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Si è riusciti in sei mesi a recuperare due terzi di quello che si era perduto come prodotto interno lordo facendo molto meglio delle grandi economie europee per la prima volta dopo venti anni. Si è arrivati così a ridurre di oltre sei punti la quota percentuale prevista del debito rispetto al Pil (153,5 contro 159,8) e si è liberata una quota preziosa di risorse di bilancio pubblico italiano che consente di svincolare più di 4 miliardi che blindano la spesa per gli asili nido nei Comuni del Mezzogiorno. Altrimenti sarebbe finita come è finita sempre: io Comune del Sud non faccio gli asili nido perché non ho i soldi per pagare gli stipendi ai dipendenti comunali. Ma se il Comune e ancora di più la Regione rallentano la tabella di marcia, allora arriva il ministero. Se nemmeno il ministero giunge a destinazione, allora arriva la presidenza del consiglio. In tutti questi passaggi serve un capitale umano che risolva il problema e sblocchi i lavori

Non vorremmo deludere nessuno. Abbiamo piena consapevolezza di come la qualità degli amministratori pubblici del territorio possa cambiare la vita di una comunità. Abbiamo fondate riserve su un Paese che comincia a toccare con mano quanto un regionalismo deteriore nuoccia al suo futuro, ma in una forma di persistente accanimento terapeutico brucia energie professionali e risorse economiche per la conquista di posizioni di potere di cui dovrebbe chiedere l’immediato scioglimento.

Per queste ragioni vi invitiamo a scegliere nelle elezioni amministrative di domani e lunedì prossimo, con la vostra testa, chi vi offre maggiori garanzie di qualità nella amministrazione e nient’altro. Vogliamo essere molto chiari e lo saremo ancora di più domani su questo punto. Perché il futuro delle donne e degli uomini del Mezzogiorno è nelle mani di chi ci governa, dei poteri di richiamo previsti in caso di inadempienze di chi sta sotto, di un sforzo combinato di nuova amministrazione a livello centrale e in tutte le sue ramificazioni locali.

Dipende anche dal risultato di questa nuova tornata delle amministrative nella misura in cui chi guiderà gli esecutivi territoriali riuscirà ad attuare quella parte di Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) che è di sua competenza. Farò un solo esempio: Gaetano Manfredi è stato il migliore rettore dell’Università degli studi Federico II di Napoli, è stato il migliore presidente dei rettori italiani e un eccellente ministro della ricerca scientifica. Se Napoli vuole attuare bene la sua quota di Pnrr e misurarsi con il disastro che lo ha preceduto e un debito monstre che grava sulla testa di tutti i napoletani, sicuramente il profilo di Manfredi è quello giusto.

Ricordatevi tutti, però, che per il futuro moltissimo dipende dalla capacità di chi ci governa di stabilizzare il miracolo della sua economia dei primi sei mesi e dal contributo che la comunità burocratica, economica, scientifica e il dibattito della pubblica opinione vorranno e sapranno dare per ottenere questo risultato. Ci accorgeremo nel secondo semestre del 2022 e, ancora di più, nel 2023 e nel 2024 se avremo o meno centrato l’obiettivo. Ci accorgeremo allora se saremo stati capaci di trasformare un rimbalzone del prodotto interno lordo (Pil) del 6% contro il 4,5 % generosamente ipotizzato – addirittura facendo scendere il debito in rapporto al Pil al 153,5 dal 159,8 previsto – in una crescita altrettanto robusta e finalmente strutturale, sostenibile, inclusiva. Che vuol dire che la riunificazione delle due Italie riprende il suo cammino dopo decenni in cui si è marciato più o meno consapevolmente in direzione opposta. Lo si è fatto con così tanta miope determinazione che abbiamo totalizzato un ventennio di crescita zero.

Siamo diventati il fanalino di coda della crescita europea e abbiamo spaccato verticalmente in due il Paese. Riducendo il reddito pro capite di venti milioni di persone a poco più della metà degli altri quaranta milioni. Qualcosa che rompe di fatto l’unità nazionale molto più di una secessione frutto di un referendum costituzionale o, in generale, di un assetto federale liberamente scelto.

