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«Non stiamo sospendendo il patto di stabilità e crescita, ne stiamo solo usando la massima flessibilità prevista». Il vicepresidente esecutivo della Commissione europea per un’Economia al servizio delle persone, Valdis Dombrovskis, cerca di tenere buoni i falchi del rigore sempre presenti in Europa. Nei fatti, però, i vincoli si allentano e le regole si sospendono.

IL SALTO

Il pacchetto di misure economiche che il collegio dei commissari vara per rispondere agli effetti del Coronavirus sull’economia, sono nei fatti un superamento di patti, parametri, criteri, obblighi e condizionalità.

Sono misure eccezionali e temporanee, ma intanto si permette l’interventismo statale per salvare l’economia e il tessuto produttivo. Esattamente quello che chiedeva l’Italia. «Non parlerei di misure di stimolo, quanto di risposta alla crisi» dice Dombrovskis.

Ma la risposta alla crisi è essenzialmente finanziaria. E siccome l’Unione europea in questo momento ha un budget risicato perché un nuovo bilancio pluriennale resta ancora oggetto di negoziati tra i governi, saranno proprio questi ultimi a dover finanziare l’uscita dalla crisi. Ecco allora saltare le regole sugli aiuti di Stato. O meglio, ecco l’attivazione di tutte le condizioni eccezionali.

«Le nostre regole consentono un’ampia gamma di aiuti di Stato negli Stati membri alle prese con situazioni d’emergenza, e questo è il caso dell’Italia», sottolinea Margrethe Vestager, vicepresidente esecutiva della Commissione responsabile per le politiche di concorrenza. C’è lei dietro la proposta per cui i Paesi membri possano concedere un sostegno finanziario direttamente ai consumatori. «Gli Stati potranno prendere misure per far rimborsare i biglietti di eventi cancellati per l’emergenza» spiega a titolo d’esempio.

LA CLAUSOLA DI FUGA

Gli Stati membri sono liberi di prendere provvedimenti mirati per settori e società, come sussidi salariali e sospensione dei pagamenti delle imposte sulle società e sul valore aggiunto o contributi sociali.
Ma soprattutto «la Commissione è pronta ad attivare la clausola di fuga (Escape clause, in inglese) prevista dalle regole di bilancio», annuncia Dombrovskis. Vuol dire che non si calcolano ai fini del conteggio di deficit e debito le spese straordinarie a sostegno dell’emergenza.
Grazie a questa clausola sarà possibile «la spesa per il sistema sanitario e interventi a sostegno di imprese e lavoratori». Dalla Commissione arriva inoltre la proposta di prevedere «il ritardo dei pagamenti dei prestiti esistenti per le imprese».

A Bruxelles hanno capito che «occorre finanziare la risposta alla crisi», poiché «occorre preservare la nostra produttività». La Ue questi soldi non li ha, e devono metterceli i governi. Ecco perché il contributo deve venire dagli erari nazionali. L’allentamento dei vincoli e delle regole serve proprio a questo.

Anche se qualcuno sostiene che il Patto di stabilità non è sospeso, di fatto è saltato. «Le decisioni di oggi non saranno le ultime che prenderemo in questa emergenza», anticipa il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni. «Bisogna adattarsi alla realtà di un’epidemia che evolve di giorno in giorno, di settimana in settimana», e finché questa epidemia non sarà superata, le misure speciali resteranno in vigore.

«PRONTI A FARE DI PIÙ»

«Gli Stati possono fare scelte di bilancio per sostenere imprese in difficoltà, evitare riduzioni dell’occupazione, prendere tutte le misure necessarie», continua il commissario italiano.

«Si allargano le regole in tanti settori, dal bilancio agli aiuti di Stato, e questo avrà delle ricadute importanti consentendo agli Stati interventi straordinari per far fronte a una situazione straordinaria».

Sì, si allargano le maglie. Alla flessibilità massima prevista dal patto di stabilità e crescita si aggiungono le concessioni in materia di intervento pubblico. E’ l’Europa che capisce la lezione della crisi esplosa nel 2008, quando si rispose con politiche a sostegno dell’offerta di fronte al collasso delle domanda, quando si impose l’austerità in un momento in cui si sarebbe dovuto intervenire sui consumi.

E le buone notizie non finiscono qui. «Siamo pronti a fare di più man mano che la situazione si evolve», assicura la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.


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