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Matteo Salvini

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Se per una volta i partiti si occupassero meno del loro interesse “commerciale” e di più dell’interesse generale, scoprirebbero che quell’interesse generale è “interesse loro”. Come dimostra il tonfo della destra che ha continuato a vivere di talk show salvo poi scoprire nell’urna che sono entrambi anni luce distanti dallo spirito nuovo del Paese. Il primo vero nodo da sciogliere della politica è quello di fare ripartire la macchina pubblica degli investimenti. Che deve essere sottratta alla tentazione di chi la guida come pretoriano di questo o quel partito. I partiti dimostrino di essere cambiati non intralciando le scelte giuste inserite nella nuova legge di stabilità a partire dal super taglio del cuneo fiscale e quelle di riequilibrio territoriale contenute nel Pnrr uscendo subito dal circolo perverso delle pratiche assistenziali e/o dal fascino masochista della propaganda

Il nuovo vero nodo della politica politicante italiana sarà la legge elettorale. Perché ci sono due alternative. Siamo davanti all’illusione di Letta che il bipolarismo paga per il Pd. Perché costringerebbe tutti a stare insieme e lo avvantaggerebbe. Il centrodestra si rende viceversa conto che a loro il bipolarismo non paga affatto. Hanno perso le elezioni amministrative per trovare l’accordo su un nome che avrebbe dovuto mettere d’accordo – il bisticcio di parole è voluto – tre partiti che hanno posizioni molto differenti. Alla fine hanno trovato nomi al ribasso e hanno perso in malo modo.

Questa diatriba “elettorale” può influire sull’esecutivo di unità nazionale guidato da Draghi che ovviamente se ne tirerà fuori e penserà a governare rispondendo ai bisogni delle persone. I partiti, però, saranno sempre più presi dalla volontà di riaffermare le loro ipotetiche ragioni e vivranno crisi dialettiche di posizionamento. Per dire, ci sarà di sicuro chi un giorno sì e l’altro pure ricorderà a Letta che il suo nuovo Ulivo sottovaluta che potrà avere certo un parlare molto largo, ma sarà probabilmente poco coeso. Anche perché molti non vogliono portare l’acqua a lui o, per lo meno, non sono così tanti quelli che hanno voglia di farlo.

A partire dai grillini che rischiano di diventare il partito del trio Di Maio-Conte-Fico e che per sopravvivere devono restare al governo rimanendo attaccati in posizione subordinata al Pd, ottenendo qui e là qualche assessorato che garantisce uno stipendio a chi viene nominato ma di certo non porta voti. Rischiano concretamente i pentastellati di diventare sul territorio come Italia Viva che anche se ha un consenso minuscolo ha, però, una classe di amministratori di riferimento più solida. Che è quella di un partito molto particolare che esiste per tenere Renzi in una posizione molto particolare, anche qui il bisticcio è voluto, che è quella di capo-partito. Così come i grillini dovrebbero rimanere in vita per tenere in piedi non uno ma tre capi-partito. Che sono veramente troppi per un movimento in caduta libera di consenso e che esprime il quasi nulla.

Se per una volta i partiti si occupassero meno del loro interesse “commerciale” e di più dell’interesse generale, scoprirebbero che quell’interesse generale è “interesse loro” prima ancora di quello “commerciale”. Come dimostra il tonfo della destra che ha continuato a vivere di talk show salvo poi scoprire nell’urna che sono entrambi anni luce distanti dallo spirito nuovo del Paese e che quindi non possono che perdere entrambi.

Se per una volta facessero lo sforzo di mettere l’interesse generale davanti a quello “commerciale” scoprirebbero che il primo, vero, intricato nodo da sciogliere della politica è quello di fare ripartire la macchina pubblica degli investimenti. Che deve essere sottratta alla tentazione di chi la guida di lavorare come pretoriano di questo o quel partito. Perché l’origine della loro convinzione di avere un potere per un certo tipo di burocrazia e di magistratura inquirente è sempre stata l’idea di avere una sponda politica. Se la sponda politica è forte, allora devono fare i “servi” della sponda politica. Se viceversa la sponda è debole, allora diventano loro “servi-padrone”.  Che è esattamente quello che hanno fatto negli ultimi venti anni.

