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Talk show

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Gli italiani vogliono credere nella Nuova Ricostruzione e si sono stufati della politica e della TV delle chiacchiere. Conduttori e cerimonieri non lo sanno che sono a fine corsa. Sono così autoreferenziali che non si sono nemmeno resi conto che gli italiani li hanno abbandonati. La sintesi estrema è che quella politica già molto malata non dà ma prende ordini, quasi si muove a comando perché “se non urli non ti invito”. Diciamo che per la sua estrema nullità è costretta a inseguire il verbo dei cerimonieri della grande malattia italiana che è il dibattito televisivo rissoso e incompetente della pubblica opinione

Abbiamo usato da mesi un’espressione, Titanic Italia, per raccontare la nostra grande crisi, civile e morale prima che economica, dalla quale sta cercando di risollevarci il governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi. A prua la politica del nulla sovranista e populista con le sue figurine del mondo della irrealtà. A poppa gli orchestrali del talk italiano che nulla hanno a a che fare con la televisione, che hanno messo su un “teatrino” permanente di puro politichese con una compagnia di giro di politicanti che non hanno mai avuto un mestiere e giornalisti della carta stampata, a volte a gettone a volte no, a volte di qualità a volte di quarta serie, che vanno in televisione senza conoscerla e senza rispettarla.

Rifiutano a priori gli orchestrali televisivi del Titanic Italia la fatica di studiare qualsiasi tipo di contenuto o di confrontarsi con chiunque ne è portatore, non fanno più televisione che è programmi, immagini, reportage, inchieste/documentari e molto altro, loro sanno solo “ballare e cantare” lo spartito del mondo della irrealtà. Rappresentano insieme i primi e i secondi il circolo più autoreferenziale della storia politica e mediatica di questo Paese che ignora i bisogni delle persone e svende la reputazione di una nazione e il futuro dei suoi giovani in cambio di mezzo punto in più nei sondaggi o nello share. Un solo esempio: oltre 46 milioni di vaccinati valgono come qualche migliaio di no vax che manifestano, non siamo più nemmeno all’uno vale uno, siamo scesi molto sotto i gradini della dignità cronistica oltre che di quelli della realtà. 

Una roba così non si era mai vista e ha conquistato un capitolo importante nel racconto della decadenza italiana di questo scorcio di secolo del nuovo millennio. La politica dei partiti più debole della lunga stagione repubblicana già malata di fatto insegue quotidianamente la televisione malatissima che si ciba solo di talk e di opinioni spesso sgangherate, quasi sempre noiose, regolarmente prolisse, fuori da qualsiasi copione della grande televisione. Siamo arrivati allegramente al punto più basso. Siamo precipitati alla televisione che ti fa solo vedere ma non dice più niente. Siamo alla televisione che si fa radio che è anche sexy ma lo è se è radio, cioè voce, non se è televisione, cioè immagine.

La sintesi estrema è che quella politica, come detto, già molto malata non dà ma prende ordini, quasi si muove a comando perché “se non urli non ti invito”. Diciamo che per la sua estrema nullità è costretta a inseguire il verbo dei cerimonieri della grande malattia italiana che è il dibattito televisivo rissoso e incompetente della pubblica opinione. Ovviamente così questa politica si ammala ancora di più perché è un contagiarsi a vicenda del nulla. Eravamo stati facili profeti.

Ci eravamo permessi di dire che la stagione del governo di unità nazionale che si occupa di rispondere ai bisogni delle persone e lo fa tornando a scegliere chi è più qualificato per fare le cose e mostra di saperle fare avrebbe inevitabilmente aumentato la consapevolezza che questa politica non conta più nulla e avrebbe favorito il distacco già in atto della collettività da questa brutta televisione mentore e nutrice della politica del nulla.

È un’onda lunga che viene da lontano. Viene dal successo elettorale dei grillini scandito dalla fabbrica delle illusioni regalata ogni giorno dal talk italiano dove solo parlare di debito pubblico, nuove diseguaglianze, competitività, capitale umano, divari produttivi e territoriali, scuola, formazione, diciamo futuro, fa venire l’orticaria. Viene dal Conte 1. Poi dal Conte 2. Dalle palle di neve della valanga mediatica del nulla che riduce la TV a un microfono e opinioni ripetitive. Ringrazio Marco Mele per avere documentato questa disfatta con il rigore dei numeri che sono il frutto professionale del lavoro di una vita. Loro non lo sanno, conduttori e cerimonieri, che sono a fine corsa. Sono così autoreferenziali che non si sono nemmeno resi conto che gli italiani li hanno abbandonati. Che si sono già in parte trasferiti sulle piattaforme di Netflix, di Amazon, di Sky dove peraltro fanno molta più politica le serie televisive come, a titolo di esempio, quella scritta da agenti segreti sotto copertura (Fauda) che ti permette di capire davvero il rapporto tra israeliani e palestinesi. In quelle nuove piattaforme dove vincono i contenuti televisivi trasmessi in streaming anche su tutti i terminali, compresa la televisione, quando si tratta di una smart tv collegabile alla Rete. Il dato di ottobre, rilevato da Studio Frasi, vede le “tv Altre” – quelle che non aderiscono alla rilevazione ma trasmettono contenuti tv – crescere del 10,6% in prima serata e, soprattutto, del 93,9% tra i possessori di un apparecchio connesso alla Rete.

