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Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte con il presidente Usa, Donald Trump

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Ecco una lezione per i nostri dilettanti del sovranismo. Le sanzioni americane all’Iran, imposte dopo che Trump ha abbandonato l’accordo sul nucleare del 2015, stanno soffocando Teheran ma anche l’export delle imprese italiane, aziende del Sud comprese. Stiamo perdendo miliardi di dollari di esportazioni in un Paese dove l’Italia era fino a poco tempo fa il primo partner europeo. Ma la colpa non è soltanto degli Stati Uniti è anche nostra, come emerge da una conversazione con l’ambasciatore dell’Iran in Italia, Hamid Bayat. 
 
Alcune cose le sapevamo ma una è davvero sorprendente, quasi inspiegabile. “Gli Usa _ dice l’ambasciatore_ hanno concesso esenzioni a 8 Paesi per importare petrolio da Teheran. Nel caso dell’Italia però non è il Paese a essere esentato ma una sola compagnia l’Eni, che non ha acquistato negli ultimi sei mesi neppure una goccia del petrolio di Teheran pur essendo un partner storico dell’Iran sin dai tempi di Mattei. Mi hanno telefonato diverse compagnie italiane interessate a importare il nostro petrolio ma purtroppo non ho potuto dare seguito alle loro richieste”.
 
La questione però non riguarda soltanto l’Eni ma costituisce un danno indiretto anche per le altre imprese italiane. Gli eventuali acquisti di petrolio iraniano dell’Eni avrebbero comunque potuto costituire un fondo italiano di entrate iraniane da utilizzare per le importazioni dalle aziende del nostro Paese, soprattutto piccole e medie imprese. Insomma potevamo aggirare in maniera autonoma e assolutamente legale le sanzioni ma ci siamo dati la zappa sui piedi. E’ evidente che l’Eni, attiva in Iran dagli anni Cinquanta e persino durante la guerra con l’Iraq, ha ceduto a un mix di pressioni e promesse americane.
 
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