Se oggi in un quadro politico molto mutato riesci a togliere dalla loro testa di fare i “servi-padrone”, si accomoderanno come prima a fare i “servi” ma questo può essere sufficiente per bloccare tutto. Perché oggi all’Italia servono un cambiamento in profondità e un atto di generosità della politica nei confronti degli italiani. Il problema vero è evitare che alcuni partiti della destra si convincano o ritengano di intuire che loro non potranno mai andare al governo perché ci sono condizioni internazionali che glielo impedirebbero. Il contesto europeo non aiuta. Il capo del governo polacco è andato a Bruxelles per dire che loro non si fanno dettare legge da un superstato e si è preso un frontale della von der Leyen del tipo “allora la pagherete”.

Attenzione, anche la gestione dei fondi europei entra in questo calderone di instabilità. Attenzione, lo dico alla classe politica del Mezzogiorno, lo sapete o no che nella bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza per la prima volta la Puglia prende più risorse di Emilia Romagna, Veneto e Piemonte per investimenti nella sanità? Lo sapete o no che per la prima volte tra le prime cinque Regioni finanziate tre sono del Sud e precisamente Campania, Sicilia e Puglia? Che la Calabria mai ha avuto così tante risorse pro capite per ogni suo cittadino e che la spesa storica è stata finalmente messa in uno sgabuzzino? Questi sono i fatti della politica che esprime il governo di unità nazionale guidato da Draghi e che vuole rispondere ai bisogni delle persone e attuare finalmente la nuova coerenza meridionalista degasperiana. Per questi fatti indubitabili invitiamo i partiti a ragionare su che cosa fare per mantenere un governo forte in Italia o ad assicurarsi attraverso la presidenza della Repubblica a Draghi una guida forte di lungo termine per l’Italia. Sono ipotesi che garantiscono in entrambi i casi il nostro processo di cambiamento e il rispetto collaborativo dell’Europa. Noi propendiamo per l’ipotesi di più lunga durata perché ci rende più tranquilli.

Se i partiti viceversa continueranno a premere per le solite sfide all’O.K. Corral fuori dalla storia e dalla realtà, allora rischieremo di non potere utilizzare il capitale Draghi né al governo né al Quirinale e questo – diciamocelo papale papale come va detto – gli italiani non se lo possono permettere. Anzi, dico di più. Oggi gli italiani non tollererebbero più partiti che hanno sì il potere di eleggere con il voto in parlamento il nuovo Capo dello Stato, ma che ai loro occhi si approprierebbero del consenso di un popolo che in realtà non li sopporta più e di cui loro ancora esercitano una delega post datata.

Il vero obiettivo della politica di oggi dovrebbe essere quello di mettere in sicurezza un meccanismo collaudato di buona amministrazione e di buona spesa che sopravviva ai mutamenti politici e sancisca l’uscita convintamente solidale dell’Italia dal tunnel del chiacchiericcio politico e della crisi decisionale. Che non sono nient’altro che la faccia nascosta delle lobby costitutive, a partire da quella del regionalismo dei ricchi, che tengono in scacco lo sviluppo del Paese da almeno due decenni e di cui abbiamo il dovere assoluto di liberarci. Gli italiani vincono o perdono se attuano bene o no il Recovery Plan. Gli italiani vincono o perdono se gli investimenti pubblici effettivi partono o meno dal Mezzogiorno. Gli italiani vincono o perdono se il patto per la crescita determina una caduta della pressione fiscale e contributiva su datori di lavoro e lavoratori alimentando il circolo virtuoso interrotto che permette di tornare a spendere sul capitale umano e sulle intelligenze del Paese.

Il riformismo di cui questo Paese ha disperato bisogno è quello delle cose che si fanno, non che si annunciano. I partiti dimostrino di essere cambiati non intralciando le scelte giuste inserite nella nuova legge di stabilità a partire dal super taglio del cuneo fiscale e quelle di riequilibrio territoriale contenute nel Pnrr uscendo subito dal circolo perverso delle pratiche assistenziali e/o dal fascino masochista della propaganda. Smettano di inseguire il solito copione dell’irrealtà che ha stancato tutti. Sprecherebbero, peraltro, molte energie, totalmente a vuoto. Perché Draghi non li accontenterebbe e gli italiani non li capirebbero.


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