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Il 2022 è l’anno in cui i grandi elettori sceglieranno il nuovo Capo dello Stato ma è anche l’anno chiave per l’attuazione del Piano Italia concordato con l’Europa. Una sfida fin dal primo trimestre che fa tremare vene e polsi. Bisogna fare le cose. Che vuol dire eseguire tutti i bandi, decidere le aggiudicazioni, aprire i cantieri per fare finalmente i primi stati di avanzamento dei lavori. Sono in gioco altri 20,1 miliardi. Vanno usati con fermezza tutti i poteri di sostituzione previsti contro chi sgarra senza accomodamenti di sorta e vanno usati strumenti che coinvolgono soggetti privati come il Promotore e il partenariato. Chi tra i partiti sproloquia su nuovi governi o, peggio ancora, su nuove maggioranze vive sulla luna

La palla del Piano nazionale di ripresa e di resilienza rotola nel campo da gioco dei ministeri che dovranno fare tutti i bandi e in quello di Regioni e Comuni che sono i soggetti attuatori di gran parte dei progetti. Questa è la sfida che fa tremare vene e polsi che l’Italia dovrà affrontare e vincere nel 2022. Che è l’anno nel quale i grandi elettori sceglieranno il nuovo Capo dello Stato ma è anche l’anno chiave per l’attuazione del Piano Italia concordato con l’Europa. 

Siamo alla prova del fuoco. Perché nel 2021 abbiamo fatto importanti riforme di sistema e abbiamo faticosamente superato l’esame di tutti i 51 target adempiendo agli obblighi stabiliti dai procedimenti amministrativi e normativi. Adesso non si tratta più di mettere in ordine carte e regolamenti perché non bisogna certificare qualcosa, ma fare le cose.

Che vuol dire eseguire tutti i bandi, aprire i cantieri da sempre nostro tallone d’Achille, e procedere sulla strada delle riforme di struttura. Si sono fatti dei passi in avanti importanti sulla funzionalità della macchina pubblica se solo si pensa che si è passati da un 20% di decreti attuativi adottati dal governo Conte 2 al 50% del governo Draghi, ma la tabella di marcia concordata con l’Europa impone che la macchina pubblica prema sul pedale e acceleri ancora di molto. Vanno usati con fermezza tutti i poteri di sostituzione previsti contro chi sgarra senza accomodamenti di sorta. Consigliamo vivamente a chi guida la macchina pubblica a ogni livello di utilizzare tutti gli strumenti operativi possibili e immaginabili che coinvolgono soggetti privati come il Promotore e il partenariato. Altrimenti il rischio di non farcela da elevato passa a elevatissimo.

Per capirci, la governance della rendicontazione presso il ministero dell’Economia ha stabilito un buon affiatamento con i tecnici europei. Si è mossa con metodo. È riuscita a anticipare e concordare i passaggi più delicati, a visionare e certificare tutto ciò che è arrivato dai ministeri non senza tribolazioni, ma è consapevole che avere portato a casa entro aprile i primi 24,1 miliardi non legittima nulla rispetto all’esame del 2022. A giugno si dovranno presentare davanti agli stessi tecnici europei certificando di avere raggiunto tutti i 45 obiettivi del Pnrr previsti nel primo semestre dell’anno di cui una ventina molto insidiosi addirittura nel primo trimestre.  

Sono in gioco altri 20,1 miliardi, ma questa volta devono muoversi infrastrutture e salute, pezzi di economia e di edilizia ospedaliera e sociale pesanti che si intrecciano a loro volta con mille problemi tecnici. Parliamo di cose che si devono toccare e che richiedono competenze preparatorie e lavori certosini. Si   devono fare tutti i bandi e si devono decidere le aggiudicazioni.   Si devono aprire i cantieri per fare finalmente i primi stati di avanzamento dei lavori.

Si tratta di infrastrutture strategiche che riguardano Ferrovie, grandi gestori di rete e soggetti attuatori territoriali per sanità, periferie, scuola e molto altro. Qui non si tratta di fare norme, ma di superare tutti i vincoli normativi per chiudere le gare e fare partire i lavori. Con complicazioni di ogni genere e tipo per cui, ad esempio, anche con soggetti pubblici forti come Ferrovie si pone il tema di rivedere i bandi di gara perché operatori della stazza di Salini stanno facendo i conti con la crescita dei prezzi delle materie prime e sono intenzionati a non partecipare alle gare. Probabilmente non accadrà, ma è un fatto che alle solite gigantesche problematiche normative e operative da superare se ne aggiungono anche altre che costringono a rivedere i bandi e a studiare un meccanismo di adeguamento dei prezzi. 

Bisognerà tenere a bada le Regioni che vorranno utilizzare tutti i canali disponibili, dal Pnrr fino al Fondo di coesione e sviluppo, per farsi spesare marchette varie già elargite liberando dal peso finanziario relativo i loro bilanci, senza capire che non funziona così e che non fanno altro che bruciare tempo e risorse perché l’Europa chiude i rubinetti e i progetti di qualità restano al palo. Sempre nelle stesse settimane che sono dodici in tutto bisogna fare la revisione del codice degli appalti, la riforma della amministrazione finanziaria per la lotta all’evasione fiscale e la riforma delle carriere nella amministrazione pubblica. 

Chi tra i partiti sproloquia su nuovi governi vive sulla luna. Non ha capito che non c’è un secondo da perdere per fare le cose, non per discettare su nuovi ingressi nella compagine ministeriale o, peggio ancora, su nuove maggioranze. L’unica loro preoccupazione deve essere quella di studiare e decidere insieme una soluzione di sistema che tuteli la nuova credibilità conquistata e migliori ulteriormente le capacità attuative dell’esecutivo di unità nazionale. Servono gli uomini giusti al posto giusto nelle due postazioni chiave del Paese che sono Quirinale e Palazzo Chigi. Li devono cercare insieme alla luce del sole in uno spirito che dimostri anche pubblicamente che l’unità nazionale è un progetto politico nel quale credono, non uno stratagemma per continuare a fare sottobanco quello che facevano prima. Anche se i partiti fanno finta di non averlo capito, il tempo della propaganda è finito. Quello della rinascita o del default sovrano è nelle loro mani.  

Non possono più scappare dalle loro responsabilità perché la variante Omicron, il nuovo ’29 mondiale e il piano europeo da attuare li hanno messi nell’angolo. Anche perché la gente, che ha capito tutto e si è stufata dei loro numeri circensi e dei talk dove recitano a soggetto il copione del nulla, questa volta li viene a prendere con il forcone. 


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