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Silvio Berlusconi

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Il solo modo che ha per rimanere al centro della politica è fare il king maker. Qualcuno lo avvisi che con la sua “candidatura” sta strappando la tela, non disegnando il capolavoro della sua carriera istituzionale. Non sta costruendo il consenso intorno al primo Presidente della Repubblica espressione della storia politica del Centrodestra, ma sta tornando a dividere il Paese tra berlusconiani e non berlusconiani e se anche questo fosse il suo obiettivo per recuperare la centralità perduta oggi non sarebbe più così. Nella posizione di Capo dello Stato serve una personalità che unisce e questa personalità non può essere quella del proprietario del primo network televisivo del Paese. Tra un giochetto e l’altro della politica, il rendimento del Btp decennale è in poche settimane risalito fino al punto di diventare il triplo di quello di un anno fa. Ricordiamocelo

Parafrasando la commedia di William Shakespeare “Sogno di una notte di mezza estate”, potremmo dire che abbiamo avuto “Sogno di una notte di fine inverno” chiamato Draghi e che questa breve stagione – non teatrale – volge al termine. Perché partiti e media hanno tutti una gran voglia di tornare a fare quello che facevano prima. Abbiamo provato per poco più di dieci mesi a diventare un Paese normale, ma ora ognuno è al suo posto per reclamare la anormalità di prima. Per replicare ciò che non va replicato o che ha fatto comunque la sua stagione.

Con Berlusconi siamo alla follia della politica. Non si riesce a fargli capire che ha un solo modo per rimanere al centro della tela politica ed è quello di fare lui il king maker della partita del Quirinale. Qualcuno lo avvisi che sta strappando la tela, non disegnando il capolavoro della sua carriera istituzionale. Non sta costruendo il consenso intorno al primo Presidente della Repubblica espressione della storia politica del Centrodestra da lui inventato, ma sta tornando a dividere il Paese tra berlusconiani e non berlusconiani e se anche questo fosse il suo obiettivo per recuperare la centralità perduta oggi non sarebbe più così. 

Non perché lui è il diavolo sempre e comunque, ma perché nella posizione di Capo dello Stato sempre, e oggi in particolare, serve una personalità che unisce e questa personalità non può essere quella del proprietario del primo network televisivo del Paese. A parte l’esperienza finita male di Trump negli Stati Uniti questo profilo non è quello delle grandi democrazie occidentali ed è singolare che lui non si ponga questo tema e che nessun altro glielo faccia presente.

Non si può iniziare una vita nuova rimanendo dentro una vita vecchia perché anche Francesco quando si converte davanti al padre decide di vendere tutto, si spoglia delle sue ricchezze.  Ammesso e non concesso che Berlusconi venisse eletto non ci sarebbe la definitiva consacrazione della sua storia politica, ma ci ritroveremmo con metà Paese che gli si rivolta contro e ci infileremmo tutti nel tunnel della delegittimazione della Presidenza della Repubblica. È successo tanto tempo fa con Leone dove non c’era neppure una ragione su cui poggiarla e ci volle la successiva stagione “piaciona” di Pertini per superare il disastro di delegittimazione arrecato alla più alta carica dello Stato.

Viceversa la storia politica di Berlusconi che occupa già un pezzo a tinte forti nella storia di questo Paese trarrebbe molto giovamento da una sua iniziativa diretta a cercare quella soluzione di sistema di cui l’Italia ha vitale bisogno per portare davvero a compimento la Nuova Ricostruzione.

Altrimenti torniamo alla copertina de L’Espresso “LUI NO” e al supertalk a reti unificate dove i maestri del delirio populista del giornalismo italiano fanno i loro comizi senza riscontri e contraddittorio con tempi superiori ai capi dei partiti e dove la banalissima verità che le terapie intensive italiane sono intasate per il numero ancora troppo elevato di non vaccinati diventa un fatto opinabile. Torniamo al clima mediatico-politico del supertalk della rovina italiana che gioca con la vita delle persone fino a cavalcare il suo pubblico. Che vuole vedere le teste che rotolano come facevano le tricoteuse e, cioè, le sferruzzattrici che durante la rivoluzione francese andavano a fare la maglia sotto le ghigliottine per vedere a chi tagliavano le teste. Che vergogna!

In questo processo mediatico-politico di ritorno al passato torniamo tutti naturalmente indietro quasi senza accorgercene per congelare la situazione e bloccare nei fatti la ricostruzione morale, economica, civile e sociale del Paese. Saremmo costretti tutti a scoprire che siamo terribilmente carenti di classi dirigenti e che ci manca la coesione necessaria per voltare pagina.

Che siamo quel popolo di letterati che come pensa ancora mezzo mondo non è in grado di dimostrare di essere qualcosa di più e di diverso. Che non ha, insomma, consapevolezza che, tra un giochetto e l’altro della politica, il rendimento del Btp decennale è in poche settimane risalito fino al punto di diventare il triplo di quello di un anno fa. Che il Piano nazionale di ripresa e di resilienza è chiamato alla sua prova del fuoco e bisogna misurarsi con la sfida delle sfide che sono gli strumenti operativi in grado di aprire i cantieri, non di nominare i comitati.  Che abbiamo da ristorare mezza economia dei trasporti e del turismo delle grandi città mentre il nostro debito ritorna sotto osservazione per questa incomprensibile instabilità italiana.  Che dobbiamo guidare il processo di riforma del patto di stabilità europeo che per noi è l’aria che ci consente ancora di respirare e che non possiamo privarci del contributo di chi tra noi italiani detiene questo credito internazionale per indirizzarlo e condizionarlo. Che dobbiamo fare la riforma del Parlamento perché con 400 parlamentari in meno senza rivedere regolamenti e altro non c’è speranza di potere funzionare.

Possiamo anche continuare a pensare che siamo il Paese che ha testa e mezzo busto dentro il baratro, ma ha la capacità all’ultimo istante utile di tirarsi fuori. Possiamo certo, ma potremmo anche sbagliarci di grosso. Perché non possiamo sempre pensare di essere il sonnambulo che si sveglia un attimo prima di cadere definitamente dentro il baratro. Una volta tanto dobbiamo sapere scegliere nei tempi giusti tra un Paese normale e i “banditi” di strada.


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