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Militari italiani in Afghanistan

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Non è mai chiaro se L’America, intesa come Stati Uniti, si stia rimpicciolendo o ingrandendo. Nella storia, questo grande Paese sempre in crisi e sempre in ascesa ci ha abituati ad una specie di organetto che fa temere o sperare l’uscita di scena della grande potenza nordatlantica.

In fondo, la presenza americana in Europa è di appena un secolo perché fu nel 1918 che il presidente Wilson mandò i primi contingenti americani a combattere la Grande Guerra, purtroppo quasi tutti già infetti del morbo letale della febbre cosiddetta spagnola che dalle trincee infettò tutto il mondo provocando più morti di quanti ce ne siano stati in tutte e due le guerre mondiali.

Gli Stati Uniti dopo la prima guerra decisero di ritirarsi nel loro splendido isolazionismo e lasciare che le vecchie patrie europee si scannassero fra di loro. Appunto per questo, quando Hitler arrivò al potere, l’America finse di non vedere e anzi Roosevelt intrecciò un rapporto personale e politico con il capo del fascismo Mussolini con cui condivideva molte idee sociali.

Quando scoppiò la guerra il 1° settembre del 1939 gli inglesi dettero per scontato che gli americani sarebbero intervenuti, ma non ne avevano invece alcuna intenzione.

Dopo i primi disastri, al numero 10 di Downing Street si installò Winston Churchill che tentò in tutti i modi di sedurre gli americani affinché dichiarassero guerra alla Germania. Ma non ci fu nulla da fare.
Malgrado le grandi parole e i grandi convogli che Roosevelt mandava ogni giorno verso l’Inghilterra per rifornire le isole britanniche e permettere la loro resistenza all’attacco tedesco, alla fine fu Hitler a dichiarare guerra agli Stati Uniti i quali avevano evitato di farlo persino dopo l’aggressione subita a Pearl Harbor dal Giappone. Gli americani dichiararono guerra al Giappone ma non alla Germania appunto. La Germania dichiarò guerra agli Stati Uniti. Il resto lo sappiamo, fino alla guerra fredda e alla fine tutto sommato ingloriosa dell’impero sovietico che dopo aver tenuto la pace sulle corde per mezzo secolo alla fine si disfece come nebbia al sole, e fu allora che gli americani incontrarono di nuovo la grande tentazione che già avevano avuto dopo la prima guerra mondiale: scappare a gambe levate da tutti i teatri di battaglia del mondo resi fertilizzante da centinaia di migliaia di soldati americani morti in Europa e nel Pacifico. Ma gli europei ci avevano preso gusto: in fondo la posizione di vassalli nei confronti di Washington permetteva di poter contare sugli americani in caso di gravi crisi o aggressioni militari, senza pagare la tassa di una forza militare propria con cui difendersi.

Questa era stata la grande motivazione di Donald Trump quando lanciò il suo motto American first. Appunto America first vuol dire da oggi in poi vengono prima i nostri interessi che quelli dei nostri parassiti, così ci considerava e ci considera Trump e una buona parte dell’opinione pubblica americana.

Naturalmente agli europei questa posizione isolazionista non piaceva e non piace perché l’idea di essere coccolati da un grande amico potente il quale ogni tanto ti impone dei pedaggi per la sua amicizia, magari ti trascina in qualche sua guerra qua e là chiedendoti di partecipare, ma tutto sommato alla fine il bilancio restava positivo perché la più lunga era di pace che l’umanità abbia cominciato ad avere è quella in cui viviamo noi stessi e che non si era mai avuta prima.

Dal 1945 ad oggi non ci sono state più guerre da milioni di morti bensì centinaia di guerre medie piccole con crudeltà infernali e malvagità devastanti, ma era finita la grande macelleria cominciata con la preistoria e che terminò con Hiroshima. Inevitabilmente l’America ha reagito ad una situazione in cui non aveva e non ha più alcun interesse vitale nel proteggere dei vassalli che non intendono spendere del proprio per organizzare le proprie difese o per avere una politica estera autonoma, il che significa avere una politica e uno strumento militare autonomo che costano un sacco di soldi e cioè esattamente, in percentuale di Pil, tanto quanto costa il servizio sanitario nazionale.

Gli americani si pagano i loro medici con le loro assicurazioni private ma hanno la più grande forza militare del pianeta. Anzi, per ora una forza militare capace di sovrastare tutte le altre forze del pianeta messe insieme. Oggi gli Stati Uniti ambiscono ad una sola condizione: vivere della propria ricchezza, produrre e vendere all’estero. Sono pronti a usare la forza contro chiunque voglia limitare le loro capacità espansive commerciali, intellettuali, industriali. Per questo il peso del mondo si è spostato nel mare del Sud della Cina dove la Repubblica popolare cinese tenta di capovolgere la legge internazionale già ribadita dal tribunale dell’Aja sottoponendo al proprio taccheggio il braccio di mare su cui passa l’80% dei beni del mondo. Ecco perché gli Stati Uniti lasciano l’Afghanistan e ogni altro Paese in cui abbiano finora mantenuto presidi.

Ma questa era la politica di Trump e Biden l’ha ereditata quasi passivamente senza accorgersene o forse accorgendosene talmente tanto da vergognarsi un po’ per il pasticcio che ha combinato a Kabul. La scommessa adesso è quella di sapere se ci sarà uno scontro all’ultimo sangue fra Stati Uniti e Cina, quest’ultima probabilmente fiancheggiata dalla Russia, dall’Iran e forse persino dalla Turchia che sta assumendo posizioni egemoniche sunnite sempre più forti e in contrasto con l’Europa occidentale.

Il film che non vedremo è dove si ferma la pallina della roulette, non potremo sapere con certezza se il mondo di domani sarà un mondo americano per presenza militare o un mondo americano per vittoria commerciale. Che la Cina possa vincere un duello all’ultimo sangue sembra molto improbabile.
Tuttavia non si può mai sapere cosa succede quando una guerra comincia e ne abbiamo fatto esperienza proprio nell’ultimo secolo. Ma l’America si comporta come un quasar pulsando, rimpicciolendosi e rilanciandosi, introducendo così un elemento di instabilità che è destinato ad essere colmato molto presto. Biden piange, non diremo che sono lacrime di coccodrillo, ma neanche quelle di un agnellino. L’America ha già scelto di andare per conto suo, sia che sia democratica sia che sia repubblicana. Saprà l’Europa prendere il suo posto e pagare con le proprie tasse una forza militare che sia in grado di sostenere la sua politica estera? Questo è quanto vedremo nelle prossime puntate.


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