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Dai dubbi a una parziale apertura. Il vaccino russo Sputnik V potrebbe presto entrare nella lista dei sieri impiegati per la lotta al coronavirus all’interno dell’Unione europea. Il condizionale è d’obbligo, perché sul prodotto dell’istituto Gamaleya di Mosca non c’è ancora sufficiente chiarezza in termini di efficacia e di sicurezza.

«Per quanto riguarda lo Sputnik vi assicuro che stiamo valutando con grande attenzione l’efficacia e sicurezza di questo vaccino. Esattamente come abbiamo fatto con altri prodotti vaccinali presentati da altre aziende – ha spiegato la direttrice dell’Ema, Emer Cook, in audizione alla commissione Salute di Strasburgo – Possiamo effettuare la nostra valutazione solo sui dati che abbiamo ricevuto, e se servono dati aggiuntivi, e su questo pensiamo che ci sia questa necessità, dobbiamo aspettare che questi dati vengano inviati prima di poterli valutare e terminare la nostra revisione».

Proprio sui dati, ha proseguito, «c’è la strozzatura che porta ai ritardi e ai possibili ritardi. Il nostro compito lo prendiamo molto sul serio e possiamo valutare sulla base dei dati che riceviamo. Abbiamo chiesto alle imprese di fornire le informazioni che servono nel tempo più celere possibile». Anche per questo l’Ema sta programmando per metà aprile una missione in Russia per ispezionare i siti dei test clinici e della produzione.

Sputnik V è stato sinora autorizzato in 56 Paesi, l’ultimo è stato il Vietnam, proiettandolo verso una somministrazione che potrebbe riguardare sino a 1,5 miliardi di persone. Ma il mercato dell’Unione europea resta quello più importante per Mosca.

«Entro quest’anno in Russia produrremo centinaia di migliaia di dosi di vaccino, soddisfacendo le esigenze del mercato interno e di quelli internazionali» ha spiegato Vladimir Primak, direttore del Fondo russi di investimenti diretti. In Italia il vaccino russo può contare su numerosi sostenitori, anche nel mondo della medicina e della scienza. Intervenendo a “Cusano Italia tv”, il presidente dell’Irccs “Mario Negri”, Silvio Garattini lo ha definito «un buon vaccino», i cui dati pubblicati dicono che «dà gli stessi risultati degli altri».

Il punto, ha proseguito, «è che, secondo le regole europee, tutti i produttori di farmaci sono sotto costante ispezione da parte dell’Ema, quelli russi evidentemente no, quindi l’Ema ha chiesto giustamente di fare ispezioni».

Massimo Galli, primario infettivologo al “Sacco” di Milano, parlando durante la tavola rotonda su Sputnik V organizzata dal Forum per il dialogo italo-russo, detto di considerarlo assai promettente, sostenendo che «rappresenterebbe un’arma in più che ci farebbe molto comodo» in ottica terza ondata. «La mia opinione sul vaccino russo – ha dichiarato – è particolarmente favorevole, secondo quanto letto sulla rivista Lancet».

Intanto sul siero partirà la sperimentazione allo “Spallanzani” di Roma. «Nei prossimi giorni – ha annunciato il direttore sanitario del nosocomio capitolino, Francesco Vaia – firmeremo il memorandum d’intesa» con l’istituto Gamaleya di Mosca.

«Invieremo il memorandum per conoscenza all’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’amato e al ministro della Salute, Roberto Speranza, ed entro la prossima settimana definiremo questa parte burocratica. E nel mese di aprile saremo pronti a dare il nostro contributo scientifico» ha aggiunto.  «Ci sarà uno scambio di ricercatori con il Gamaleya di Mosca e di materiale biologico – ha concluso – Lo scambio di ricercatori darà trasparenza ai dati scientifici dei due istituti. La scienza è neutra e non deve avere assolutamente interessi».


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