi l’ultima parola e gli permettono di fare quello che deve fare.  Dimostrano di avere compreso che fanno parte di un governo di tregua che esprime l’unità nazionale. La riforma Cartabia della giustizia dopo semplificazioni, nuova governance e reclutamenti nella pubblica amministrazione, è il tassello più importante del mosaico della nuova Italia. È decisiva se si vuole tornare a attrarre in modo duraturo gli investimenti esteri che sono pronti a scommettere sul rinnovamento del nostro Paese.  

Per queste ragioni siamo sorpresi dall’atteggiamento di Conte che è stato un buon capo di governo e ha dimostrato nei comportamenti di mettere sempre l’interesse generale al primo posto.  Le sue prese di posizione assomigliano a quelle di Tambroni del 1960. Era uomo di Gronchi e aveva il mandato di convincere sulle ragioni per cui doveva fare l’apertura a sinistra. Finì con il fare il governo con i missini e quando scoppiò la rivolta della sinistra pensò di domarla con l’uso massiccio delle forze dell’ordine. Si racconta che urlasse: li faccio arrestare tutti. Finì che nacque il governo Fanfani delle convergenze parallele che contribuì al miracolo economico italiano come i governi centristi degasperiani e alla nascita dell’Italia potenza economica mondiale, Tambroni sparì dalla scena dimenticato da tutti.

Proprio per la stima non di oggi che proviamo per Conte ci permettiamo di suggerirgli di non scherzare con il fuoco. Non esistono governi Draghi bis o con una nuova maggioranza politica. Solo un governo di tregua nazionale può fare la fatica di cambiare il Paese per l’oggi e per il domani in un tempo ristretto come è necessario. Conte ha un futuro di traghettatore dei grillini verso l’Europa e la sinistra italiana facendo uscire il movimento dal mondo della irrealtà. Non deve far prevalere la tattica di accreditarsi dentro i Cinque stelle sulle ragioni di una strategia politica che può dire ancora la sua in un Paese salvato e che lui ha le carte in regola per guidare.

Per di più in un momento che sta cambiando la percezione di un’Italia non più sfasciata e in recupero su tutti i fronti, dall’economia  allo sport, ma che ovviamente ha davanti un cammino lungo e complicato. Conte deve  assolutamente evitare che tutti vedano nei suoi comportamenti gli effetti della sindrome di potere di chi ha dovuto lasciare Palazzo Chigi.


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