Netflix, Amazon, Sky, le “TV altre” crescono, ma “Otto e mezzo” di Lilli Gruber è diventato il palcoscenico del circoletto autoreferenziale del nulla (che peccato!), ha smarrito il contatto con la realtà che recupera solo in coda con il punto di Pagliaro, e è arrivata a perdere nel 2021 oltre trecentomila telespettatori rispetto al 2020 anche se recupera un pochino sul 2019. I Talk di Rete4, di diritto la batteria di avanguardia del sovranismo/populismo italiano, sono tra quelli con le maggiori perdite. “Stasera Italia” è stata abbandonata da 269mila telespettatori sul 2020 e 230 mila sul 2019 a parità di puntate. Che tristezza vedere una brava giornalista di carta stampata come Barbara Palombelli fare un mestiere di conduttrice che non è il suo! Anche qui si è perso da tempo il senso della realtà. “Quarto grado” ha in meno 106mila telespettatori sul 2020 e 221mila sul 2019. “Fuori dal coro” ne ha persi 141mila rispetto al 2020, ma ancora di più rispetto al 2019 (237mila), quando non ci fu alcun picco di ascolti. “Quarta Repubblica” di Nicola Porro che fa anche cose di qualità di inchiesta giornalistica non teme, però, confronti nella discesa in una casa dove tutti scendono: ha perso 256mila telespettatori sul 2020 e 312mila sul 2019, sempre a parità di puntate trasmesse (con l’1% di share in meno sul 2020).

La verità è che è cambiato il sentimento comune degli italiani, delle donne e degli uomini, pure con una politica sempre più slabbrata, perché si percepisce che qualcosa di profondo sta accadendo e che l’accoglienza internazionale dell’Italia ne risente molto positivamente. Gli italiani vogliono credere nella Nuova Ricostruzione e si sono stufati della politica e della TV delle chiacchiere. “#cartabianca” condotta da Bianca Berlinguer su Rai tre si è vista abbandonare da oltre 220 mila telespettatori rispetto al 2020 e da oltre 120 mila rispetto al 2019.  “Mezz’ora in più” di Lucia Annunziata fa meno 280 mila rispetto al 2020 e solo più 58 mila rispetto al 2019. In questa trasmissione della TV pubblica è rimasto memorabile, nella memoria collettiva, lo show del cittadino Alessandro Di Battista che accusava Draghi di avere affossato la Grecia quando anche uno studente universitario di economia sa che l’unico che si oppose al superfalco tedesco, Schäuble, che voleva la Grexit fu proprio l’ex presidente della Bce. Che uscì peraltro vincitore dallo scontro facendo stizzire l’ex ministro dell’economia tedesco fino al punto di sentirlo urlare “non sono uno stupido”.

Mentre Giletti con “Non è l’arena” perde 1,2 punti di share anche se bisogna precisare che ha cambiato giorno per una scelta editoriale incomprensibile, in controtendenza cresce “Piazza Pulita” di Corrado Formigli con un 1,4% in più di share sul 2020. A ben vedere, però, è sbagliato parlare di sorpresa perché “Piazza pulita” fa ancora televisione, ci sono le immagini, i reportage, le inchieste del futuro. Gli altri talk con mille salamelecchi tra di loro fanno la radio, quasi una TV di parole, dove i protagonisti sono i giornalisti della carta stampata che non sanno fare televisione e non sanno nemmeno starci, spesso sono perfino scelti per beccarsi tra di loro nel pollaio, non per qualche competenza utile alla discussione.

Tutti insieme hanno trasformato la televisione in una radio che costa meno e fa guadagnare molto di più agli editori commerciali. La pacchia, però, sta finendo. Perché questa televisione autoreferenziale volge al termine. Si avvia a diventare come Alitalia una piccola Ita e ne vedremo delle belle. Siamo davanti a un balletto quotidiano tra giornalisti, anzi sempre tra la stessa compagnia di giro di giornalisti, mentre i magistrati delle Procure che hanno vissuto prima gli stessi protagonismi sono già arrivati a “mangiarsi” tra di loro, i giornalisti sono ancora al primo giro di libidine e non si attaccano tanto. Questo spettacolo è rinviato ancora per un po’, ma arriverà perché è scritto nelle cose.

Siamo al talk show che fa politica senza la piazza di “Samarcanda” e che ha stufato. Quanta lontananza dai canoni del talk storico, quelli dove il pubblico applaudiva e i politici e le “star” parlavano, di un grande maestro della televisione, Maurizio Costanzo, che fa quarant’anni del suo show in questo mese. “Mixer” di Giovanni Minoli, che appartiene alla grande storia della TV pubblica che faceva la televisione non la radio informando e formando, era in partenza la negazione del talk perché era l’approfondimento sul faccia a faccia con qualcuno che aveva qualcosa da dire e che si costruiva facendo le domande giuste e facendo la televisione, producendo contenuti e fabbricando la storia. Il primo talk capostipite di quelli finiti oggi sul viale del tramonto lo aveva fatto Funari con “Aboccaperta” e chi ne ha memoria capisce di che cosa stiamo parlando. Per i suoi successori con l’ambizione nemmeno tanto nascosta di fare politica c’è sempre un green pass a cui appigliarsi per sopravvivere o qualche barcone di immigrati su cui salire per suonare le trombe della propaganda. Questa musica, però, non piace più. Quasi disturba. Per fortuna. Vuol dire che se anche la politica del nulla e i suoi mentori mediatici altrettanto del nulla stanno vendendo cara la pelle, l’Italia si avvia a diventare un Paese normale. Noi ci speriamo.


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