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Pierpaolo Bombardieri (Uil) e Maurizio Landini (Cgil)

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Settanta minuti di comizio cumulati di Pierpaolo Bombardieri e di Maurizio Landini nel giorno dello sciopero generale di Uil e Cgil. Non abbiamo mai sentito pronunciare la parola Mezzogiorno. Nemmeno nella forma più abbreviata Sud. Nemmeno in quella forse più appropriata di divari territoriali che riguardano il Mezzogiorno d’Italia e i Sud del Nord. Venti milioni di persone che hanno un reddito pro capite che è la metà degli altri quaranta milioni non sono meritevoli di una valutazione sistemica e di un riconoscimento di priorità al pari di riforma delle pensioni, superamento della precarietà, riforma fiscale, politica industriale, sicurezza nel lavoro, nelle scuole, nelle piazze. Ignorata la priorità strategica della Nuova Ricostruzione del governo Draghi che ha fatto moltissimo. Questa priorità strategica le taglia tutte perché la lotta alle diseguaglianze si vince o si perde in questi territori dimenticati. Non per un euro in più o in meno di sconto sull’Irpef o mandando le persone in pensione quando hanno ancora tanta voglia di lavorare. Sottraendo occupazione e futuro ai giovani e alle donne

SETTANTA minuti di comizio cumulati di Pierpaolo Bombardieri e di Maurizio Landini nel giorno dello sciopero generale di Uil e Cgil in una bella giornata di grande partecipazione a Roma. Non abbiamo mai sentito pronunciare la parola Mezzogiorno. Nemmeno nella forma più abbreviata Sud. Nemmeno in quella forse più appropriata di divari territoriali che riguardano il Mezzogiorno d’Italia e i Sud del Nord. Venti milioni di persone che hanno un reddito pro capite che è la metà degli altri quaranta milioni non sono meritevoli di una valutazione sistemica e di un riconoscimento di priorità al pari di riforma delle pensioni, superamento della precarietà, riforma fiscale, politica industriale, sicurezza nel lavoro, nelle scuole, nelle piazze.   Avremmo molto da dire su una riforma delle pensioni concepita in modo tale che cancelli strutturalmente il futuro dei nostri giovani del Sud come del Nord. Avremmo molto da puntualizzare sulla sacrosanta tutela di chi un lavoro già ce l’ha e rischia di perderlo, ma che non si potrà mai tutelare per legge e appartiene a territori dove il contesto economico può consentire nuove opportunità di lavoro.

Il punto di fondo, però, è un altro: non riconoscere alla disparità territoriale da rimuovere, come ha fatto il governo Draghi con il Piano nazionale di ripresa e di resilienza, la priorità strategica della Nuova Ricostruzione, quella che taglia trasversalmente tutti i temi del lavoro, della politica industriale, della qualità delle grandi reti di comunicazione, significa chiudere gli occhi davanti al più urgente, macroscopico, strutturale dei bisogni sociali di questo Paese. Significa vivere sulla luna e non avvertire nella testa e nella pelle il cuore del problema strategico italiano che è una povertà territoriale diffusa, contagiosa, endemica. Dove il problema civile precede quello sociale e economico. Dove tutte le povertà di lavoro come di diritti di cittadinanza si saldano in una miscela esplosiva. Fatta di scuole che cadono, di ospedali privi di macchinari e di risorse umane, di istruzione tecnica ridotta al lumicino, di un’amministrazione pubblica che oscilla tra dissesto e pre dissesto. Fatta di persone in carne e ossa senza un lavoro e senza una speranza di lavoro. Fatta di poveri veri e di geni che scappano.  

Di tutto ciò che è il punto iniziale e finale della questione italiana perché l’uscita dal ventennale declino del Paese passa per la riduzione dei suoi divari interni e da una bussola strategica di interventi pubblici e privati che si muova coerentemente in questa direzione e punti preliminarmente sul capitale umano, non c’è traccia nei comizi di chiusura dei due leader sindacali. Francamente siamo amaramente sorpresi.

Non è un problema di parole. Quella più vicina a Mezzogiorno, Sud, divari territoriali, la ha pronunciata Landini parlando genericamente di “culla del Mediterraneo” riferita a cultura e turismo. Colpisce che all’interno di un disegno urlato di sviluppo complessivo non si riconosca alla priorità delle priorità della lotta alle diseguaglianze perfino il diritto di parola. È un’assenza vistosa che impressiona. Ci sembra un vuoto che non può riflettere le intenzioni reali di Cgil e Uil e dei loro leader, ma che pure c’è stato. Si è rumorosamente appalesato.

Qualcuno ci suggerisce interpretazioni tattiche perché  il solo citare il tema li avrebbe costretti ad ammettere che in questi dieci mesi di governo di unità nazionale è stato deciso il più grande intervento educativo e civile della storia repubblicana italiana. Avrebbero dovuto riconoscere che si è collocato nel Mezzogiorno oltre il 55% delle risorse del Pnrr per mense scolastiche, palestre, asili nido (solo qui oltre due miliardi in termini assoluti) o che per la prima volta nella legge di bilancio contro cui fanno sciopero generale ci sono i livelli essenziali di prestazioni sociali (leps) che garantiscono i diritti di cittadinanza negati da almeno vent’anni ai cittadini meridionali in materia di assistenza domiciliare agli anziani e di welfare per l’infanzia. Che è un modo serio per consentire alle donne del Mezzogiorno di recuperare diritti di lavoro.  Avrebbero dovuto ammettere che il governo contro cui fanno lo sciopero generale ha messo in atto il più clamoroso provvedimento di lotta alle  diseguaglianze sociali.

Per la verità avrebbero forse dovuto dire anche che qualcosa di molto simile è avvenuto per edilizia scolastica, istruzione tecnica, sanità, trasporto locale, banda larga ultra veloce, treni ad alta velocità e interventi nelle ferrovie regionali. Avrebbero dovuto dire che dopo dieci anni sono stati aperti i cantieri dell’alta velocità ferroviaria della Messina-Catania- Palermo. Sono tutti passaggi decisivi del progetto politico fondamentale della stagione della Nuova Ricostruzione che è la riunificazione delle due Italie.

I Capi partito fanno fatica a capirlo, non sanno nemmeno vendersi i risultati, ma sinceramente ci impressiona di più che il sindacato degli eredi di Di Vittorio, bracciante e figlio di bracciante,  e della sua  “cafoneria” pugliese, non senta questo progetto politico come il primo degli obiettivi di uno sciopero generale dichiaratamente politico. Perché la lotta alle diseguaglianze si vince o si perde in questi territori dimenticati. Non per un euro in più o in meno di sconto sull’Irpef o mandando le persone in pensione quando hanno ancora tanta voglia di lavorare. Sottraendo occupazione e futuro ai giovani e alle donne.


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