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Donald Trump

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L’improvvida iniziativa del presidente Usa Donald Trump sul taglio ai fondi per l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) si sta sempre più rivelando per quello che è: un maldestro tentativo per trovare un capro espiatorio al disastro sanitario che stanno vivendo gli Stati Uniti. Un “capro”, ovviamente, diverso da quello che Trump potrebbe facilmente trovare guardandosi allo specchio. Prima Trump ha tuonato contro la Cina, colpevole di aver tenuto nascosto all’inizio il diffondersi del virus, poi se l’è presa con l’Oms perché non ha fatto abbastanza per mettere in guardia il resto del mondo…

Guardiamo il grafico (l’articolo continua dopo il grafico).

Questo è stato costruito prendendo i casi cumulati di Covid-19 a partire dal primo giorno in cui, per Cina e Usa, il numero dei casi ha superato quota 10 (la data d’inizio è il 18 gennaio per la Cina, e circa un mese dopo – il 15 febbraio – per gli Stati Uniti. La Cina ha visto il numero dei casi crescere rapidamente – era la prima volta che il virus si manifestava e il contenimento iniziale è stato claudicante. Ma dopo 30 giorni le misure restrittive hanno permesso di fermare i nuovi contagi e i “casi attivi” – cioè le persone correntemente infette – sono scese a livelli trascurabili (sono poco più di mille al 15 aprile – il grafico mostra i casi totali, non quelli attivi). Invece, per gli Usa, i casi di Covid-19, dopo 30 giorni, hanno cominciato a crescere velocemente, e oggi, a 61 giorni dalla data d’inizio, sono oltre 600mila, contro poco più di 80mila per la Cina.

Pur avendo sott’occhio le misure forti prese dal governo cinese, Trump all’inizio minimizzò il pericolo. Il 24 febbraio, su Twitter: «Il coronavirus è molto sotto controllo negli Usa – la Borsa mi sembra molto buona!» (da allora il casi sono passati da 53 a 644mila, e la Borsa è ben al di sotto del livello del 24 febbraio). Il 28 febbraio, nella conferenza stampa, disse: «Andrà a sparire. Un giorno, come un miracolo, sparirà». E il 9 marzo se la prese, su Twitter, con altri “capri”: «I “Fake News Media” e il loro partner, il partito Democratico, stanno facendo di tutto per infiammare la situazione del virus» (da allora ci sono stati altri 600mila casi, e non certo per colpa dei media o dei democratici).

Trump non è il solo ad aver causato, con ogni probabilità, più contagi attraverso questi goffi tentativi di minimizzare il pericolo, tentativi che spingevano la gente a prendere meno precauzioni. Anche il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, ha dato spallucce al virus (e ora il Brasile, dove le infezioni crescono rapidamente, sta pagando il prezzo). Nel nostro piccolo, bisogna ricordare il Governatore della Lombardia, Attilio Fontana, che dichiarò il 24 febbraio: il virus «È poco più di una normale influenza».

E Fontana, poche settimane dopo (vedi La Repubblica del 12 marzo) ebbe l’impudenza di dire: «Per due settimane è stata data una comunicazione non precisa di quello che stava succedendo e sarebbe potuto succedere. Si è raccontato che era poco più di un’influenza, e chi cercava di attirare l’attenzione sulla pericolosità veniva sbeffeggiato o addirittura insultato come è capitato a me».


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