Alle difficoltà di oggi del quadro politico di cui le elezioni amministrative sono lo specchio, bisogna contrapporre la Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (Nadef) che ha fornito una chiarissima lettura numerica dei fatti e ha dimostrato in maniera empirica che si è fatto quello che si doveva fare. Si è riusciti in sei mesi a recuperare due terzi di quello che si era perduto come prodotto interno lordo facendo molto meglio delle grandi economie europee per la prima volta dopo venti anni. Si è arrivati così a ridurre di oltre sei punti la quota percentuale prevista del debito rispetto al Pil (153,5 contro 159,8) e si è liberata una quota preziosa di risorse di bilancio pubblico italiano. Preziosa perché questa quota ordinaria si può riconnettere con quella straordinaria europea del Piano nazionale di ripresa e di resilienza e permette di accelerare in modo produttivo su investimenti pubblici e spesa sociale. Di qui, da questo sentiero stretto, e dalla capacità di resistere alle sirene dell’assistenzialismo dei ricchi e dei poveri che fino a oggi la mano ferma di Draghi ha garantito, passa l’uscita dal mondo della irrealtà e la possibilità concreta di provare a riunire le due Italie sul piano economico e sociale.

Tanto per essere chiari la lettura quantitativa della Nadef ci dice che quella mano ferma consente di liberare 4 miliardi e qualcosa che blindano la spesa per gli asili nido nei Comuni del Mezzogiorno. Altrimenti sarebbe finita come è finita sempre: io Comune del Sud non faccio gli asili nido perché non ho i soldi per pagare gli stipendi ai dipendenti comunali. La riduzione in tempi record del debito percentualmente grazie alla crescita e il risparmio degli interessi che paghiamo per collocare sul mercato lo stesso debito, consente di agganciare il bilancio ordinario annuale con la sua spesa corrente al piano straordinario europeo con la sua dote di investimenti da realizzare. Questo fa la differenza rispetto al passato. Siamo in una lettura keynesiana di un intervento esterno che sta dentro la cornice ideale di tutto il Paese. Il rischio era che sulla spesa corrente non fossimo in grado di reggere e, invece, siamo stati capaci di collegare organicamente le due grandezze e, per questa via, di tenere e di moltiplicare gli investimenti. Che siamo stati capaci di collocare dentro una macchina pubblica rivista nei suoi assetti operativi e vigilata perché si proceda sul piano esecutivo con tempi lontanissimi da quelli del passato.

L’unico punto che può mettere a rischio tutto e vanificare un lavoro così prezioso è la mancanza di risorse umane adeguate che siano capaci di utilizzare al meglio il digitale, di dialogare in inglese economico, di mettere a frutto competenze e esperienze nella tecnica amministrativa, nella qualificazione dei territori e nella realizzazione di opere immateriali e materiali complesse. Il vincolo esterno italiano in questo momento non è più finanziario e, cioè, della disponibilità di risorse, ma è quello della disponibilità di risorse umane adeguate per fare le cose e attuare gli investimenti. Per questo bisogna investire prima di tutto sulla scuola e sulla formazione professionale se è vero come è vero che abbiamo una popolazione lavorativa tra i quarantacinque e i sessant’anni che non ha nessuna competenza digitale.

Questo è un vincolo strutturale allo sviluppo che va rimosso, ma è un problema della crescita che è l’esatto opposto di quelli della ritirata che si gestivano peraltro sempre al ribasso fino a sei mesi fa. Ora finalmente comanda la crescita e, quindi, finalmente comandano gli investimenti pubblici che a loro volta aiutano e stimolano quelli privati. Per cui dove il Comune non ce la fa dovrà accompagnare CDP e ci deve riuscire. Sapendo che i poteri sostitutivi esistono e verranno usati. Perché se il Comune e ancora di più la Regione rallentano la tabella di marcia, allora arriva il ministero. Se nemmeno il ministero giunge a destinazione, allora arriva la presidenza del consiglio. In tutti questi passaggi serve un capitale umano che risolva il problema e sblocchi i lavori. Ergo, anche il capitale umano a cui affideremo la guida delle nostre amministrazioni del territorio ha un valore. A nostro avviso, questo è il primo degli elementi di cui tenere conto.


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