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Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden

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Un tampone su due a Calcutta è positivo al Covid, in India si stima che ogni giorno ci siano venti milioni di casi e almeno 4mila morti (dato sottostimato). Il problema non sono solo i brevetti di Big Pharma da sospendere – come avevamo già sostenuto su queste colonne – ma una tragedia immane che tra poco nessuno potrà più arginare, con effetti planetari imprevedibili.

Quindi fa un po’ amaramente sorridere l’atteggiamento degli europei da ieri riuniti a Oporto a discutere la proposta di Biden di moratoria sulle licenze dei vaccini appoggiata anche dal premier Draghi, da Macron e osteggiata dalla Merkel (insieme alla Cina). Ma che c’è mai da discutere?

Diciamo subito cosa distanzia le parole dai fatti. Dice bene Draghi quando afferma, in linea con Biden, che i vaccini sono un bene comune. Ma l’Italia, tanto per dirne una, anche volendo non potrebbe istituire le licenze obbligatorie – cioè l’esproprio dei brevetti per permetterne lo sfruttamento alle nostre aziende, previsto persino dal Wto – in quanto non si è mai dotata di una norma in merito. Insomma si continua a dire che siamo in guerra contro la pandemia, per mesi siamo stati in lockdown, è ancora in vigore un coprifuoco, ma noi andiamo in battaglia senza munizioni, sia pure accompagnati come al solito da tanta bella e confortevole retorica.

Ora si vuole dare, giustamente, uno slancio umanitario alla lotta alla pandemia con la proposta di Biden che per altro non è stata ancora formalizzata. L’unica proposta sul tavolo per ora ai negoziati del Wto è quella di India e Sudafrica che chiede si sospendere tutte le proprietà intellettuali non solo sui vaccini ma anche su farmaci e test diagnostici.

La situazione in cui versa l’India richiederebbe proprio questo. Per altro senza dimenticare che il Paese paga le frenate ambizioni del suo leader Narendra Modi, un estremista religioso hindu che ha portato il Paese alla rovina.

L’India, incoraggiata proprio dagli Usa, aveva ingaggiato con la Cina una sorta di guerra dei vaccini per affermare la propria influenza in Asia e anche oltre. Grazie alla sua di produrre vaccini e a una licenza per l’AstraZeneca, l’India si era lanciata a donare all’estero quasi 60 milioni di dosi. Le casse dei vaccini arrivano nelle capitali straniere con il messaggio: “Dono del popolo e del governo dell’India”. I produttori indiani, tra cui il Serum Institute, sfornavano circa 2,5 milioni di dosi di vaccino anti-covid al giorno, conferendo a Delhi ampi margini per gesti di munificenza che in realtà erano diretti a contrastare la Cina. Dove è finita l’India lo si vede bene oggi.

Per vaccinare il 70% della popolazione mondiale e raggiungere a livello globale l’immunità di gregge servono 11 miliardi di dosi, se si calcola di iniettarne due per persona. Per ora quelle somministrate sono poco più di un miliardo e duecento milioni: l’83% di queste finite ai Paesi ricchi e medio-ricchi.

Una delle ragioni per le quali Stati Uniti, Europa, Russia, si sono avvicinati alla proposta di India, Sudafrica e di un centinaio di altri Paesi di sospendere i brevetti è che questo aumenterebbe la capacità produttiva e creerebbe le condizioni per una campagna efficace, soprattutto nelle aree povere del mondo. Su contratti di acquisto globali per 8,6 miliardi di dosi, sei sono stati siglati da Paesi ricchi o medio-ricchi.

Al momento, i dati sulla produzione non sono resi pubblici dalle società farmaceutiche. La società Affinity Data prevede che si producano 9,5 miliardi di dosi entro la fine di quest’anno. Il Centro sulla salute globale della Duke University, in North Carolina, ritiene invece che se ne realizzeranno 12 miliardi ma più probabilmente entro la fine del 2022. Quanto possa aggiungere a questi volumi la sospensione dei brevetti è difficile da calcolare. Produrre un vaccino è un processo biologico complesso: rendere liberi i brevetti non si trasforma automaticamente in più produzione. Per esempio c’è da tenere presente una scarsità di alcune componenti necessarie a realizzare i vaccini, soprattutto quelli a tecnologia mRNA, cioè BioNTech-Pfizer e Moderna. E per produrre un vaccino servono più di 200 componenti prodotti in diversi luoghi del pianeta: se ne manca uno tutto si ferma.

Detto questo sospendere i brevetti è necessario forse più sul piano immediatamente politico che su quello pratico. Le aziende farmaceutiche hanno fatto profitti da capogiro e beneficiato anche di miliardi di euro e di dollari di aiuti pubblici. E di fronte alla tragedia indiana qualche segnale bisogna pur inviarlo all’opinione pubblica mondiale.


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