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Talebani ridono a Kabul

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Gli Usa, la Nato, l’Italia, vendono armi e lisciano il pelo a monarchie assolute e oscurantiste come l’Arabia Saudita. Mohammed bin Salman tortura e fa a pezzi un giornalista, Renzi si fa pagare da lui e lo definisce un “principe del rinascimento”. In fondo siamo tutti talebani, basta che paghino.

Sarebbe ora che ci facessimo un esame di coscienza e ci dicessimo in faccia la verità: i talebani li abbiamo voluti e creati noi occidentali con i nostri alleati arabi, quelli ricchi beninteso, dei poveracci non sappiamo che farcene.

L’ossessione del comunismo un tempo era tale che gli Usa e l’Occidente avrebbe fatto carte false pur di far fuori Mosca. La jihad in Afghanistan l’abbiamo fomentata e sostenuta negli anni Ottanta per sconfiggere i sovietici. Gli arabi pagavano i mujaheddin, il Pakistan ospitava i gruppi radicali ed estremisti, gli Stati Uniti dirigevano le danze.

All’epoca Osama bin Laden era un alleato degli americani perché la sua famiglia finanziava la guerriglia contro l’Urss: la società di costruzioni Bin Laden, di cui gli americani erano soci, forniva, tra l’altro, le scavatrici per costruire i tunnel sotterranei che proteggevano i combattenti dai raid aerei di Mosca. Gli stessi tunnel che poi Bin Laden ha usato coi talebani del Mullah Omar, per addestrare gli attentatori dell’11 settembre 2001, quasi tutti sauditi, e da cui è fuggito in Pakistan dove è stato ucciso nel maggio 2010.

Per abbattere l’Urss, gli Usa e gli arabi del Golfo hanno pagato un’intera generazione di combattenti che affluivano da tutto il mondo musulmano. Per colpire gli aerei russi la Cia aveva fornito ai mujaheddin anche i missili Stinger, a quei tempi un’arma tra le più efficaci in circolazione. Questi combattenti avrebbero poi costituito battaglioni di terroristi che hanno destabilizzato il Medio Oriente e poi colpito anche in Europa.

Il problema è cominciato quando l’Unione sovietica si è ritirata nell’89 dall’Afghanistan. Gli Usa e gli occidentali hanno abbandonato _ more solito _ l’Afghanistan al suo destino e i jihadisti si sono sentiti traditi: avevano abbattuto i comunisti e ora gli americani voltavano le spalle. È così che i nostri alleati afghani, definiti sui media occidentali “combattenti della libertà”, si sono trasformati in avversari.

I talebani sono gli eredi di questa storia. Con una notazione: per prendere il potere negli anni Novanta a Kabul avevano bisogno dell’aiuto del Pakistan e a organizzare la loro ascesa fu il governo di Benazir Bhutto, acclamata in Occidente come un’eroina e poi uccisa in un attentato nel 2007. Non dobbiamo stupirci: l’Afghanistan da sempre viene considerato da Islamabad essenziale alla “profondità strategica” del Pakistan. I generali pakistani erano legati a Bin Laden, che distribuiva soldi a tutti, e molti della “lista nera” di Washington stavano tranquillamente in Pakistan. Non è un caso se Bin Laden sia stato ucciso nella città pakistana di Abbottabad nel 2011 dove è stato latitante per un decennio.

Oggi la storia si ripete. L’Emiro dei talebani Akhunzadah, il vero capo del movimento, dirige anche una manciata di moschee e di scuole islamiche in Pakistan. Il Mullah Baradar venne arrestato nel 2010 in Pakistan, poi adeguatamente istruito dalla Cia e nel 2018 sono stati proprio gli americani a richiederne ufficialmente la scarcerazione. Era con lui che volevano trattare in Qatar.

Dopo otto anni di training Baradar ha imparato la lezione: se fai il bravo con Washington, a casa tua puoi comportarti come ti pare. Altro che esportazione della democrazia. Basta vedere i sauditi, una monarchia assoluta totale, che non lascia uscire di casa le donne, le quali non possono viaggiare senza il consenso del marito _ sempre ovviamente velate dalla testa ai piedi _ ma siccome sono i migliori clienti di armi americane e sostengono il complesso militare e industriale Usa possono fare quello che vogliono.

Noi alle monarchie assolute del Golfo non andiamo mai a chiedere conto dei diritti umani, delle donne o delle minoranze, lasciamo che mettano in galera giornalisti e oppositori senza fare una piega perché ci pagano profumatamente. Siamo degli ipocriti senza vergogna: Capaci persino, come ha fatto quel Renzi, di lodare Mohammed bin Salman, il principe saudita che ha fatto torturare e tagliare a pezzi il giornalista Jamal Khashoggi, colpevole di averlo criticato sui giornali.

I nostri amici arabi sono come i talebani ma noi stiamo zitti e muti perché ci pagano. Anzi siccome sono anche nel G-20, come l’Arabia saudita, chiediamo loro consiglio come fare pressione sui talebani. Sembra una parodia: domandiamo a degli oscurantisti di diventare i paladini dei diritti delle donne e della libertà di opinione.

Quindi oggi non ci deve fare troppo schifo anche il Mullah Baradar. È stato lui a firmare gli accordi Doha e a stringere la mano davanti alle telecamere al segretario di stato Mike Pompeo. Sia l’Emiro Akunzadah che il suo vice Baradar da giovani sono stati combattenti anti-sovietici. Akunzadah tra l’altro è cognato del Mullah Omar e nel suo staff dirigenziale lavora anche Yakoob, il figlio del Mullah fondatore dei talebani, deceduto qualche anno fa _ guarda caso _ in un ospedale pakistano a Karachi. Insomma questa è anche una foto di famiglia, della loro e anche della nostra. Se Baradar e il suo capo fanno i bravi ragazzi, impantanando cinesi, russi e iraniani in Afghanistan, riapriremo le ambasciate a Kabul con la scusa che dobbiamo proteggere i diritti umani e delle donne. In fondo siamo tutti talebani.


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